La storia di Buddha è una delle più importanti del mondo, una figura di grande spessore che ha lasciato il segno da diversi punti di vista. Inevitabile che ci sia la volontà, la necessità forse, di raccontarla e lo fa la serie Buddha: King of Kings che abbiamo avuto modo di vedere al RomaFictionFest 2015, dove è stata presentata fuori concorso.
Inevitabile anche che ad accompagnarla sia una figura di spessore come Kabir Bedi, uno che nel nostro paese ha lasciato il segno per la sua storica interpretazione di Sandokan che tutti in Italia conoscono, direttamente per averla apprezzata all'epoca, di riflesso per l'impatto culturale avuto sul nostro paese, tanto che ci è difficile negare l'emozione provata nel potergli stringere la mano. Un'interpretazione di cui Kabir Bedi non vuole parlare nel corso del nostro incontro legato a Buddha, rimandando quel discorso e il doveroso omaggio a Sergio Sollima, padre dello Stefano di Suburra, alla masterclass prevista di lì a qualche ora. Riusciamo a strappargli solo qualche parola: "è la cosa più importante della mia vita, perché è grazie ad essa che ho avuto una carriera internazionale. Sarò sempre grato a Sandokan e Sollima."
La storia delle storie
"Tutti conoscono la vita di Cristo, ma meno quella di Buddha." ci dice Bedi, ma non c'è accusa nella sua affermazione, forse soltanto un pizzico di stupore che giustifica così: "Eppure è molto importante, perché si tratta di un principe che sarebbe dovuto diventare Re, ma si è lasciato tutto alle spalle per iniziare una vita di penitenza e scoprire la capacità di illuminare il mondo con la sua saggezza." Per questo è importante la serie prodotta da Zee Entertainment, che racconta come il principe Siddhartha sia diventato Buddha. Un bambino nato in una notte di Luna piena dopo essere stato atteso anni dai suoi genitori. Un bambino unico, portatore dei 32 segni della grandezza e catalizzatore di due profezie, ovvero essere il salvatore del genere umano o Re dei Re. Due profezie entrambe avveratesi.
"L'esempio del Buddha e il suo sacrificio, la pietà che mostrava nei confronti del prossimo e i suoi valori, sono tutti aspetti validi oggi esattamente come lo erano allora." Spiega l'attore. "Se si guarda la popolarità del Dalai Lama nel mondo, si capisce che i valori di questa religione sono ancora oggi importanti nella vita contemporanea, perché siamo travolti dalla frenesia dei nostri giorni ed avere una voce che ci invita a guardare dentro di noi è importante."
Il ruolo di Bedi
L'interprete di Sandokan non ha influito sulla produzione o sugli episodi scelti per raccontare la vita di Buddha, ma quei valori restano importanti nella sua vita: la madre è diventata monaca buddhista quindici anni prima della sua morte e lui stesso è stato cresciuto secondo quegli insegnamenti. Nella serie il suo personaggio appare solo alla fine del primo episodio, si chiama Asita Muni ed è il saggio che annuncia la venuta del Buddha. "È come Giovanni Battista," ci dice nel descriverlo, "un saggio che prima che Buddha nasca ha la visione dell'arrivo di un Salvatore, una figura che avrebbe cambiato il mondo. Ma quando la condivide con il padre di Buddha, questi non ne è felice perché vorrebbe che diventasse un re come lui. Muni gli dice 'tuo figlio non sarà un re, ma cambierà il mondo', quindi in qualche modo il mio personaggio presenta il Buddha e sono orgoglioso di aver avuto modo di contribuire così al racconto di questa storia."
Una storia radicata nella cultura indiana
Secondo Bedi, tutti dovrebbero conoscere la storia del Buddha, eppure la produzione presentata al Roma Fiction Fest 2015 non si preoccupa di doverla comunicare al di fuori dei confini indiani. La serie, infatti, è totalmente immersa nella cultura e lo stile del loro mondo dell'intrattenimento, con colori sgargianti, una messa in scena esuberante, innesti in animazione e l'immancabile numero musicale. "Il cinema indiano numericamente è il più grande del mondo," spiega ancora l'attore, "e Bollywood sta diventando nota a tutti, anche a chi non ha mai visto un suo film. Mi è capitato di vedere produzioni indiane all'estero e in sala erano presenti per il 90% spettatori locali. Ciò dimostra che è comprensibile anche al di fuori dei nostri confini. È una forma d'arte a se, come il Kabuki, e sono convinto che sarebbe molto apprezzato se la gente imparasse a conoscerlo."
Il futuro e la televisione
Non è mancata una riflessione sullo stato di salute dell'industria, della crescita sempre maggiore della televisione rispetto al cinema. "Prima erano mondi nettamente separati," spiega, "ora la TV è cresciuta in termini di budget e creatività e i più grandi talenti si sono spostati là." Le grandi storie, secondo Kabir Bedi, sono ora in televisione, mentre il cinema si preoccupa di fare lo spettacolo più imponente, di dedicarsi ai franchise ed all'impatto visivo. Qualcosa che, secondo lui, sta avvenendo anche in Italia con produzioni come Gomorra - La Serie che hanno modi e tempi per approfondire storia e personaggi, con una capacità di scrittura che il cinema non può permettersi.