Alla vigilia della premiere di questa sesta stagione, gli showrunner de Il trono di spade Dan Weiss e Dave Benioff avevano fatto un po' gli sbruffoni. Avevano proclamato di non aver dubbi sul fatto di aver appena realizzato la stagione migliore dell'intero corso dello show: "non un solo episodio debole". A noi qualche dubbio, in tutta franchezza, era venuto; alcuni elementi narrativi e di caratterizzazione in No One erano pericolosamente traballanti. Anche in uno show fantasy, forse soprattutto in uno show fantasy, c'è un patto di fiducia tra autore e spettatore, un'alleanza silenziosa che per noi era diventata più fragile dopo la risoluzione inverosimile della storyline di Braavos e dopo il disastro di Meereen in No One. Perché l'implausibilità, il senso di tradimento possono creare un effetto straniante che ci allontana dalla storia per trasformarci in testimoni indifferenti.
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Per fortuna, Battle of the Bastards ci riporta immediatamente vicino ai personaggi, sotto la loro pelle, corpo a corpo con loro nel sangue e nel fango: ci porta nel dolore esistenziale di un condottiero già strappato una volta alle grinfie della morte da un Dio incomprensibile e privo di senso; ci mostra il tormento e la furia di una donna torturata e violata e cambiata per sempre da fanciulla ingenua e cortese in regina spietata e indomita. E poi ci regala un trionfo amaro e indimenticabile. Ancora una volta, Dan e Dave - e Miguel Sapochnik, timoniere extraordinaire in cabina di regia, che già l'anno scorso ci aveva regalato il meraviglioso Aspra dimora - we bend the knee.
L'alleanza delle femmine alpha
Uno dei motivi ricorrenti di questa sesta stagione de Il trono di spade sono le alleanze improbabili che spesso rappresentano un compromesso necessario benché innaturale: quella tra la corona e la Fede ad Approdo del Re, ad esempio; quella tra Sandor Clegane e la Fratellanza senza vessilli, o quella tra Davos e Melisandre. In Battle of the Bastards, il sodalizio tra Sansa Stark e Petyr Baelish è indubbiamente di questa natura, e porterà a un confronto con Jon, salvato e tradito allo stesso tempo dal provvidenziale arrivo dei cavalieri della Valle. Ma prima di parlare dei figli di Grande Inverno tornati finalmente a casa a seppellire il loro fratellino, ultima vittima, insieme al gigante Wun Wun, della malizia di Ramsay Bolton, vogliamo parlare di un'altra alleanza che forse è inattesa ma non ha nulla di innaturale, perché siglata tra due spiriti affini, nati dalla tempesta. Due donne imperiose che hanno smesso da un bel po' di tempo di obbedire agli uomini, padri, mariti, fratelli o zii che siano: figlie sveglie di sovrani sanguinari e inetti, Daenerys Targaryen e Yara Greyjoy sono il preludio di un nuovo ordine che ricongiunga nell'equità, nella pace e nella compassione le due metà del cielo e della terra. Con sottotesto lesbo; abbastanza da fare piangere di gioia la vostra umile cronista, lo confessiamo.
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Lacrime di gioia avevano già iniziato a sgorgare prima, durante la prima visita alla Meereen sotto assedio di Battle of The Bastards, alla vista del volo maestoso di Drogon, Rhaegal e Viserion nel cielo delle Baia degli Schiavisti: è così che ci sente di fronte a una promessa pienamente mantenuta. Per quanto sacrificato per lasciare spazio ai fatti di Grande Inverno, il segmento di Meereen cancella completamente l'amarezza di No One; ristabilisce Tyrion come personaggio dotato di fascino e utilità, introduce la promettente alleanza coi Greyjoy, mostra con pochi tratti efficaci - dalla cavalcata dei Dothraki al fulmineo pugnale di Verme Grigio, oltre naturalmente ai draghi - la potenza militare di Dany e ci proietta verso un finale di stagione di immenso impatto. Spieghiamo le vele per i venti dell'inverno!
La seconda resurrezione di Jon Snow
In attesa dell'arrivo delle regine del fuoco e degli abissi a Westeros, il fronte del Nord si ricompone attraverso la più cinematica, immersiva e brutale battaglia mai vista nella storia di questo show. O nella storia del piccolo schermo. O nella storia? Quel che è certo è che Battle of the Bastards presenta elementi che ci riportano alle massime espressioni del cinema bellico: la maestria tecnica che ci precipita nel cuore della battaglia è al livello di quella della scena dello sbarco in Normandia di Salvate il soldato Ryan, solo che, tra cariche a cavallo e colpi all'arma bianca, il breve e magnifico piano sequenza che segue l'avanzare di Jon Snow è ancora più fisico e terrificante; il senso di minaccia costante, l'angoscia esistenziale dell'uomo imprigionato nel caos della battaglia ci ricordano i momenti più intensi di Band of Brothers. In più c'è l'accurata ricostruzione storica delle strategie e tecniche di battaglia; echi di scontri leggendari, dalla tenaglia di Annibale a Canne all'insperato trionfo di Enrico V ad Agincourt; montagne di cadaveri e fiumi di sangue. Insomma, se questa non è la più grande ed epica battaglia mai girata è perlomeno la più ambiziosa e realistica rappresentazione di un combattimento medievale su larga scala che memoria ricordi.
