Tredici anni. Un tempo lunghissimo da trascorrere nel rimpianto e nella solitudine. Ray si è lasciato alle spalle l'FBI, la politica e i compromessi per un tranquillo impiego nel settore privato. Ma non ha smesso di ricordare, ogni giorno e ogni notte, la disperata richiesta d'aiuto della collega e amica Jess, il giorno in cui trovarono insieme il cadavere della figlia di lei, lavata con la candeggina per non lasciare tracce e gettata in un cassonetto. Non ha smesso di pensare agli ultimi minuti della vita della giovane Carolyn, il suo terrore, il suo coraggio nel tentare di difendersi, e l'inevitabile resa. Non ha smesso di pensare al colpevole di quell'atroce delitto, sfuggito alla giustizia perché considerato un testimone chiave in un'inchiesta di terrorismo e dileguatosi chissà dove.
Ma Ray non si è mai arreso, e la sua ispezione capillare e ossessiva delle foto segnaletiche di tutti i prigionieri della carceri americane degli ultimi tredici anni lo ha portato a identificare un uomo che potrebbe essere l'assassino di Carolyn. Ne è abbastanza persuaso da presentarsi al procuratore distrettuale di Los Angeles, che guarda caso è Claire, la donna che gli fu accanto durante le indagini sull'omicidio, e che è stata nei suoi pensieri almeno quanto Jess, Carolyn e il loro elusivo aguzzino.
Una vita fatta di niente
Remake di Il segreto dei suoi occhi, film che è valso all'Argentina l'Oscar come miglior film straniero nel 2010 e a sua volta basato sul romanzo La pregunta de sus ojos di Eduardo Sacheri, questo film di Billy Ray ne ripropone fedelmente i temi, le dinamiche nonché alcune scene memorabili. Riproposta senza discostarsi dall'originale argentino è anche la struttura su diverse linee temporali, che permette (con un ottimo contributo del comparto makeup) di esplorare le vicende dei protagonisti sia nel presente che nelle settimane successive all'omicidio di Carolyn, ma se nel film di Juan José Campanella c'era sullo sfondo l'opprimente dittatura militare degli anni '70, la diversa collocazione temporale - oltre che geografica, ovviamente - di questo rifacimento ci riporta, nella linea narrativa relativa al passato, nella Los Angeles del 2002, nel periodo in cui si temeva che la metropoli californiana potesse essere l'obiettivo di un nuovo tremendo attacco terroristico dopo quello che colpì New York e il World Trade Center nel 2001.
Ma Billy Ray non si dedica più di tanto a ricreare quel senso di minaccia collettiva, quanto le dinamiche interiori e interpersonali dei suoi protagonisti. Julia Roberts è chiamata a interpretare una madre alle prese con il peggiore dei traumi. Perdere un figlio è un'immane tragedia; perderlo a causa di un insensato e atroce atto di violenza la rende ancora più insopportabile. Ma per Claire c'è anche l'ulteriore beffa di vedere insabbiato il caso ai danni dell'assassino di sua figlia e di vederlo tornarsene trionfante in libertà, e Julia ci racconta il suo dramma, la sua rabbia e la sua follia con una sensibilità commovente. Ad aggiungere pregio all'interpretazione c'è il contrasto con la Jess del passato, una persona serena, divertente, affettuosa, e legatissima alla figlia: quella che vediamo in famiglia, luminosa quanto la diciottenne Carolyn (interpretata dalla bellissima Zoe Graham), impegnata a scherzare con Ray, preso in giro per quell'amore impossibile per l'elegantissima avvocatessa, è letteralmente un'altra donna rispetto all'ombra condannata a una vita che, senza Carolyn, non ha più senso.
Su Ray (Chiwetel Ejiofor) pesa una sentenza non troppo dissimile; il senso di colpa per aver avuto un ruolo - anche se perfettamente innocente - nella dinamica dell'omicidio, l'affetto per Jess, la frustrazione del suo ruolo di custode della legge impossibilitato a fare giustizia e costretto a lasciare libero nel mondo un mostro gli ha imposto un'esistenza a metà, spesa nel tentativo di rimediare ad ogni costo. L'altra condanna di Ray è quella al rimpianto per quella confessione d'amore mai fatta a una donna considerata troppo bella, troppo preparata, troppo ambiziosa. L'unica ad andare avanti con la sua vita e la sua carriera del trio di protagonisti de Il segreto dei suoi occhi è proprio la Claire di Nicole Kidman, che pure fa tesoro dell'esperienza umana e professionale, conserva con tenerezza il ricordo di un amore inespresso. Un personaggio forse meno stratificato di quelli interpretati da Roberts e Ejiofor ma comunque decisamente ammaliante, anche grazie all'allure ritrovato dell'attrice australiana, che dà il suo meglio nella scena sorprendente in cui Claire provoca con temerarietà e scaltrezza l'assassino.
Il fascino dell'originale
Con interpreti di questa caratura (ma sono da elogiare anche in comprimari, in primis Dean Norris e Michael Kelly) e una storia così affascinante, il regista e sceneggiatore Billy Ray - di recente candidato all'Oscar per lo script di Captain Phillips - Attacco in mare aperto - può limitarsi a gestire il materiale senza osare troppo, finendo per dimostrare però una certa mancanza di personalità, soprattutto al cospetto della regia dell'originale.
Se la forza di questo remake, infatti, è soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e nella bravura del cast, il limite maggiore è nella somiglianza con il film del 2009, di cui ripropone molte idee e intere sequenze, e contemporaneamente negli elementi in cui sceglie di discostarsene. Ad esempio, nell'originale a sopravvivere alla vittima non era la madre ma il marito - un uomo che non aveva nessun legame personale con il protagonista interpretato da Ricardo Darín; la rilevanza data al personaggio di Jess, pur fornendo l'occasione a Julia Roberts per dimostrare ancora una volta la sua bravura, impoverisce la storia di alcune delle sue suggestioni e banalizza la missione e l'ossessione dell'eroe. Nel complesso, inoltre, il film di Campanella metteva meglio a frutto le connotazioni del contesto storico per creare un'atmosfera ad un tempo malinconica e minacciosa, ed era più potente nelle scene di impatto visivo ed emotivo.
Il segreto dei suoi occhi è dunque un film equilibrato, emozionante e ben interpretato; ma, anche se è comprensibile la ragione per cui Hollywood sforna remake di opere non in lingua inglese e che quindi non arrivano al grande pubblico, difficilmente il film potrà esaltare chi conosce il film argentino cui resta fin troppo debitore.
Movieplayer.it
3.0/5