Sul grande schermo, soprattutto nei suoi primi ruoli hollywoodiani, ha impersonato spesso donne dal carattere mite, insicuro, talvolta addirittura fragili; ma lei, al contrario, aveva una determinazione di ferro e la capacità di ribattere a testa alta a imposizioni e critiche. Come quando il mega-produttore David O. Selznick, che nel 1939 la portò negli Stati Uniti, le chiese di assumere uno pseudonimo, ma lei non cedette e volle continuare a farsi chiamare con il suo vero nome: Ingrid Bergman.
Non era la prima dimostrazione di coraggio dell'attrice, e (come vedremo) non sarebbe stata l'ultima, né la più impressionante. La Bergman, del resto, non è solo la diva che ha fatto innamorare il pubblico di mezzo mondo, ma è stata anche e soprattutto una donna che ha preso consapevolmente le proprie scelte (professionali e private), pure a costo di sfidare la morale comune e di compromettere la sua carriera. Una carriera che invece è proseguita fino all'ultimo, lasciando ancora oggi sbalorditi per la quantità e la varietà di opere entrate a far parte della storia del cinema. Ingrid, del resto, non poteva fare a meno del set: "Avere una casa, un marito, un figlio dovrebbe essere abbastanza per la vita di ogni donna. Voglio dire, è per questo che siamo state create, no? Tuttavia penso ancora che ogni giorno sia un giorno perduto, come se solo metà di me fosse viva". E l'altra metà, quella a cui la Bergman non avrebbe mai rinunciato, neppure a pochi giorni dalla morte, era la recitazione: "Recitare è la miglior medicina al mondo... se non ti senti bene, il malessere sparisce perché sei impegnata a pensare a qualcos'altro anziché a te stessa".
Oggi, 29 agosto, ricorrono esattamente cento anni dalla nascita di Ingrid Bergman: originaria di Stoccolma, rimasta orfana a soli tredici anni e costretta a farsi strada con tutta la forza di cui disponeva. Ma non bisognava farsi ingannare dalla grazia del suo volto o dalla dolcezza di quello sguardo: "Ero l'essere umano più timido mai inventato, ma dentro di me c'era un leone che non sarebbe rimasto in silenzio". E il ruggito di quella leonessa è stata una delle maggiori benedizioni che ogni amante della settima arte potesse sperare. È anche per questo se, in occasione di un anniversario tanto importante, abbiamo deciso di ricordare la mitica Ingrid rievocando il suo percorso di attrice attraverso cinque titoli simbolo di una filmografia vastissima: cinque classici da rivedere (o da scoprire) e cinque ruoli in grado di illustrare innumerevoli aspetti di un talento assolutamente unico.
Suonala (ancora), Sam: Casablanca
"Ho fatto tantissimi film anche più importanti, ma l'unico di cui le persone vogliono parlare è quello con Bogart". La Bergman avrà avuto di certo le sue ragioni, ma d'altronde non potrebbe essere altrimenti quando il tuo curriculum vanta la più appassionante e celebrata love story del cinema mondiale. Perché è pressoché impossibile riassumere a parole la caratura leggendaria di un film come Casablanca, o tantomeno la sua preminenza nell'immaginario collettivo, con battute entrate nel parlato comune e una quantità incalcolabile di citazioni e di omaggi (il più memorabile, probabilmente, quello messo in scena da Woody Allen e Diane Keaton in Provaci ancora, Sam di Herbert Ross). Eppure all'epoca della sua realizzazione, nel 1942, l'ipotesi che Casablanca diventasse un classico, o più semplicemente un successo, era tutt'altro che scontata, fra un set alquanto caotico e una sceneggiatura schizofrenica che cambiava di giorno in giorno. Racconta Ingrid: "Non ho mai saputo come sarebbe finito il film, se in realtà ero innamorata di mio marito o di Bogart. E quindi non avevo idea di come interpretare il personaggio. Continuavo a pregarli di dirmi il finale, ma loro rispondevano 'Non abbiamo ancora deciso. Gireremo entrambe le versioni'. Abbiamo girato il primo finale e hanno detto 'È buono, lasciamo perdere l'altro!'".
