Una piccola fabbrica tessile a conduzione familiare del Salento chiude i battenti, lasciando tre generazioni di donne nella difficoltà di gestire il periodo di crisi.
E' il punto di partenza di In grazia di Dio, film di Edoardo Winspeare presentato nella sezione Panorama Special al Festival di Berlino 2014. Lo stesso regista ed il cast di attori non professionisti, tra i quali figura anche sua moglie, hanno accompagnato la proiezione berlinese con una conferenza stampa in cui hanno sviscerato i temi della storia, dalla crisi economica all'ecologia ed i rapporti familiari.
Edoardo, come hai scelto l'ambientazione del film in Salento? Edoardo Winspeare: giro sempre i miei film in Salento, per tanti motivi a cominciare da quello pratico ed economico. C'è anche l'aspetto passionale perché amo molto la mia terra e mi piace raccontarla. Proprio io che sono un miscuglio di tante razze, faccio film in dialetto salentino con attori salentini. Forse dovrei andare da uno psicanalista per capire il motivo di ciò. Il Salento è una terra di confine, è in Italia, ma è di fronte alla Grecia. Ci sono cresciuto, ho sposato un salentina, quindi ho fatto tutti i miei film lì.
Il film affronta anche l'argomento della crisi e della recessione. Edoardo Winspeare: Quando scrivo un film con il mio sceneggiatore, penso soprattutto a trasmettere emozioni, ma non riesco a prescindere dall'aspetto etico e politico. Come tutti ho vissuto la crisi economica e due anni fa questa è stata anche l'occasione per ripensare la mia vita professionale. L'occasione per ripensare l'attaccamento alla propria terra, la famiglia, quindi la crisi può essere l'occasione per riconsiderare anche l'economia. Questo può essere un film per raccontare la metamorfosi della crisi.
Perché non fare un film più internazionale su questi argomenti? Edoardo Winspeare: Spesso mi confronto con amici della mia stessa regione e mi dicono che dovrei fare film più internazionali, andare a Roma, ma secondo me Roma può essere molto più provinciale. Io giro nel Salento anche perché non sono ancora all'altezza di fare un film di respiro più internazionale. Inoltre la ricchezza del nostro paese è anche la sua varietà, per questo trovo affascinanti i film parlati in dialetto. L'italiano è una bellissima lingua, ma è recente dal punto di vista popolare. Trovo il dialetto più autentico.Come mai una storia tutta al femminile? Come è stato il coinvolgimento delle attrici?
Edoardo Winspeare: Il film è nato perché volevo raccontare questa storia attraverso il personaggio di mia moglie, perché ha una grande faccia e trasmette molto anche con gli occhi. Sono fiducioso nel ruolo delle donne, se prendono in mano la situazione nell'Italia del Sud, ci potrebbe essere più speranza. L'uomo da noi riveste un ruolo quasi teatrale quando racconti un certo tipo di ambiente. Le donne sono custodi silenti, ma molto forti, della società. Sono affascinanti, parlano di meno e fanno di più.
Celeste Casciaro: quando si è parlato di questo progetto, Edoardo ed io ne abbiamo discusso tantissimo perché volevo capire dove dovevo arrivare e dove potevo arrivare. Questo personaggio mi sembrava troppo duro e mi toccava emotivamente, e mi sono dovuta affidare completamente ad Edoardo.
Laura Licchetta: questo film l'hanno partorito insieme, in famiglia, conoscevamo le scene una ad una, eravamo tutti molto emozionati. Con mia madre ci siamo sostenute tanto e ci ha unite ancora di più. È stato emozionantissimo e lo è anche adesso.
Che può dirci Anna Boccadamo? Anna Boccadamo: Sono fiera di aver fatto questo film ed ho sentito molto questa figura, perché sono una madre anche io.
Ed il riferimento ad Ozpetek? Barbara De Matteis: Ozpetek è uno dei miei due registi preferiti ed è un riferimento scherzoso alla gelosia di Edoardo nei suoi confronti. Inoltre dovrebbe tornare a girare in Salento e questo rende la cosa più realistica.
Nel film ci sono anche delle figure importanti di uomini. Edoardo Winspeare: Nei miei film spesso gli uomini sono figure puerili, mai completamente diventate adulte, mentre Cosimo è un vero uomo che sa addossarsi le sue responsabilità e lo dice ad un certo punto nella scena della chiesa. È un personaggio che io ed Alessandro abbiamo molto amato. Crocefisso è invece molto simpatico, ma è uno di quelli che stanno al bar e raccontano storie spesso inventate del loro passato.Siete stati molto ecologici anche nel corso delle riprese del film? Alessandro Contessa: Volevamo mettere in linea la produzione con la storia del film, quindi volevamo che la troupe arrivasse nel piccolo paese con discrezione, rispettando il territorio. Ci sono state molte occasioni per farne un film ecologico, abbiamo usato poche bottiglie di plastica, andavamo in giro in bicicletta, quando avanzava qualcosa in pausa pranzo abbiamo individuato dei luoghi in cui usare gli avanzi per nutrire gli animali.
Il film vi ha dato intuizioni rispetto la vita che facciamo e che potremmo fare?
Edoardo Winspeare: noi viviamo lì, a due chilometri, anche se non in una casa di legno fatta con materiali di riciclo. Continuamente faccio pensieri su quanto consumiamo, di quante cose inutili abbiamo bisogno. Anche per questo abbiamo girato questo film. Per una piccola percentuale conduco una vita simile, ma non sono un radicale da questo di punto di vista. Vengo da una famiglia che si è occupata di coltivazione. Mi rendo conto che posso dare un'impressione di essere innamorato del mondo bucolico, ma so che è una vita dura. I personaggi del film non ci vanno per romanticismo, la odiano la campagna, ma sono costrette a trasferirvisi
Celeste Casciaro: vengo da una famiglia di origine contadina, ho fatto quel tipo di vita, e quei valori li ho sempre sentiti ed ho sempre cercato di trasmetterli.
Anche nei confronti tra madre e figlia c'è improvvisazione?
Edoardo Winspeare: sono tutti scritti, ma abbiamo preso anche dalla realtà ed ogni tanto c'è del loro.
Celeste Casciaro: abbiamo trasmesso sul set anche alcune dinamiche della nostra vita, sfruttando la grande conoscenza che c'è tra noi.
Come è stato il lavoro con attori non professionisti? Edoardo Winspeare: io lavoro sempre con non professionisti. La regola è di dire le battute e basta. L'importante è una buona sceneggiatura. Ugualmente importante trovare persone giuste, che corrispondano ai personaggi. Provare molto, stare molto insieme e "giocare". Quando lavoro con i professionisti, gli dico sempre "non fate gli intensi, non mi guardate intensamente." È un fatto di gusto, di caratteristiche della nostra lingua.
Qual è il messaggio del film? Edoardo Winspeare: volevo raccontare che nonostante queste difficoltà, tra i membri di questa famiglia alberga un sentimento di grande tenerezza e questo aspetto viene fuori alla fine.