Il seme del Fico Sacro, intervista a Mohammad Rasoulof: "La lotta contro censura e potere è più viva che mai"

L'Occidente artistico, ma anche i social, la libertà e la porta (quasi) aperta della speranza: la nostra intervista al regista iraniano. Il film candidato all'Oscar è in sala.

Mohammad Rasoulof durante la nostra intervista

Ci sono interviste e interviste. Da una parte quelle abbottonate, di mestiere, senza grossi contenuti, tirate via in modo distratto. Dall'altra, quelle interviste capaci, anche con poche parole, di centrare il punto. Ovviamente, la nostra video intervista a Mohammad Rasoulof non poteva non essere soppesata, considerando la sua vicenda personale, in qualche modo riflessa nel notevole Il seme del fico sacro, passato a Cannes (Premio Speciale della Giuria) e poi candidato all'Oscar come miglior film internazionale. Il regista iraniano è stato più volte condannato dal regime teocratico iraniano, che lo ha perseguitato fino all'arresto.

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Una scena di Il seme del fico sacro

Autore in lotta, Rasoulof ha lasciato l'Iran clandestinamente solo pochi giorni prima della première a Cannes. Una lotta, quella del regista, che rispecchia il racconto portato al cinema: sullo sfondo delle proteste contro il regime, un uomo, promosso a giudice istruttore presso il Tribunale rivoluzionario di Teheran, viene consumato dalla paranoia quando la sua pistola di servizio scompare nel nulla. A farne le spese, le due figlie, sostenitrici della protesta, e la moglie.

Il seme del fico sacro: intervista a Mohammad Rasoulof

A proposito di libertà, chiediamo a Mohammad Rasoulof che tipo di mondo è, il nostro, se un regista non può svolgere il proprio lavoro nel suo paese d'origine. "La lotta per la libertà artistica ha radici antiche. La battaglia contro la censura, soprattutto in Iran, è molto viva. Questo crea creatività e ispirazione. Al tempo stesso, non c'è speranza perché molti talenti e molti ingegni vengono repressi, e forse non li scopriremo mai".

Un pensiero e una posizione in netto contrasto contro lo status quo della Guida suprema dell'Iran. Tuttavia, oggi l'Occidente artistico è fin troppo accondiscendente verso i propri governi. Basti pensare agli interpreti o ai registi che, durante le interviste, evitano di rispondere a domande politiche. "Credo sia un fenomeno globale", continua Rasoulof. "Anche in Iran ci sono artisti e attori che non vogliono avere nulla a che fare con la politica, perché non vogliono temere per sé. Al tempo stesso, in Iran e nel mondo, ci sono artisti attenti alla società, e vogliono che il loro lavoro rifletta ciò che hanno attorno. È una scelta personale, e ha a che fare con il proprio modo di pensare".

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I sociale e il cinema: una commistione sempre più forte

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Un'emblematica inquadratura del film

Il seme del fico sacro, girato segretamente e senza alcun tipo di permesso, sfrutta nel montaggio diversi intermezzi social, con filmati estrapolati dagli account che hanno ripreso le rivolte legate al movimento Donna, vita, libertà (slogan ripreso dopo le proteste legate all'omicidio di Mahsa Amini). Un modo di fare cinema che enfatizza la commistione con i social. "I filmati social in un film? Dipende dalle circostanze, e da ciò che l'opera richiede. All'inizio ho deciso di usare immagini social perché stavo girando tutto in modo clandestino. Solo dopo, mi sono reso conto di quanto i social fossero cruciali nella rivolta Donna, Vita, Libertà. Una potenza cruda, forse impossibile da ricreare seguendo il cinema classico". Pur avvolto da una preponderante oscurità, Il seme del fico sacro chiosa con un finale che lascia aperta la porta della speranza. Per il regista, "C'è stata una battaglia nel vivere e nel pensare, ma adesso che il mondo è tutto interconnesso sono sicuro che i giovani interporranno le proprie richieste al potere iraniano".