E a dispetto di tutte le difficoltà e le incertezze, il risultato è un capolavoro senza tempo. L'amore travagliato fra Ilsa Lund, moglie norvegese di Victor Laszlo (Paul Henreid), uno dei leader della resistenza antinazista, e il suo ex fidanzato Rick Blaine (Humphrey Bogart), uomo cinico e individualista, proprietario del Rick's Café Américain a Casablanca, riesce ancora oggi a emozionare gli spettatori di ogni età, grazie al perfetto connubio fra romanticismo, dramma e spy story. Un anno più tardi, all'edizione degli Academy Award del 1943, Casablanca conquista tre premi Oscar per il miglior film, per la regia di Michael Curtiz e per la sceneggiatura. Ma anziché per il ruolo di Ilsa, quell'anno Ingrid Bergman riceve la sua prima nomination all'Oscar per un altro film apprezzatissimo e campione d'incassi al botteghino: Per chi suona la campana di Sam Wood, trasposizione del romanzo di Ernest Hemingway, in cui presta il volto alla giovane Maria accanto al Robert Jordan di Gary Cooper. La sera della cerimonia Ingrid dovrà cedere il palco all'amica e collega Jennifer Jones, ma l'appuntamento con l'Oscar è solo rimandato...
Brividi da Oscar: Angoscia
Dopo gli enormi successi di Casablanca e Per chi suona la campana, nel 1944 Ingrid Bergman è la protagonista di un altro film acclamato da critica e pubblico e consacrato nel tempo come uno dei migliori thriller degli anni Quaranta: Angoscia, adattamento per lo schermo di un dramma teatrale di Patrick Hamilton, affidato alla regia di un maestro quale George Cukor. La Bergman passa diverso tempo in una clinica per malattie mentali per prepararsi alla parte di Paula Alquist, una donna traumatizzata per aver assistito, da bambina, all'omicidio di sua zia. Dopo il matrimonio con il pianista Gregory Anton (Charles Boyer), Paula si fa convincere a tornare ad abitare nella casa londinese in cui era stata uccisa sua zia; ma all'interno dell'appartamento iniziano a verificarsi strani fenomeni che, giorno dopo giorno, minano la stabilità mentale di Paula.
Immerso in un'atmosfera minacciosa e claustrofobica, Angoscia permette a Ingrid Bergman di mettere in mostra le varie sfumature psicologiche del suo personaggio, oppresso da un senso crescente di dubbio e di paranoia. Affiancata, oltre che da Boyer, anche da Joseph Cotten e da una Angela Lansbury appena diciassettenne (al suo primo ruolo in un film), la Bergman ottiene elogi a non finire e si aggiudica il premio Oscar come miglior attrice. La diva svedese riceverà altre due nomination negli anni successivi per Le campane di Santa Maria di Leo McCarey (1945) e Giovanna d'Arco di Victor Fleming (1948), e in seguito vincerà altre due statuette: un Oscar come miglior attrice nel 1956 per Anastasia di Anatole Litvak e un Oscar come miglior attrice supporter nel 1974 per il giallo Assassinio sull'Orient Express di Sidney Lumet.
La musa di Alfred Hitchcock: Notorious
Se Angoscia è un film squisitamente hitchcockiano, più o meno contemporaneamente Ingrid Bergman instaura un sodalizio fortunatissimo con il maestro del brivido in persona, Alfred Hitchcock, che di colpo la elegge a sua nuova attrice musa. La sintonia fra la star svedese e il regista britannico è perfetta, come dimostra già il primo frutto della loro collaborazione: Io ti salverò (1945), giallo a sfondo psicologico, dagli affascinanti risvolti onirici, in cui la Bergman interpreta una psichiatra impegnata a risolvere un mistero e a proteggere un uomo affetto da amnesia e accusato di omicidio (Gregory Peck). Appena un anno dopo, nel 1946, esce un altro film destinato a segnare il vertice del sodalizio Hitchcock/Bergman: Notorious - L'amante perduta, capolavoro del cinema di spionaggio, passato alla storia sia per l'esemplare gestione della suspense, sia per i virtuosismi registici di Hitchcock (celeberrima la carrellata nella sequenza del ricevimento, che si conclude sulla chiave nella mano della Bergman).
L'attrice ha la parte di Alicia Huberman, figlia di una spia tedesca, la quale viene convinta a collaborare con i Servizi Segreti degli Stati Uniti per scoprire i segreti di un suo vecchio spasimante, Alex Sebastian (Claude Rains), che ora vive a Rio de Janeiro ed è in combutta con un'organizzazione nazista; Alicia accetta pertanto di diventare una spia e di sedurre e sposare Sebastian, ritrovandosi però in una situazione di estremo rischio, e nel frattempo si innamora dell'agente segreto americano T.R. Devlin (Cary Grant). Torbida storia di passioni soffocate o simulate, di inganni, di tradimenti e di amori clandestini, Notorious è uno dei film più innovativi di Hitchcock dal punto di vista della messa in scena. Sir Alfred e Ingrid gireranno insieme un'altra pellicola tre anni più tardi, Il peccato di Lady Considine, e rimarranno amici per tutta la vita.
