Il senso di colpa della razza bianca
Country of My Skull, presentato a Berlino e rititolato dalla Lucky Red per l'Italia In My Country, è uno dei pochissimi film sull'apartheid dopo la fine del regime nel 1994, con l'elezione del nuovo presidente Nelson Mandela. Mostrare al mondo cosa stesse succedendo in Sud Africa, dal 1948 quando fu varata la struttura politica del cosiddetto sviluppo separato che sancì di fatto l'apartheid, ci riuscì con un buon consenso di pubblico e di critica Richard Attenborough realizzando Grido di libertà negli anni '80. L'inumana repressione nei confronti della popolazione nera portò il paese alla sospensione da alcune organizzazioni internazionali, tra cui l'ONU, e all'esclusione dai giochi olimpici.
Il film del maestro John Boorman trae spunto dal libro della poetessa e giornalista afrikaans (la lingua parlata dagli afrikaner, cioè i nativi del Sud Africa discendenti da genitori europei, specialmente olandesi) Antjie Krog. Juliette Binoche e Samuel L. Jackson sono due dei giornalisti accreditati alle udienze della TRC (Commissione per la Verità e la Riconciliazione) dopo la caduta del regime, lei per una radio locale e lui per il Washington Post, in cui i carnefici sono invitati a confessare le atrocità commesse al cospetto dei parenti stretti della vittima. Dire la verità nuda e cruda e mostrare un sincero pentimento potrebbe garantire loro l'amnistia.
Assistendo alle testimonianze, il personaggio della Binoche si ritrova ad esaminare l'anima delle sue convinzioni, la sua eredità di afrikaner bianca. Mentre gli autori dei crimini sono in grado di raggiungere una qualche sorta di assoluzione, è più difficile per lei essere indulgente verso se stessa, verso la propria cecità e ottenere il perdono di coloro che, consapevolmente o inconsapevolmente, ha fatto soffrire. Tormentata dal senso di colpa, disgustata e spaventata dalla propria colpevolezza trova rifugio nelle braccia del collega americano di colore.
Ed è qui che del film si perdono le tracce. La relazione sentimentale tra i due protagonisti toglie forza alla storia. Nonostante Juliette Binoche, sempre bella e professionalmente emotiva, e Samuel L. Jackson siano all'altezza dei rispettivi ruoli, l'amore che scaturisce tra loro non coinvolge. Nel contesto del film appare come una lunga parentesi che non si chiude. Lo stesso discorso vale per le udienze. La scarsa emozionalità delle scene è anche imputabile al doppiaggio italiano che, per quanto ben fatto, non può restituire la parlata e la cultura della popolazione nera africana. Quel che ne resta è una sceneggiatura nella quale i due percorsi narrativi non riescono a fondersi tra loro.