Con otto episodi totali a completare la prima stagione, l'uscita in piattaforma della quarta puntata segna ufficialmente il giro di boa de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere di Prime Video. Sono ancora tanti gli interrogativi senza risposta, e l'evolvere degli intrecci nei vari fronti attivi nella Terra di Mezzo lascia solo aumentare domande e curiosità settimana dopo settimana. Com'era prevedibile, la costruzione di una trama coerente e coesa deve necessariamente passare da episodi cosiddetti "di raccordo", che riescano cioè a fungere da ponte narrativo tra due distinti atti, tra un prima e un dopo. Normale che in queste giunzioni seriali il ritmo sia più dilatato e non ci sia nulla di realmente sorprendente pronto a entusiasmare il grande pubblico, ma nella nostra recensione del quarto episodio de de Gli Anelli del Potere vogliamo spiegarvi perché sia giusta e necessaria la presenza di questi episodi per il bene qualitativo di un progetto e per onestà intellettuale nei confronti dell'audience.
La grande onda
Ampio spazio è concesso al fronte numenoreano. Qui si intrecciano i destini di Galadriel, Halbrand, Elendil, Isildur e la regina reggente Miriel. Le basi sono ovviamente quelle della futura Ultima Alleanza tra Elfi e Umani, ma il percorso è ancora lungo. I dialoghi e l'introspezione la fanno da padroni, specie con Galadriel e Miriel, ognuna a modo proprio dedita al bene della propria specie, anche se con punti di vista divergenti. Viene marcato ancora di più il carattere ribelle e presuntuoso dell'Elfa, ancora giovane e fin troppo legata fisicamente alla battaglia del fratello, mentre la reggente dimostra di essere una leader consapevole e preoccupata. Spettacolare la sequenza d'apertura dell'episodio, che mostra la visione dell'Isola di Numenor inondata e distrutta dal mare, preludio alla rovinosa ed effettiva caduta del regno nella tarda metà della Seconda Era.
Numenor appare sempre affascinante e di grande impatto visivo, forse una delle ambientazioni finora più belle mai apparse in un prodotto cinematografico tolkeniano. Poco o nulla si muove sul fronte di Halbrand, invece, che ancora adesso è sospettato di essere un Sauron travestito da umano, provenendo dalle Terre del Sud e discendente di umani che avevano giurato fedeltà a Morgoth. Difficile, in realtà, anche perché nella Seconda Era proprio il Discepolo di Melkor era noto prima della forgiatura degli Anelli come "Annatar", il Signore dei Doni, pure se né elfi né nani erano a conoscenza della sua realtà identità, apparendo come un uomo di bell'aspetto e buone parole, nonché di consigli fondati, descritto proprio "come un nobile consigliere sempre pronto a dispensare utili suggerimenti".
Gli Anelli del Potere e House of the Dragon: c'è veramente rivalità tra le due serie?
Il Sovrano Padre
Questo elimina in qualche modo dalla lista anche Adar, colui che gli Orchi identificano come il loro Sovrano-Padre. A interpretarlo è Joseph Mawle e, indicato proprio come genitore, potrebbe in effetti essere un mago o stregone oscuro, forse addirittura Angmar, che già nella Seconda Era viene in effetti indicato come il più potente e fedele servitore di Sauron. Di lui sappiamo pochissimo, comunque, motivo che potrebbe aver spinto i creatori a generare un sostanzioso background fedele all'anima del personaggio. Supposizioni, ovviamente, ma il totale controllo sull'esercito di Orchi e il potere di arrogarsi il diritto di fare le veci di qualcosa di molto più pericoloso e nascosto sono segni inconfondibili di un braccio destro. Poco evolve questo fronte, anche con un ribaltamento relativo ad Arondir, e più interessante risulta invece essere la storyline di Theo, sempre più legato alla misteriosa elsa trovata nel fienile del suo villaggio e in qualche modo "introdotto" a qualcosa di molto più oscuro e malvagio di quanto potesse mai immaginare. La regia comunque elegante e pulita di Wayne Che Yip risulta in questi passaggi molto meno raffinata e formale rispetto al fronte numenoreano, ma in contesto - lo ripetiamo - si tratta pur sempre di un episodio di raccordo e passaggio dove sono confronti e dialoghi i veri protagonisti, non l'azione e nemmeno i piccoli fanservice seminati qui e lì prima ancora di germogliare in qualche elemento più concreto o marcato.
Gli anelli del Potere, perché lo Straniero non può essere Gandalf: le teorie sulla sua vera identità
La scintilla grigia
Questo ci porta a Khazad-dum, a Elrond e Durin IV. Dopo la riappacificazione dello scorso episodio, il principe dei nani ha deciso di aiutare l'amico elfo a costruire il grande progetto del mastro Celebrimbor, ma nasconde qualcosa di altrettanto prezioso nelle profondità della montagna. Un "elemento" che in realtà porta con sé non poche conseguenze - le ennesime - tra i tolkeniani duri e puri, che forse non apprezzeranno la deriva iniziale di questa scoperta, storicamente e filologicamente legata invece agli Elfi eppure non approfondita a dovere per essere appannaggio degli stessi, quanto meno nelle primissime fasi embrionali. Forse quello tra Elrond e Durin è il rapporto finora meglio sviluppato in chiave "umana", ricordando d'altronde i battibecchi tra Legolas e Gimli, ma la strada per comprendere ancora meglio la loro amicizia così bipolare è ancora tanta e non vediamo l'ora di vederli in azione e insieme anche fuori dalle mura rocciose di Khazad-dum.
Conclusioni
Per concludere la recensione del quarto episodio de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, a metà stagione ci troviamo davanti all'episodio meno convincente eppure naturalmente necessario allo sviluppo della serie, un raccordo narrativo tra un prima e un dopo all'interno dell'economia della serie. Non a caso i fronti sono pronti a cambiare e ridimensionarsi per unirsi, con grande risalto alle storyline di Numenor, a quelle di Khazad-dum e delle Terre del Sud. Tagliati completamente fuori dalla puntata sono invece i pelopiedi e lo Straniero, la cui identità resta ancora un grande mistero, così come d'altronde quella di Adar.
Perché ci piace
- L'introduzione di Adar e il suo grande fascino.
- La sequenza iniziale e il preludio a uno degli eventi più catastrofici dell'Arda.
- Il sempre coerente e appagante impatto visivo.
Cosa non va
- Il ritmo smorzato dalla natura "di passaggio" dell'episodio.
- Un'evidente accelerazione narrativa su più fronti.
- Qualche imperfezione nei raccordi del montaggio.