L'Antonio Barracano creato da Eduardo De Filippo nell'opera teatrale Il sindaco del rione Sanità è un "sindaco" particolare, una figura trattata con rispetto sia da criminali che da cittadini: un saggio con una sua visione della legge, che applica con metodi non ortodossi. Dopo averlo portato a teatro, Mario Martone ha adattato per il grande schermo la figura di Barracano, affidandola a Francesco Di Leva, un sindaco molto più giovane e moderno.
Presentato in concorso alla 76esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, il film, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione de Il sindaco del Rione Sanità, è in sala, con un'uscita evento, il 30 settembre, l'1 e il 2 ottobre, distribuito da Nexo Digital. Al Lido di Venezia abbiamo incontrato il protagonista Francesco Di Leva, che ha una presenza magnetica e una parlantina inarrestabile.
Il sindaco del rione sanità, la recensione: la rabbia, e l'immobilità, giovane
Alla domanda se uno dei temi del film, ovvero l'immobilità, ci rappresenti molto in questo momento storico ci ha detto: "Siamo fermi da 40 anni: è ora di darci una mossa. Ci vuole un po' di coraggio, che è la cosa che secondo me manca: non ci sono persone che vedono negli altri talento e luce e gli danno la possibilità di esprimerli. Io abito a San Giovanni a Teduccio, un quartiere difficile, ma stiamo provando a fare grandi cose. Abbiamo occupato il teatro, ci siamo blindati dentro, e l'abbiamo creato: era una palestra abbandonata di una scuola dove ho fatto la mia prima recita scolastica. La politica cerca a suo modo di muoversi, ma la società la puoi muovere soltanto con l'intelligenza e la bellezza. Dobbiamo produrla però la bellezza: questo è il nostro vero compito. Credo che un film del genere possa dare coraggio alle giovani generazioni."
La nostra intervista a Francesco Di Leva
"Ci vuole un po' di sicurezza, non troppa, la giusta misura: questa è una cosa che appartiene a chi è abituato a smuovere le cose, a crearsi le alternative. La condivisione è importante: questa è una generazione diversa. Ho sentito in questi giorni Luca Marinelli: ci siamo fatti un mare di risate perché quattro anni fa eravamo su una barca a vela a girare un film per mille euro e vomitavamo tutti i giorni perché soffrivamo il mal di mare. Ci siamo chiamati perché ora siamo tutti e due in concorso a Venezia: ma che meraviglia. Bisogna cambiare: la generazione di Mario Martone faceva squadra. Negli anni '70 si creava aggregazione per mobilitare la società: più menti insieme, ognuno completa l'altro. Non sarei l'attore e l'uomo che sono senza i miei amici e colleghi. La condivisione è bella e poi c'è spazio per tutti, non bisogna avere paura: ognuno può avere una bella idea. Questa è la mobilità e la mobilità parte da ognuno di noi. Voglio essere ottimista: però ci vuole il coraggio e la passione di ogni singolo individuo."