Ci risiamo: James May si mette in viaggio. Destinazione? India. "Se sei inglese e ami i viaggi, è solo questione di tempo prima che tu parta per l'India", dice a Movieplayer.it, durante la nostra chiacchierata via Zoom. Il viaggio, ovviamente, fa parte di James May - Il nostro agente in... (James May: Our Man in...), il franchise legato alla travel documentary di Prime Video. Così, dopo il Giappone e l'Italia, l'ormai ex membro del Grand Tour, vola a Nuova Delhi per James May: Our Man in India, disponibile dal 5 gennaio sulla piattaforma streaming di Amazon.
Una vera e propria epopea, che taglia a metà uno dei luoghi più magici e affascinanti del mondo: l'Himalaya, le foreste del Sundarbans, il Golfo del Bengala, il deserto del Rajasthan, il Taj Mahal e poi ovviamente affronta i clacson impazziti di Mumbai, di Calcutta, di Delhi. Un rumore, però, solo apparente: "Trovo l'India molto, molto rilassante, in realtà", spiega James May. "Probabilmente ha a che fare con l'induismo, con le dimensioni dell'India e con il numero di persone che vi risiedono, ma è un posto accomodante e rilassante. Nonostante sia un luogo frenetico, rumoroso e affollato".
James May, la nostra intervista
Negli episodi di James May: Our Man in India (i primi tre subito disponibili al day one), il giornalista britannico ha avuto direttamente a che fare con il rinomato cibo indiano. La parte culinaria, infatti, occupa molto spazio nello show, mostrando usi e abitudini tipiche dell'India. "Il cibo indiano è eccitante. I sapori, le spezie e gli odori. E po è delizioso. A volte pensavo che ci mettessero sopra dell'oppio o qualcosa del genere per attirarci. È così coinvolgente. La purezza di molti piatti indiani in India è davvero molto semplice. Potrebbero essere solo patate con cipolle e alcune spezie, o di una specie di curry al pomodoro. Non sono nemmeno sicuro che si possa definire curry o se lo chiamino così. Insomma, è l'epicentro mondiale di quello che a noi piace chiamare street food. E la varietà è incredibile, ed molto vegetariano".
Un altro momento decisamente emozionante che vedrete nella serie, ha a che fare con la Holi, la festa religiosa dove si usano le polveri colorate per celebrare rinascita e reincarnazione. "Sì, è stato un grande momento", prosegue James May. "La festa si basa sulle storie delle leggende indù, quindi ha una sorta di sfondo spirituale e religioso che viene riconosciuto. Ed è tradizione il lancio della vernice. Si respira benessere, anche se è una sorta di rave. L'atmosfera è piacevole ma eccitata, pur restando delicata. Nulla sfugge di mano. Solo un gruppo di persone che ballano felici".
"I clacson? Si suonano per cortesia..."
Se pensiamo all'India, pensiamo al traffico, se pensiamo a James May, non possiamo non pensare alle automobili. Un connubio perfetto, e il pretesto per allacciare un discorso con lui: ma davvero, in India, guidare è un'esperienza infernale? "Ho già guidato in India, ma in questo viaggio non l'abbiamo fatto perché era considerato un po' rischioso. È strano il traffico in India, perché è molto libero, è molto freestyle rispetto ai Paesi europei. C'è pochissimo controllo. Ci si aspetta che ci si arrangi da soli e che si usi, se si vuole, l'arguzia dell'umanità piuttosto che un insieme di regole. Ma in realtà funziona. In India le cose si muovono abbastanza lentamente, ma si muovono. La prima volta che si va lì e si prova l'esperienza, si pensa: "Mio Dio, qui sono tutti pazzi. Si schianteranno tutti l'uno contro l'altro!". Ma in realtà, dopo dieci minuti, ci si rende conto che c'è un sistema e un ordine, e una volta che lo si è capito, allora ci si rilassa. Il clacson? Si suona molto, ma è cortesia per dire "ehi, sono qui!".
Nessun posto è come l'India
Come vedrete in James May: Our Man in India, sono tanti gli angoli visitati ed esplorati, in compagnia delle guide locali e della troupe organizzata dal regista Tom Whitter. Un viaggio verità, che colpisce per naturalezza, empatia e direzioni intraprese. Una costante scoperta che si riflette negli occhi di May: "Il problema dell'India è che si pensa di sapere cosa aspettarsi, ma non si è mai del tutto sicuri. È molto grande, ovviamente, è molto popolosa, è molto varia e ha una mentalità regionale. Quindi una parte Ogni parte dell'India è molto diversa da un'altra", continua May.
"Ci si aspettano delle cose, si trovano delle altre. Il bello di andare in India, e fare cose abbastanza normali, è che tutto diventa un'avventura, perché tutto organizzato in modo diverso. E questo vale anche per il Giappone. Il Giappone si concentra molto sui dettagli, mentre in India i dettagli possono essere spesso secondari. Poi, il paesaggio del Rajasthan è una cosa meravigliosa, e non assomiglia a nessun altro posto al mondo. Anche i colori, le luci, che si ritrovano nei tessuti, nelle pietre e negli edifici. Ecco: l'India sembra l'India e non assomiglia a nessun altro posto". In chiusura, James May riflette su cosa mette in comunicazione Tokyo, Roma e New Delhi: "Le persone. Le persone che voglio solo vivere felici, e in pace".