In fiamme, la recensione: su Netflix una storia vera tra eros e thanatos

La recensione di In fiamme, miniserie in sei episodi che ripercorre un caso di cronaca nera che ha sconvolto la Catalogna, conosciuto come Il delitto della Guardia Urbana.

In fiamme, la recensione: su Netflix una storia vera tra eros e thanatos

Il 4 maggio 2017 venne ritrovato il corpo senza vita, carbonizzato all'interno di una macchina, del poliziotto Pedro Rodriguez, trentottenne che serviva nei ranghi della Guardia Urbana di Barcellona. Le indagini dietro quella macabra morte hanno condotto fin da subito alla figura di Rosa Peral, la donna che amava e che contava di sposare il prima possibile, e a quella del suo amante, Albert Lopez. Tutti e tre, vittima e accusati, militavano tra le fila delle forze dell'ordine.

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In fiamme: Úrsula Corberó in una immagine della serie Netflix

Come vi raccontiamo nella recensione di In fiamme, Rosa era stata spinta ad arruolarsi in polizia dal suo ex marito, Javi, che era già un membro del corpo speciale del Mossos. Nonostante fosse sposata con lui nonché diventata mamma di una splendida bambina di nome Sofia, Rosa non ha mai nascosto la sua natura voluttuosa e ha tradito ripetutamente il coniuge con diversi colleghi, inclusi prima Pedro e poi proprio Albert: una vera e propria femme fatale che anche ora, nel caso del delitto, intende giocare il ruolo di irresistibile seduttrice.

Tra il dire e il fare

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In fiamme: una scena della serie

Sembra una storia realizzata ad hoc per tenere con il fiato sospeso il grande pubblico, se non fosse che la vicenda alla base di In fiamme è realmente avvenuta in Catalogna qualche anno fa, attirando sin da subito l'attenzione sempre più morbosa dell'opinione pubblica, pronta a trasformare le indagini e il relativo processo in un vero e proprio caso nazionale. Un caso di cronaca nera in piena regola, ora diventato una miniserie autoconclusiva in sei episodi sbarcata qualche giorno fa nel sempre più folto catalogo di Netflix. Un'operazione furba nella sua apoteosi di torbido erotismo e presunto mistero, anche se in realtà lo spettatore - anche quello all'oscuro dei fatti alla base - viene già edotto fin dalle prime puntate su come siano andate realmente le cose, suggerendo quando non dichiarando direttamente le responsabilità degli effettivi colpevoli.

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Dimmi chi sei

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In fiamme: una scena tratta dalla serie

Ecco allora che il gioco narrativo, svuotato dalla presenza di rivoluzionari cliffhanger di sorta, non può che aprirsi ovviamente a una lunga serie di flashback e sbalzi temporali che ci mostrano le varie fasi del percorso privato di Rosa e le presunte motivazioni che la hanno spinta a prendere certe decisioni e a sacrificare famiglia e amanti in favore di un qualcosa di irrefrenabile, schiava di passioni travolgenti che di volta in volta l'hanno spinta a scelte sempre più traumatiche e pericolose, per sé e per gli altri. In certi momenti la sceneggiatura cerca di mischiare potenzialmente le carte, con le due puntate finali dedicate alle fasi processuali nelle quali prima i due amanti / killer offrono la loro versione dei fatti e poi, a pietra tombale, il resoconto investigativo mette infine tutte le carte in tavola e castra sul nascere qualsiasi ipotesi esterna di chi ancora avesse potuto subodorare qualche ipotetico colpo di scena dell'ultimo minuto.

Il triangolo del mistero

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In fiamme: una scena della serie

Il cosiddetto Delitto della Guardia Urbana vede molteplici triangoli, giacché la figura di Rosa era una mangiauomini conclamata e tutti i colleghi sapevano, tra accuse di revenge-porn, sexting e insabbiature più o meno velleitarie che hanno dato un sacco di materiale ai giornali scandalistici spagnoli in quei lunghi mesi convulsi: tra indagini e svolgimento giudiziario, si è andato avanti per diversi anni. Il cast può contare sulle solide performance di Quim Gutiérrez e Úrsula Corberó, quest'ultima conosciuta in tutto il mondo per aver prestato volto a Tokio nella popolarissima serie La casa di carta. A livello di messa in scena ci troviamo davanti ad una miniserie onesta ma per nulla imprescindibile, godibile ma dimenticabile nel suo ripercorrere i fatti senza troppa originalità, con il continuo andare indietro e avanti nel tempo che alla lunga può portare a noia, soprattutto se non supportati da rivelazioni degne di nota che possano modificare almeno parzialmente la storyline principale. Spesso i protagonisti si rivolgono sguardo in camera a recitare gli sms inviati, dialogando in maniera improbabile con chi guarda, cercando forse comprensione o meglio ancor compassione per quella vita gettata al vento.

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In fiamme: Úrsula Corberó nella serie Netflix

E le parziali sfumature sulla tossicità dei rapporti che hanno condotto a reazioni spropositate non rendono, proprio per via del rigido manicheismo con il quale sono tratteggiate le figure principali di questa parabola di eros e thanatos dalle tragiche conseguenze. Se volete saperne di più, potete anche recuperare il relativo documentario sulla vicenda, distribuito sempre su Netflix e dal titolo Il caso Rosa Peral, dove il Male si mostra con il suo vero volto, non edulcorato e/o imbellettato da adattamenti a prova di grande pubblico.

Conclusioni

Diventato un caso nazionale, conosciuto come il Delitto della Guardia Urbana, l'omicidio del poliziotto Pedro Rodriguez - per il quale sono stati condannati la compagna e l'amante di lei - ha tenuto con il fiato sospeso l'opinione pubblica spagnola per anni, in attesa del giudizio definitivo. Questa macabra storia di passione e violenza rivive in una miniserie di sei episodi, che latita nella gestione dei colpi di scena e prepara tutto senza incuriosire troppo, telefonando la vicenda anche per chi all'oscuro di quanto effettivamente avvenuto nella realtà. Il buon cast e due puntate finali ad alta tensione, con le fasi processuali a farla da padrone, permettono di chiudere un occhio su una sceneggiatura che scava nel torbido, senza risultare altrettanto incisiva a livello di sfumature psicologiche.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • Solido cast, a cominciare dalla "femme fatale" Úrsula Corberó.
  • La vicenda alla base fa rabbrividire per crudeltà, ideale per un pubblico appassionato di cronaca nera.

Cosa non va

  • La sceneggiatura rende i vari passaggi prevedibili e si priva volutamente di effettivi colpi di scena.
  • Si preferisce un approccio più gratuito, scartando finezze di sorta nella gestione dei personaggi.