In fuga da Hollywood: Viaggio in Italia
"Caro signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà, e li ho apprezzati moltissimo. Se dovesse aver bisogno di un'attrice svedese che parla molto bene in inglese, che non ha dimenticato il suo tedesco, che non è molto comprensibile in francese e che in italiano sa dire solo 'Ti amo', sono pronta per venire a fare un film con lei". Questa lettera, inviata da Ingrid Bergman a Roberto Rossellini, sarebbe stata il preludio ad un legame professionale ma anche affettivo. Nel 1949, durante le riprese di Stromboli, terra di Dio, fra il regista italiano e la diva svedese inizia una relazione che porta alla nascita di un figlio; e nell'America ultra-puritana dell'epoca la stampa si scaglia ferocemente contro la Bergman, moglie fedifraga accusata di immoralità. Ingrid, incurante dei giudizi dell'opinione pubblica, si trasferisce in Italia e sposa Rossellini, dal quale avrà in tutto tre figli (fra cui un'altra futura diva dello schermo, Isabella Rossellini).
L'apice artistico, per la coppia, arriva nel 1954 con Viaggio in Italia, opera destinata a una successiva rivalutazione grazie ai critici dei Cahiers du Cinéma e considerata oggi fra i capolavori di Rossellini (da non perdere l'omaggio di Pedro Almodóvar con Gli abbracci spezzati). George Sanders e Ingrid Bergman interpretano Alexander e Katherine Joyce, una coppia di coniugi britannici a Napoli per vendere una proprietà. Rossellini descrive il loro viaggio come un ideale percorso interiore, caratterizzato da un progressivo sfaldarsi del legame fra i due e da un incombente senso di alienazione e di straniamento; almeno fino alla loro visita a Pompei, con l'epifania rappresentata dal ritrovamento dei resti di una coppia stretta in un ultimo abbraccio mentre veniva sepolta dalla lava del vulcano. Dopo un quinto film insieme, La paura, la separazione da Rossellini segnerà anche la fine del loro rapporto professionale e il ritorno di Ingrid in America, dove sarà 'riabbracciata' da Hollywood con il successo di Anastasia e un secondo Oscar. L'attrice commenterà con ironia: "Sono passata da santa a puttana e poi di nuovo santa, tutto nella stessa vita".
Madre e figlia: Sinfonia d'autunno
È soltanto nel 1978 che la più famosa attrice di Svezia ha occasione di farsi dirigere dal più grande regista di Svezia: Ingmar Bergman. La storica collaborazione fra i due Bergman si concretizza con Sinfonia d'autunno, ultimo film per il cinema di Ingrid e maestoso "canto del cigno", per quella che rimane una delle performance in assoluto più alte e commoventi di tutta la sua carriera. La pellicola racconta il ritorno in famiglia, dopo sette anni di assenza, di Charlotte Andergast, una pianista celebre in tutto il mondo che accetta di rivedere la figlia Eva, interpretata dalla musa di Bergman, Liv Ullmann. Ma l'incontro fra le due donne è turbato fin dall'inizio dall'ingombrante presenza di Helena (Lena Nyman), la figlia malata di Charlotte, della quale Eva si prende amorevolmente cura; e fra Eva e Charlotte non tarderanno a riaffiorare incomprensioni, rancori e ferite mai davvero rimarginate.
Costruito come un doloroso confronto psicologico tra madre e figlia, Sinfonia d'autunno ci consegna uno dei ritratti più intimi e sofferti del cinema di Bergman: Charlotte è una donna il cui egocentrismo si scontra inesorabilmente con la fragilità di Eva, e gli intensissimi duetti fra Ingrid Bergman e Liv Ullmann lasciano senza fiato. Per la sua superba prova nel film, Ingrid riceve la sua settima nomination all'Oscar. Tre anni più tardi, benché minata dal cancro, l'attrice torna sul set un'ultima volta per calarsi nel ruolo del Primo Ministro israeliano Golda Meir nella miniserie televisiva Una donna di nome Golda. Dopo aver completato le riprese (a dispetto di una salute ormai vacillante), la Bergman si spegnerà a Londra il 29 agosto 1982, il giorno del suo sessantasettesimo compleanno. A proposito di se stessa, in piena coerenza con la sua tempra di ferro, Ingrid Bergman aveva dichiarato con serenità: "Non ho rimpianti. Non avrei vissuto la mia vita in questo modo se avessi dovuto preoccuparmi di quello che la gente ha da dire".