Un elegante bianco e nero accompagna (una parte) della riflessione artistica e generazionale di Il ritorno di Casanova, diretto da Gabriele Salvatores. All'interno del film - uno dei migliori del regista premio Oscar - una profonda disamina su cosa sia il cinema mischiato alla vita, mentre ci caliamo nella vita tormentata di un affermato autore italiano, Leo Bernardi (interpretato da Toni Servillo), che, facendo a botte con il tempo, decide di mettere in scena Il Casanova nel suo nuovo film. Ben presto si accorgerà che tra lui e Casanova (con il volto di Fabrizio Bentivoglio) ci sono molte assonanze. A cominciare dal rispettivo rapporto con la vecchiaia e con le nuove generazioni. Il ritorno di Casanova, presentato al Bif&st 2023, è liberamente tratto dal romanzo di Arthur Schnitzler, ed è scritto da Salvatores insieme a Umberto Contarello e Sara Mosetti.
In occasione dell'uscita, il film è in sala dal 30 marzo, abbiamo chiacchierato con il regista, che in apertura della nostra video intervista ci ha spiegato quanto oggi sia tutto a portata di "fenomeno". Uno spunto che arriva dal dualismo disegnato nel film, ossia quello tra Leo Bernardi e un giovane regista (Marco Bonadei), entrambi sfidanti in una fantomatica Mostra del Cinema di Venezia. "Toni Servillo nel film lo dice: questa è la fine di ogni gerarchia! Viviamo in una società che spettacolarizza tutto. Poi ci sono musicisti che fanno un disco meraviglioso al loro primo lavoro, o i registi al primo film... Detto questo, il futuro è di chi è giovane. La gioventù è rivoluzionaria come il rock'n'roll. Ogni generazione ha dei problemi, ma ha anche portato cambiamenti. E spero che i ragazzi non perdano l'utopia e il sogno di cambiare il mondo, o almeno cambiare qualcosa", racconta Gabriele Salvatores.
Il ritorno di Casanova: la video intervista a Gabriele Salvatores
Se oggi si mitizza qualsiasi cosa, è anche vero che nel dibattito cinefilo imperversa un tema: ma è vero che i film durano troppo? La riflessione, tra l'altro, si sposa con il concetto di tempo messo in modo da Il ritorno di Casanova. "Dobbiamo rallentare", prosegue il regista "Forse non è una cosa popolare, ma sto leggendo cose assurde... fare partite di calcio in diagonale, soffermandosi solo sul gol o sull'azione spettacolare. Viviamo in una società veloce ed interattiva. Ecco perché il cinema da noi è un po' in crisi, perché ti spinge a mantenere interattiva solo la mente e il cuore. Questa è una esigenza da riscoprire: dobbiamo rallentare. Magari non tutti sono d'accordo, ma la penso così..."
"I premi? Come le candele..."
Il ritorno di Casanova è un film denso eppure conciso, luminoso eppure avvolto da una coltre di sfuggente oscurità. Un gioco di montaggio nel montaggio, poi, si sofferma sulla post-produzione del Casanova, e le immagini a colori del film stesso. E all'inizio c'è un bel parallelo, tra i premi e una candela che brucia "Sì, all'inizio c'è una candela, che fa luce... ma la cera brucia sulle mani e finisce. I premi, a volte, sono come le gocce di cera calda sulle mani. E non bisogna dare loro troppa importanza: se la luce si spegne non è un problema", confida il regista che, in chiusura dell'intervista, ricorda l'emozionante esperienza di girare a Venezia, all'alba: "Venezia è molto contaminata. Abbiamo girato di fretta, provando di notte. Sfruttando la luce dell'alba, senza persone. Sullo sfondo c'erano due o tre vaporetti, che abbiamo cancellato in post-produzione. Per il resto non c'è ritocco. Quella è la luce reale".