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Gli spettatori attenti e navigati potrebbero cionondimeno avere di che lamentarsi; dell'esito prevedibile della battaglia, o dell'abuso del tropo del contingente alleato che arriva all'ultimo momento a evitare la catastrofe e mutare le sorti della guerra. Come se, all'interno di un ordito narrativo come la nostra canzone del ghiaccio e del fuoco, nella prospettiva dell'unica e vera guerra imminente, la battaglia per l'Alba, potesse aver senso uno scenario in cui Ramsay Bolton uccide Jon Snow e si riprende Sansa Stark. Non è così: sappiamo già che in qualche modo il castello dovrà essere ripreso per preparare il fronte contro gli Estranei e il giocatore Lord Bolton dovrà essere giocato; l'arrivo della cavalleria, poi, non è un banale deus ex machina perché preparato da abbondante foreshadowing, ed è un elemento che avrà ripercussioni su quanto resta da raccontare.
L'ultimo e il più importante elemento che ci prepariamo a difendere è ancora una volta lui: Jon Snow, l'eroe troppo perfetto e puro e onorevole. Vi diranno che in Battle of the Bastards Jon continua a "non sapere niente" e fa la figura del fesso, facendosi ingannare da Sansa e manipolare da Ramsay. Dopo aver cercato lui stesso di provocare il rivale, Jon cade nel tranello di Lord Bolton e si ritrova indifeso e appiedato di fronte alla cavalleria nemica; ma la cavalcata forsennata di Jon, che pure ha ascoltato le parole della saggia sorella sull'impossibilità di salvare Rickon, è il singolo momento più significativo ed emozionante di questo episodio: quello in cui i nostri autori riescono a beffarci facendo rinascere una timida speranza e facendoci battere il cuore, quello in cui capiamo che proprio quell'effimera speranza è la chiave di tutto. L'esigenza di Jon di fare sempre la cosa giusta è l'arma che - in barba a draghi, flotte, altifuochi ed eserciti - deciderà il finale di partita. O forse no, il momento più significativo ed emozionante è quello che arriva più tardi, dopo quei terrificanti minuti senza respiro nella calca, in cui siamo letteralmente seppelliti con l'uomo che all'inizio di questa stagione era un cadavere e che prima della battaglia pregava Lady Melisandre di non riportarlo in vita una seconda volta. Jon non cede alla tentazione di arrendersi, emerge faticosamente dal fango e dal sangue e prende fiato, e questa è la sua vera resurrezione, perché operata con le sue mani. È qui che Jon supera l'incertezza di chi è riluttante e annichilito di fronte al mistero insondabile per abbracciare la sua missione, in difesa della vita tutta di fronte alla minaccia della notte infinita. Prende fiato e guarda il cielo che sarà presto solcato da una regina di draghi. L'altra metà del cielo e della terra; del ghiaccio e del fuoco.
La vedova nera
Tre draghi finalmente in volo. Una rinascita invece di una seconda morte. La riconquista dell'avamposto cruciale, della memoria profanata dal nemico. Ma le promesse mantenute non sono finite qui. La trasfigurazione di Sansa, annunciata alla fine della quarta stagione e "tradita", per la nostra frustrazione, nella quinta, finalmente e irrimediabilmente è compiuta: la Lady Sansa di ieri, l'uccelletto di Sandor Clegane, cortese, spaurita, obbediente, è scomparsa per lasciare spazio a una donna pragmatica e dominante, capace di agire alle spalle di suo fratello per assicurarsi il supporto di un uomo pericoloso come Lord Baelish, con tanto di rischio calcolato e la promessa di una misteriosa ricompensa. Capace di annunciare a Jon con fermezza e controllo l'inevitabile sentenza che incombe su Rickon. Capace di infliggere una morte orrenda al suo aguzzino senza distogliere lo sguardo.
Ma c'è un elemento che non ci lascerà dormire sereni. "Sono parte di te ormai", dice Ramsay a Sansa poco prima della sua meritatissima fine, parole che sembrano supportare un sospetto, un odioso timore che abbiamo fino ad ora tenuto in scacco. E se non ci fosse solo un danno psicologico, se Sansa fosse incinta? Condannata a portare dentro di sé l'erede del mostro che le ha straziato il corpo e l'anima, ucciso suo fratello e massacrato gli uomini di Jon? Il sangue stesso di chi ha versato il suo sangue, Cat e Robb prima di Rickon?
Quale che sia il suo segreto, quale che sia il suo futuro, è Sansa a pronunciare la più aspra condanna.
"Le tue parole svaniranno. Il tuo casato scomparirà. Il tuo nome scomparirà. Ogni memoria di te scomparirà"
Movieplayer.it
4.5/5