Recensione Terra Madre (2009)

Terra Madre svela fin da subito la propria natura di opera politica e, come tale, persegue ostinatamente le proprie teorie selezionando singoli casi particolarmente significativi per poi estendere il discorso a una dimensione universale in cui si auspichi un ritorno alla natura e a una produzione alimentare sostenibile.

Il respiro della terra

"Vivere con meno sarà il nuovo Rinascimento". Questo il motto del regista Ermanno Olmi che, col suo Terra Madre, guida la sparuta pattuglia italiana presente alla Berlinale. Il maestro Olmi ha accettato la proposta di dirigere un documentario dedicato al meeting internazionale organizzato da Slow Food che si è tenuto a Torino dal 26 al 30 ottobre 2006 e ne ha approfittato per proseguire con grande coerenza un discorso intrapreso più di trent'anni fa con L'albero degli zoccoli, capolavoro dedicato al mondo contadino. I tempi sono cambiati e un melting pot internazionale e interrazziale ha sostituito la ristretta comunità dei mezzadri della bassa bergamasca, ma alla resa dei conti i valori da applicare nel mondo della produzione alimentare, così come negli altri ambiti, restano sempre gli stessi. La risposta di Olmi alla globalizzazione alimentare imperante nella società dello spreco, i cui prodotti sono da un lato i ragazzini obesi dell'America opulenta e dall'altro i bambini scheletrici dell'Africa, è la pratica dell'economia locale. E' possibile un ritorno a un sistema agricolo ecocompatibile e a misura d'uomo? Olmi aderisce entusiasticamente a questa ipotesi senza mostrare tentennamenti di sorta e costruisce un lavoro a tesi che illustri il percorso da seguire per sfuggire alla crisi finanziaria che attanaglia la società contemporanea e ai mali dell'inquinamento. Coi disastri causati da forme di sfruttamento economico, industriale e agricolo dissennato il nostro pianeta non può essere recuperato con progetti a breve termine, ma il ritorno a tecnologie ecocompatibili e a un'agricoltura che rispetti i cicli naturali della terra potrebbe restituire un mondo parzialmente risanato alle nuove generazioni.

Partendo dagli interventi del convegno torinese, Terra Madre svela fin da subito la sua natura di opera politica e, come tale, persegue pedissequamente le proprie teorie selezionando singoli casi particolarmente significativi per poi estendere il discorso a una dimensione universalistica. Così lo spettatore viene a conoscenza del depauperamento della terra a causa delle colture intensive o della drammatica situazione del subcontinente indiano dove l'introduzione delle sementi geneticamente modificate ha costretto i piccoli agricoltori a un pesante indebitamento culminato nella perdita dei beni e, in molti casi, addirittura al suicidio. Le condizioni globali in cui versa attualmente il pianeta sono decisamente gravi e le responsabilità individuali degli uomini immersi in una società che ha adottato uno stile di vita teso all'eccesso saltano immediatamente all'occhio, ma Olmi, più che puntare il dito sulle negatività, preferisce tracciare un percorso che rappresenti una possibile soluzione. La ricetta ai mali che vessano la società contemporanea esiste ed è contenuta nel poetico racconto di un falegname dell'Italia settentrionale che ha vissuto per trentacinque anni consumando unicamente i prodotti della propria terra. Senza arrivare a questo caso estremo esistono mille possibili percorsi da seguire, come nel caso della coltivazione degli orti biologici intrapresa per scommessa da un gruppo di studenti di un'università americana e subito imitata da altri atenei.
Ecco che allora l'intento che Terra Madre si pone è subito chiaro. L'opera di Olmi aspira a guidare gli uomini verso il rinnovo dell'eterna alleanza con la natura, un'alleanza che non prevede barriere linguistiche, ideologiche, religiose e politiche, ma che oggi è stata messa in disparte in favore del profitto ad ogni costo. La parola d'ordine deve tornare ad essere produzione alimentare sostenibile. A supporto di una tesi così idealistica, e allo stesso tempo concreta, il maestro bergamasco costruisce un'opera fatta di interviste ai membri della società contadina contemporanea alternate a immagini di repertorio dedicate al mondo agricolo e animale. L'uso dei dettagli naturalistici accostati l'un l'altro grazie a un raffinato montaggio che ci restituisce una visione quasi panteistica della natura ci guida alla scoperta di un universo del quale l'uomo moderno sembra essersi dimenticato. Olmi prova allora a ricordarci come ogni essere vivente ad eccezione dell'uomo che, spesso, col suo comportamento smodato e irrazionale saccheggia il mondo naturale per il proprio interesse economico, contribuisca alla salvaguardia dell'ecosistema e che ogni possibile cambiamento deve prima passare dai comportamenti degli individui. Solo così vi sarà una possibilità di risoluzione dei mille problemi in cui versa la nostra società. Nell'ultima parte di Terra Madre il lirismo si fa quasi assoluto e la musica sapientemente accostata alle suggestive immagini cede il passo a un audio ambiente fatto di lunghi silenzi interrotti dai mille suoni della natura, dal nitrito dei cavalli e dal canto incessante delle cicale fino al rumore del vento tra le fronde, che accompagnano un anziano contadino impegnato nella semina. A fargli compagnia un bambino, simbolo della speranza che il regista continua a nutrire nel Rinascimento di una nuova umanità.

Movieplayer.it

3.0/5