Una storia di confine e sui confini, un noir illuminato dall'inquieta fotografia di Daniele Ciprì, un thriller che diventa poi gratuitamente dramma erotico aggirandosi senza mai prendere una direzione in una incomprensibile fauna di personaggi irrisolti. Catalizzatore di fatti e misfatti di questo secondo banco di prova per Massimo Natale (il suo debutto fu segnato nel 2010 da L'estate di Martino) è il 'traduttore' del titolo Andrei (Kamil Kula), studente rumeno di lingue straniere catapultato in un paese che non gli appartiene, l'Italia e nello specifico Trento, costretto per sbarcare il lunario a fare il pizzaiolo di notte e saltuariamente il traduttore di alcune intercettazioni per la polizia. Sarà la sua conoscenza del tedesco oltre che del rumeno e dell'italiano a fargli conoscere Anna Ritter (Claudia Gerini), vedova glaciale, femme fatale e oggetto del desiderio, che a lui affiderà la traduzione del diario del marito tedesco scomparso in circostanze misteriose.
Sarà l'inizio di una torbida passione, una sequenza di incontri clandestini selvaggiamente guidati dagli istinti della carne che la macchina da presa, assetata di primi piani, sbatte in faccia allo spettatore senza grazia, obbedendo solo ad un'imperativa ricerca dell'effetto scandalo. E il risultato è l'assenza di qualsiasi dimensione erotica o sensoriale.
Andrei, antieroe solitario
Vuoto e privo di un senso diventa anche il girovagare fisico ed emotivo di Andrei, che gli sceneggiatori de Il traduttore si dilettano a sbatacchiare tra l'antro buio e fumoso della questura, un night club popolato da loschi figuri dell'est Europa e gli arredi borghesi dei suoi incontri segreti con Anna. Un antieroe, poco credibile però nel tentativo di mostrarsi cupo e accigliato, che la scrittura incastra nell'immaginario stereotipato del sottobosco mitteleuropeo di certi luoghi di confine.E che, per dichiarate esigenze registiche, non deve essere neanche troppo bello: "Andrei vive una situazione di disagio, aspira a molto di più che fare il pizzaiolo la sera o a fare da interprete per polizia. È una persona che sta stretta nel suo mondo, lo vediamo sorridere solo alla galleria d'arte quando per una volta si veste da quello che vorrebbe essere: è bello, sorridente, si guarda e guarda le altre donne. - spiega il regista - Mi sono convinto che lui era la persona giusta quando lo feci vedere a Claudia e lei mi rispose: 'Non mi piace, non so...'. A quel punto pensai: 'Perfetto, è lui'. Volevo evitare l'effetto Malena, Andrei non doveva piacere ad Anna ed essere il ragazzino appetibile. Non avrei mai potuto scegliere Raoul Bova, per intenderci".
Claudia Gerini, "Anna, una donna interrotta"
A fare da contrappunto c'è il mondo di Anna, che Claudia Gerini si impegna a interpretare con tutta la naturalezza che le è propria: "È una donna interrotta, incastrata in un capitolo della propria vita non ancora concluso e costretta a affrontare e metabolizzare un lutto. - dice - Anna ha perso il marito in un momento in cui il loro rapporto era ancora pieno di non detti, e questa è la cosa peggiore che possa succedere. È una donna colta, molto borghese, ama viaggiare, forse un po' troppo riservata e fredda, ma con una grande voglia di rinascere. Andrei rappresenta per Anna quel mondo maschile che l'ha lasciata a bocca asciutta e l'ha abbandonata. Lui la traghetta verso un altro capitolo della sua vita, è una zattera, mentre per Andrei Anna è la terra promessa, è arricchimento del suo quotidiano. Mi incuriosiva essere lei, essere una donna che deve evolvere e che non ha più scuse per rimanere nello stagno che si è costruita".
Due solitudini attratte l'una dall'altra, i cui destini si incrociano con quelli degli altri protagonisti di una vicenda che originariamente avrebbe dovuto svolgersi a Roma: "Il film è stato girato interamente a Trento, cercavo un'atmosfera intima e piccola - racconta Natale - perché quella della grande città non mi convinceva e per questo ho voluto trasporre l'ambientazione da Roma a Trento". Ad affascinarlo pare sia stato l'incontro di caratteri ognuno con le proprie sfaccettature; peccato che però le sfumature si perdano nella costruzione disorganica di quello che vorrebbe essere un racconto di storie parallele.