Il semplice linguaggio della storia
Oggi possiamo tranquillamente ammettere quanto l'attentato dell'undici settembre abbia segnato una svolta epocale, riportando in auge vecchi timori messi da parte e dimostrandoci quanto fragile possa essere l'equilibrio politico dello scenario mondiale. Molti registi si sono di conseguenza cimentati in pellicole che, argomentando delle diversità culturali e dell'innato spirito bellico della razza umana, hanno dato esiti più o meno riusciti.
Manoel de Oliveira ha fatto qualcosa in più. Discostandosi dagli altri, ha incentrato il suo ultimo lavoro, Un film parlato, sul racconto di un viaggio. E' il viaggio di una famiglia portoghese, composta di madre e figlia di sette anni, che incuranti dei mezzi offerti dalla tecnologia affrontano una trasferta via nave dirette a Bombay dove si riuniranno con il marito e padre della bambina. Questa la trama del film, un film di parole e di storia.
Le parole sono quelle di Rosa Maria, interpretata da Leonor Silveira, insegnante di storia all'università di Lisbona che narra a sua figlia Maria Joana, con un linguaggio semplice e comprensibile, il percorso che la civiltà ha compiuto attraverso i secoli con le sue contraddizioni, i suoi misteri ed i suoi miti. La storia è invece quella che gira intorno agli stessi personaggi: i magnifici monumenti, l'aria intrisa di antichi odori ed infine un delizioso happening a quattro, durante una cenetta organizzata dal comandante della nave interpretato da John Malkovich alla quale prendono parte Irene Papas, Stefania Sandrelli e Catherine Deneuve nei panni di tre donne colte e famose, che altro non è se non un simbolico spaccato di storia contemporanea.
Il viaggio che mamma e figlia compiono attraversando le grandi capitali delle antiche civiltà del mediterraneo è il collante, il pretesto per mostrare al pubblico la personale visione del regista: una visione del mondo disincantata e fatalista seppur mostrataci con i toni tenui e delicati della saggezza. De Oliveira sembra volerci dire che analizzando la storia umana è molto facile accorgersi dei grandi paradossi della nostra civiltà, soprattutto quando sono messi a nudo dalle semplici domande di una bambina curiosa. Il film è scarno, pulito, come se l'autore volesse arrivare il più vicino possibile al nucleo ed al cuore delle vicende umane.
I pochi personaggi che interagiscono nella storia sono interpretati egregiamente da tutti gli attori, anche se una spanna sopra gli altri si pongono l'affascinante John Malkovich e Catherine Deneuve, assolutamente perfetta nel ruolo di una cinica donna d'affari francese.
Tuttavia, nonostante una regia che cerca di rendere neutre la pellicola e la narrazione affinché gli spettatori possano giudicare e riflettere autonomamente, il film non riesce a raggiungere completamente il suo obiettivo. Alcuni concetti tardano ad essere compresi, altri non si comprendono affatto. In alcuni momenti il film risulta inoltre di difficile appeal, data la sua palese vena autoriale. La storia a volte si avvicina pericolosamente alla facile retorica, ma grazie a momenti di profonda intensità drammatica ritrova facilmente l'equilibrio perso. Esemplari alcuni dialoghi da manuale, come quello in cui la professoressa Rosa Maria cerca di spiegare alla sua bambina il significato della parola ambizione innescando una progressione drammatica e narrativa che culminerà solo nel finale, splendido e destabilizzante.
Questi momenti di puro cinema fanno pensare ad alcune recenti opere, pluri-premiate, che pretendendo di trattare lo stesso difficile argomento con toni leggeri e superficiali, scadono spesso in commedie dal sapore farsesco.
Un film difficile ma sentito che consigliamo a chi vuole purificarsi dai bombardamenti mediatici che ci affliggono quotidianamente, abbandonandosi a dolci elucubrazioni accompagnate dall'ipnotico scrosciare delle onde.