La sua Lucia la definirebbe "coraggiosa, di un coraggio incosciente, necessario, ma problematico". Barbara Giordano che interpreta con ardore la protagonista femminile di Indagine su una storia d'amore di Gianluca Maria Tavarelli (in sala dal 18 luglio), non ha dubbi quando ci parla di Lucia: "è una persona fiduciosa nei suoi mezzi, nella sua relazione e continua a rilanciare fino alla fine la possibilità che il suo rapporto con Paolo si stabilizzi". La storia d'amore di Lucia e Paolo, giovane coppia di attori alle prime armi che cede alle lusinghe di un reality in cambio di visibilità, "va bene fino a che Lucia cede al ruolo che le è stato dato, quello della figura accudente", ci racconta. "È lei che contiene la frustrazione di Paolo ed è ancora lei a spiegargli i meccanismi del mestiere quando lui si ingelosisce di un tronista che le 'ronza' attorno. Fino a quando Lucia fa la coach all'interno della sua relazione, tutto va bene, ma nel momento in cui prova a scommettere sulla solidità della coppia strumentale al successo di entrambi, crolla tutto. È una relazione ambiziosa che forse nasce più da un bisogno, che non da un progetto comune", e proprio questo renderà particolarmente pericolosa la loro scelta di "esporsi al tritacarne mediatico del reality".
L'amore ai tempi di Temptation Island
Indagine su una storia d'amore è una commedia crepuscolare, ma è anche uno spaccato sociale sull'oggi, su quanto siamo disposti a sacrificare della nostra vita privata in nome della visibilità, una chimera che a colpi di consensi, like, follower determina il successo o meno di una persona. Da attrice però Barbara Giordano non ha mai sentito il bisogno di "capitalizzare in quel territorio dove a pagare è la pubblicità, il brand. Ho pochi follower e non ci ho mai investito, nonostante pensi che i social possano essere un importante strumento divulgativo, non mi fanno stare molto a mio agio. Sono diventati il presenzialismo 2.0: una volta attori e attrici andavano alle feste per conoscersi, oggi invece i social si stanno sostituendo a questa possibilità. È come se per esistere bastasse pubblicare compulsivamente tutto quello che facciamo".
Anche se a volte, soprattutto guardandoli da spettatrice, cede alla tentazione di "fare vedere che anch'io sto lavorando, che anch'io sto facendo delle cose, ma è sempre molto svuotante. Un conto è promuovere quello che stai facendo in maniera creativa, un altro è usarli solo come vetrina per dimostrare qualcosa; è una situazione che mi mette profondamente a disagio". Stare ai margini di questo sistema è però un problema quando "i follower diventano un tema per le produzioni e a parità di bravura vengono scelti gli attori e le attrici con più follower. La cosa più paradossale è che l'attore di solito è chiamato a portare altro da sé, con le logiche dei social invece l'individualità di quell'attrice o di quell'attore diventa più importante del personaggio stesso. È frustrante". Come se ne esce? Canalizzando le storie "verso le urgenze e i temi, piuttosto che verso le personalità che veicolano solo pubblicità come nel caso degli influencer", ma soprattutto raccontando "storie nelle quali ci si possa identificare, storie che ci permettano di recuperare la nostra umanità".
La rivoluzione di Lucia e il precariato attoriale
Di Lucia l'ha attratta "la fiducia nei confronti del suo mestiere. Accetta di partecipare al programma pensando che essere dei professionisti del settore li possa schermare dall'esposizione individuale. È poi è una donna molto libera che non teme il giudizio degli altri. Glielo invidio molto", confessa. Quello che invece non le perdona è "l'essersi messa da parte troppo a lungo per gli umori di Paolo. Ha sempre creduto che dei due il più fragile fosse lui e che per questo meritasse più ascolto e più rispetto di lei. Mi dispiace che lo abbia fatto". Con lei condivide invece "la frustrazione di non esistere come attrice e di vedere invece riconosciute figure che veicolano solo pubblicità, quella sensazione l'ho provata anche io". Nell'epoca in cui le giovani coppie crescono guardando Temptation Island, la storia di Lucia e Paolo è una grande prova di resistenza: "Siamo arrivati al punto di non credere più a quello che l'altra persona ci dice, ma a credere a ciò che vediamo sui social. Siamo diventati tutti degli opinionisti: mettere in piazza la propria individualità espone infatti molto di più al cicaleccio della gente, che pensa di potere definire i sentimenti degli altri soltanto guardandoli da fuori".
I due protagonisti, due attori che interpretano due attori, sono anche il viatico per una riflessione metacinematografica, sulla categoria attoriale e il precariato di questo mestiere: "Ho vissuto il film come una grande riappropriazione del mestiere, sono molto contenta che il pubblico e gli attori stessi possano finalmente vedere quanto sia faticoso fare l'attore oggi: è un lavoro fatto di attese, di rinunce, di provini che non arrivano o di artisti di talento che per sopravvivere sono costretti nel frattempo a fare altro". Arrivare ai provini è già una conquista. "È un mestiere molto doloroso, nel quale resistere ha poco a che fare col talento artistico. Ha molto a che fare con la forza interiore, e non sempre ce l'hai". La soluzione? "Più investimenti, l'impegno a fare sistema, non far lavorare sempre le stesse persone con le solite conoscenze e soprattutto: concedeteci di poter sbagliare!".