Il Roma Independent Film Festival (RIFF), giunto quest'anno all'ottava edizione, continua a proporre un programma piuttosto variegato che assembla lungometraggi di finzione, documentari, cortometraggi, piccoli eventi musicali, tutto secondo uno spirito che intende privilegiare le più coraggiose produzioni indipendenti realizzate a livello italiano e internazionale. La grande novità del 2009 ha riguardato la location principale del festival, scelta con indubbia coerenza: al Nuovo Cinema Aquila, situato nella cornice sempre più dinamica e vivace del Pigneto, va senz'altro la palma della sala che più attivamente a Roma si sta impegnando per sostenere e dare visibilità alle piccole produzioni nostrane.
Ed è al Nuovo Cinema Aquila che il festival ha preso letteralmente il largo. Lo ha fatto venerdì 20 marzo con un evento attesissimo da tutti gli amanti del mare (e del cinema, ovviamente), lo splendido documentario realizzato da Francesco Del Grosso e Daniele Guarnera sulle particolari scelte di vita di chi ha deciso di affontare il mare in navigazione solitaria. Stretti al vento, questo il titolo del documentario, raccoglie con notevole brio esperienze, ricordi, battute, aneddoti di personaggi che hanno raggiunto una certa popolarità, vedi il caso di Giovanni Soldini, come anche di altri velisti accomunati dalla passione per sfide di dimensioni oceaniche. La sfida vinta a mani basse da Del Grosso e Guarnera consiste invece nell'aver costruito un film in grado di irretire gli spettatori col singolare racconto di tali avventure, coagulando passione e humour in un prodotto della durata di oltre 90 minuti, reso avvincente dal ritmo del montaggo e dalle belle musiche di Massimiliano Bonomo. Pescando invece tra i lungometraggi di fiction una nota di merito può andare tranquillamente all'originale e coloratissima commedia delle esordienti sorelle Barbara e Monica Sgambellone, Tutti intorno a Linda, con protagonista una giovane attrice (la graziosa e spiritosissima Maria Victoria di Pace è una autentica rivelazione nel ruolo) precaria sia a livello lavorativo che soprattutto a livello affettivo, nonché minata da una ipocondria che la spinge progressivamente verso scelte di vita esilaranti.
Un discorso a parte è quanto si merita Narciso di Marcello e Dario Baldi, premiato non senza polemiche come Miglior Lungometraggio Italiano. Difficile rapportarsi emotivamente a tale decisione, perchè il film si trascina dietro una scia di vicende extra-filmiche di timbro assai differente. Da un lato le piccole imperfezioni tecniche a livello di riprese e di montaggio hanno una spiegazione che è piuttosto commovente: il figlio Dario ha portato a termine l'opera iniziata dal padre Marcello, perchè l'anziano Marcello Baldi è morto proprio durante la realizzazione di Narciso. E nonostante la disgraziata circostanza il film, ambientato in un Trentino che sembra quasi fare il verso a Il vento fa il suo giro quando descrive l'ostilità dei montanari ai nuovi arrivati, rappresentanti di una diversa cultura, riesce a toccare il cuore dello spettatore con la sua umanità. Complice anche un magnifico Roberto Herlitzka, ovviamente, capace di scolpire ogni sfumatura del tenero e ostinato Narciso, anziano un po' restio al nuovo ma memore del suo passato di alpino, di partigiano, tanto da distinguersi dalle reazioni più grette dei compaesani. Fin qui tutto bene, volendo, ma occorre riferire di un episodio che getta ombe inquietanti sulla giustezza del premio: la sera della proiezione gran parte del cast ha contestato pubblicamente il produttore Paolo Ghezzi e la sua società, presentando prove assai concrete del fatto che costui non intenda pagarli e che abbia assunto col tempo un atteggiamento arrogante, negandosi al telefono o rispondendo con messaggi tesi a sbeffeggiare, insultare, minimizzare le ragioni degli interlocutori. Probabilmente sarà un contesto giudiziario a dirimere la contesa sorta tra il produttore e la sua troupe, certo è che i modi strafottenti esibiti da Ghezzi in sala, di fronte alla pur legittima contestazione, non sono parsi ai più il modo ideale di ricordare lo scomparso Marcello Baldi. Tant'è che il sempre signorile Herlitzka ha preferito cambiare posto e andarsi a sedere accanto ai membri ribelli del cast, ricevendo così un meritatissimo applauso.
Finora abbiamo parlato soprattutto di cinema italiano, lasciando per ultime le nostre impressioni sul film che al RIFF ha vinto il premio più importante, Hunger di Steve McQueen. Ciò si può giustificare solo col fatto che questa straziante ricostruzione del sacrificio di Bobby Sands e compagni nelle carceri di Sua Maestà Britannica (e di una arcigna Margaret Tatcher, perfidamente citata nel film da una voce fuori campo) ha già ricevuto una miriade di riconoscimenti a livello internazionale. Da parte nostra ci limitiamo a dire che la sconvolgente fisicità di ogni inquadratura, le coraggiose scelte di regia, la necessaria crudezza del racconto, pongono veramente Hunger al di sopra di ogni altra cosa vista al festival.
Del resto altre scelte dei selezionatori hanno lasciato qualche perplessità, a partire da Crossing Date di Anca Damian, forse il più brutto film visto in questi anni di una cinematografia altresì sorprendente come quella rumena, fino a Blood Brothers dell'olandese Arno Dierickx; il suo lungometraggio è parso troppo leccato e statico rispetto all'episodio di cronaca (purtroppo vero!) che racconta, incentrato su un omicidio compiuto nei Paesi Bassi da giovani benestanti acuni decenni fa, da cui un caso giudiziario che fece scalpore.