Un ragazzino in fuga, un pastore che vive in solitudine insieme al suo amato cagnolino e al gregge, un crudele latifondista che sfrutta la povera gente come se fosse Dio sceso in terra. E poi il suggestivo contorno ambientale, quel deserto andaluso nei pressi di Granada che si pone quale ideale sfondo storico di questa vicenda dagli echi western ambientata nel 1946, periodo storico altrettanto chiave nella risoluzione degli eventi.
Intemperie è un film aspro e ruvido, che si ammanta col progredire dei minuti di tonalità da survival-movie, con il cuore del racconto insito nel rapporto tra il piccolo protagonista e quel mentore dal volto barbuto e scavato di un Luis Tosar che non finisce mai di stupire, anche questa volta alle prese con un ruolo che gli sembra cucito addosso con precisione millimetrica.
Un viaggio senza meta
La storia ha inizio per l'appunto con la fuga del ragazzino, il quale intende sfuggire a quella vita di stenti e schiavitù alla quale è costretta la sua famiglia e ha deciso di intraprendere un periglioso viaggio verso la città, non prima di aver rubato dal padrone un prezioso orologio d'oro, con lo scopo poi di rivenderlo una volta arrivato a destinazione. Ma il viaggio non sarà certo dei più semplici, giacché il signorotto intende tornare in possesso del maltolto e insieme agli uomini della sua banda cerca di scoprire dove sia diretto, arrivando non soltanto a minacciare la sorellina e i genitori ma chiunque gli stia nascondendo informazioni sensibili. Il ragazzino si trova così a proseguire a piedi e a lottare contro i morsi della fame e della sete quando si imbatte nella salvifica figura di un pastore che vive in quelle terre dimenticate e deciderà di aiutarlo nella disperata impresa.
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Un mondo dimenticato
Non è un caso che nessuno dei personaggi, principali o secondari che siano, abbia un nome proprio, in quanto Intemperie si pone come opera metaforica su un mondo cinico e ingiusto, dove domina la legge del più forte e il divario tra ricchi e poveri è quanto mai ampio, senza sfumature di sorta. D'altronde nel 1946 il generale Franco era ormai al potere da dieci anni e proprio nelle atmosfere della narrazione si respirano quegli echi della guerra civile spagnola che riemerge in battute e non detti, sempre occulta imbastitrice del destino degli uomini. Poco importa essere stati compagni d'armi durante la guerra in Marocco, o ancora essere afflitti da evidenti disabilità - emblematica la figura del Monco - laddove in questo deserto apparentemente invivibile ogni giorno si lotta per vedere una nuova alba, con gli agi della modernità e della società civile che sembrano un miraggio irraggiungibile.
Il giorno del giudizio
Sembra una sorta di mondo alieno e inospitale, dove la gente vive in capanne di fortuna e l'ombra di un albero isolato in mezzo al nulla può segnare un distinguo tra la vita e la morte. In Intemperie il senso di impotenza nei confronti di questa natura selvaggia e ostile è sempre presente, capace anche nei tempi morti di mantenere comunque una tensione costante e ansiogena. Ma nell'ora e mezzo di visione non mancano anche amabili sussulti di genere, come nella tesa resa dei conti finale che sembra uscita pari pari dai classici del western e restituisce i personaggi, buoni o cattivi che siano, al loro inevitabile destino. Per adattare l'omonimo romanzo alla base di Jesus Carrasco, il regista Benito Zambrano sfrutta al meglio il tortuoso fascino della location nonché le peculiarità del cast, capitanato come citato in apertura da Luis Tosar, uomo arcigno e consumato dal passato pronto a far la cosa giusta: una spalla archetipica ma necessaria alla quale l'attore si presta con solido mestiere.
Conclusioni
Un ragazzino in fuga braccato da un padrone senza scrupoli viene accudito da un solitario pastore reduce di guerra, in un territorio arido e crudele quale il deserto dell'Andalusia. Crudeli sono anche il periodo storico, nella Spagna del 1946, e una sceneggiatura ricca di asperità e suggestioni che mantiene una tensione costante fino ai titoli di coda. Intemperie innesca dinamiche da survival-movie e le intreccia a un tormentato coming-of-age, lasciando spazio a una violenza cruda e crudele e a rese dei conti di stampo western, in novanta minuti che svolgono il loro compito di solido e ruvido intrattenimento, tra note di genere e aliti (melo)drammatici.
Perché ci piace
- Luis Tosar, sempre una garanzia, guida un ottimo cast.
- Una storia di ingiustizie e sopravvivenza che convince grazie a personaggi solidi e ricalcanti volutamente archetipi.
- Tensione e azione ben dosate.
Cosa non va
- Qualche passaggio più lento nella parte centrale.