Puntuale come sempre nei momenti di tensione sociopolitica, il cinema, nelle sue varianti horror/thriller/fantascientifiche, si fa nuovamente catalizzatore delle inquietudini e delle paure della società contemporanea. Ecco che allora, a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, escono nelle sale cinematografiche due film che condividono genere, tematica e ambientazione: Red Eye, diretto dal maestro dell'horror Wes Craven, e Flightplan - Mistero in volo. Denominatore comune: un aereo di linea che vola ad alta quota. Registi, sceneggiatori e romanzieri hanno sempre guardato con particolare attenzione a un tipo di ambientazione che, già di per sé, offre molteplici suggestioni: l'accentuata componente claustrofobica, l'impossibilità di abbandonare l'abitacolo, lo spazio ridotto da condividere con persone sconosciute, la labilità del mezzo del trasporto, e, non ultima, la paura di volare, in testa alla classifica delle fobie che attanagliano anche i più insospettabili. Gli aerei che cadono a causa di guasti o di perturbazioni e i dirottamenti ad opera di terroristi sono purtroppo una triste realtà da molto tempo, ma dopo l'11 settembre 2001 la percezione di questi incidenti è completamente cambiata. Trascorso il tempo necessario affinché l'industria hollywoodiana metabolizzasse gli effetti psicologici dell'attacco alle Twin Towers, il grande schermo torna ad esercitare il proprio potere esorcizzante sulle masse attraverso la rappresentazione delle angosce che le attanagliano (violenza, terrorismo e paura del diverso) e lo spazio angusto di un aeroplano viene eletto luogo ideale per rappresentare l'esplodere delle tensioni.
Già da tempo il cinema si era reso conto del potenziale immaginifico insito nel mondo dell'aria. Prima il "war airmovie", con la strabiliante rappresentazione di battaglie aeree e prodigiose acrobazie, poi il disaster movie scelgono di stravolgere il punto di vista dello spettatore, incollandolo alla sua poltrona mediante situazioni limite e continui colpi di scena in un crescendo di tensione. E' proprio la guerra del Vietman a determinare il crollo di popolarità del genere bellico e la conseguente nascita della versione "civile" dell'airmovie che va a contribuire in maniera determinante, con spettacolari produzioni internazionali e cast "all star", al successo del genere catastrofico che si impone nel decennio '70 - '80. La saga dei disastri aerei si apre nel 1970 con Airport di George Seatons, capostipite del genere, dove un dinamitardo tiene sotto scacco passeggeri ed equipaggio di un Boeing diretto a Roma minacciando di farsi esplodere durante il volo. Grazie a un contesto fortemente drammatico, ai notevoli effetti speciali, al ritmo serrato e alle ottime interpretazioni (tra gli altri Burt Lancaster, Dean Martin, George Kennedy e Jacqueline Bisset) la pellicola ottiene una nomination all'Oscar come miglior film e dà vita ad una miriade di sequel. Tre quelli ufficiali: Airport 75, Airport 77, Airport 80 che, nel tentativo di rinverdire i fasti del primo episodio, ospitano, con alterne fortune, alcune varianti sul tema: aereo in avaria con hostess costretta a prendere il comando, aereo precipitato in fondo al mare con passeggeri intrappolati a bordo, aereo preso di mira da un folle che lo vuole distruggere. Sequenze spettacolari, suspence crescente e grandi interpreti si aggiungono a trame più o meno prevedibili, personaggi monocorde e stereotipati ("i dannati e gli eroi" tanto per parafrasare John Ford) e lieto fine più o meno d'obbligo dopo tante sciagure.
La tensione claustrofobica sembra funzionare molto bene al botteghino perciò le imitazioni si sprecano e la qualità delle pellicole precipita vertiginosamente come gli aerei in avaria. Terrore a dodicimila metri, New York-Parigi Air sabotage 1979, e in tempi più recenti Passenger 57 - Terrore ad alta quota, con un Wesley Snipes grande mattatore, Rischio d'impatto, Incubo ad alta quota e Decisione critica, thriller decisamente sopra la media, che riscatta la situazione trita e ritrita dell'aereo dirottato dai terroristi grazie ad una regia sobria e coerente tesa ad amplificare la suspence generata dalla guerra di nervi tra agenti di polizia e commando armato, con un ottimo Kurt Russell affiancato dal maestro dell'action movie Steven Seagal. Decisa virata verso l'horror con Swarm - Minaccia dalla giungla di Jeff Hare, film tv di serie Z dalla trama piuttosto curiosa: api assassine geneticamente modificate che si liberano in un aereo diretto a New York e attaccano i passeggeri inferocendosi per ogni minima perdita di quota. Niente a che vedere con il suggestivo gremlins che, attraverso il finestrino di un volo di linea, si fa beffe del povero Wilson nel geniale racconto di Richard Matheson "Incubo a seimila metri", racconto che ha ispirato l'omonimo episodio della serie televisiva Ai confini della realtà. Sempre in tema di horror è da antologia l'inizio (ma solo quello) di Final Destination, teen movie che presenta un interessante spunto inziale: il sogno premonitore/visione di una sciagura aerea che spinge il protagonista ad abbandonare un volo per Parigi poco prima della partenza. Ovviamente la sciagura in questione si verificherà puntualmente subito dopo il decollo. Meglio scendere finché si è in tempo...o forse no.
Nel 1997 Simon West, con Con Air torna al più classico schema "gruppo di pericolosi delinquenti che si impossessa di un aereo". Ancora un super cast, capitanato dal trio Nicholas Cage - John Malcovich - John Cusack, per un action che non si prende troppo sul serio e stempera ogni possibile drammaticità con battute scoppettanti e personaggi macchiettistici (eccezionale il cameo di uno Steve Buscemi versione "Hannibal the Cannibal") dando vita ad una pseudoparodia del genere. Nello stesso anno Harrison Ford indossa i panni di un combattivo e atletico presidente degli Stati Uniti in Air Force One, che, a differenza di Con Air, si prende talmente sul serio da risultare assolutamente improbabile e la tensione creata dall'ambientazione claustrofobica scema di fronte alle prodezze del presidente che elimina il gruppo di terroristi tutto da solo, accompagnando l'ultimo criminale gettato a calci fuori dal portellone con un Via dal mio aereo!. Così di là di tutte le possibili declinazioni sul tema, mentre il cinema americano torna a riproporre drammi aerei ad alto contenuto adrenalinico, il terrore scatenato dalla sensazione di intrappolamento provata nel lontano 1970 col primo Airport sembra aver lasciato una traccia indelebile tanto che, in tempi recenti, il regista cinese Zhang Jianya ha scelto di farne un remake, Crash Landing, a dimostrare che gli archetipi, anche quelli internazionali, sono duri a morire.