È bellissimo cambiare idea. Non c'è niente di più vitale e acceso, di più puro e umanamente incoerente. Cambiare, e mollare le proprie convinzioni, pur restando fedeli a se stessi, ai propri ideali, senza tradirli ma evolvendoli in qualcosa di diverso. Qualcosa di più leggero. Qualcosa di sospeso, tra il sorriso e una lacrima. Perché, superando la più classica sensazione straniante che deriva dal suo approccio cinematografico (nonché interpretativo), Nanni Moretti continua a strabuzzare gli occhi, piazzandosi sopra ai suo personaggi, ma si lascia andare come mai fatto prima, delineando quello che potrebbe essere un meraviglioso film d'amore. Non nel senso più stretto, ma anche e soprattutto in senso figurato: un film d'amore, sull'amore. Sull'amore che salva il cinema, che salva la politica, che salva l'amore stesso, dall'oblio e dalle parole vuote.
Ecco, Il sol dell'avvenire (con questo titolo che pare uscito da un'altra epoca sociale) è la liberazione morettiana che si divincola - scena dopo scena - dai vizi e dalle virtù, intanto che attorno a lui ogni cosa gli parla, guarda caso, di amore. Si, perché "gira tutto intorno alla stanza, mentre si danza". Nella nostra recensione (la potete leggere qui) l'abbiamo scritto: tra tic e manie questo è un film d'arrivo e di partenza per Nanni Moretti, un film dalle molte fasi, pensato e scritto per il (suo) pubblico. Ma, come vi raccontiamo in questo approfondimento, che inclina il piano in modo da cogliere le sfumature magari più sommesse, Il sol dell'avvenire si lascia andare, un poco alla volta, al potere salvifico dell'amore. Prendendo atto di una sua ritrovata consapevolezza. Guarda caso, consapevolezza arrivata immediatamente dopo la sperimentazione di Tre Piani, il film meno "suo" che, in qualche modo, sintetizzava e raffreddava i sentimenti.
"Un film sovversivo"
Ma Il sol dell'avvenire, parafrasando uno splendido Mathieu Amalric, che recita in italiano, è "un film sovversivo". Del resto, la scrittura di Moretti, dallo sguardo uno ma trino, rende proprio la commedia un genere ribelle, infervorato e coinvolgente verso quegli spettatori vogliosi di emozioni. E non si può dire che ne Il sol dell'avvenire non ce ne siano. Un solo film, spaccato in tre. Tutti e tre i prospetti sono legati e fondamentali per l'evoluzione di Giovanni (Nanni Moretti, appunto), regista alle prese con la lavorazione di un film ambientato durante i moti dittatoriali dell'Unione Sovietica in Ungheria.
Un'invasione che farà eco in Italia, portando in crisi il Partito Comunista. Restare fedeli alla linea russa, oppure appoggiare i modi liberali dell'Ungheria? Un film politico quello di Giovanni, cucito sull'attore Ennio (Silvio Orlando), segretario del PCI in linea con l'Unione Sovietica, e su Vera (Barbora Bobulova), incline ad una maggior libertà e una maggior duttilità di pensiero. Una crisi nella crisi, un film nel film, che si sfilaccia facendo perdere le convinzioni di Giovanni / Nanni. Perché, come suggerisce Vera / Barbora, "Chissenefrega della politica, questo è un film d'amore!".
In nome dell'amore
Esatto. L'amore, all'interno e all'esterno del set, in una scatola cinese di ricordi e sentimenti, arriva da tutte le parti. L'amore che recrimina Paola (Margherita Buy) verso quel marito con cui parla di tutto tranne che di loro; l'amore della figlia Emma (Valentina Romani) verso un uomo molto più anziano (Jerzy Stuhr) e l'amore del regista e del regista Moretti verso il cinema, in bilico tra ottimismo e malinconia. Quel cinema che sta cambiando e cerca il turning point di un algoritmo, dimenticando (appunto) le emozioni naturali di un approccio scevro da ogni impostazione customizzata. In questo senso, Moretti prende posizione nei confronti dello streaming - "Le piattaforme servono per le serie. I film si devono penare per il cinema", dirà in conferenza stampa -, dichiarando fedeltà (e quindi amore) nei confronti del grande schermo. E poi l'aspetto personale, difeso con l'ironia sorniona (un film molto divertente) e con una ritualità che non può non soffrire di una flessibilità che deve legarsi con uno sfogo quotidiano, maledettamente moderno.
Uno sfogo che divide e dividerà, ma esplosivo nella sua sensibilità, rivelata in un piano d'ascolto aperto ad un cinema emozionale che illumina il terzo segmento de Il sol dell'avvenire. Il segmento più bello, quello emotivo, legato ai ricordi, allo spleen e legato all'utopia romantica accompagnata dalle canzoni italiane (Franco Battiato o Luigi Tenco, per citarne due). Un segmento che diventa il sogno ad occhi aperti di Nanni Moretti, re-immaginando un ulteriore film che, a guardar bene, potrebbe essere la storia d'amore di Giovanni e Paola, a loro volta interpretati da Michele Eburnea e Blu Yoshimi. In quegli attimi, fugaci ma ossessivi, onirici e vividi, c'è l'evoluzione di Nanni Moretti, che abbassa la maschera e rivela le sue paure, i suoi crucci, i suoi sogni. Mettendo insieme la narrazione di ieri con quella di oggi. Camminando fianco a fianco ad un futuro che aspetta di essere scritto. L'avvenire che annulla finalmente la distanza. Come? Con l'amore, ovvio.