Il suo The Fighters - Addestramento di vita, nel titolo originale Les Combattents, presentato al Festival di Cannes nel 2014 all'interno della Quinzaine ,era stato tra i migliori debutti alla regia di sempre per il cinema francese. Tre César e quasi una decina di anni dopo, Thomas Cailley è tornato a Cannes, nel maggio scorso, ad aprire Un Certain Regard con la sua opera seconda, completamente diversa dal suo primo lavoro: The Animal Kingdom.
Presentato in anteprima italiana festivaliera, al 41° Torino Film Festival, dopo il passaggio a Cannes 2023, il film racconta un futuro molto vicino dove gli esseri umani, a causa di un virus, si stanno trasformando lentamente in creature animali di diverse specie. Protagonisti nel ruolo di una padre e un figlio, un'istituzione del cinema francese Romain Duris e una promessa già totalmente mantenuta Paul Kircher, apprezzatissimo in Winter Boy - Le Lycéen, scritto e diretto da Christophe Honoré.
In occasione dell'arrivo in sala con I Wonder Pictures, abbiamo intervistato Thomas Cailley per farci guidare sulla genesi del film, la sua scelta di un genere (o un mix di generi) così differente dal debutto e l'approccio agli effetti visivi e digitali.
The Animal Kingdom: Rifiutare la distopia
La scrittura di The Animal Kingdom è iniziata negli ultimi mesi del 2019 con la pandemia sull'orlo di scoppiare, a confermare già l'idea che il film dovesse raccontare il cambiamento che, ci piaccia o no, il clima, il mondo sta subendo. Cailley mostra come le "mutazioni" derivanti da questa malattia che coinvolge la società tutta, stiano loro malgrado diventando la nuova normalità. Questo concetto è alla base della decisione di non ambientare il film in un futuro distopico ma in un futuro vicino, concreto, il quasi qui ed ora: "Volevo innanzitutto creare con lo spettatore un legame diretto con le storie dei protagonisti delle storie in modo da generare un processo di identificazione veloce, cosa che sarebbe stata impossibile, ambientando la storia in un futuro distopico. L'elemento fantastico sarebbe stato più spinto e quindi avrebbe sviluppato un'astrazione da parte del pubblico" - precisa Cailley e aggiunge: "Questa scelta ha consentito un trattamento molto più realistico della questione della mutazione, rendendola molto tattile, materica".
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Raccontare la mutazione
Non volendo fare un film fantastico, un vero e proprio sci-fi ma puntando ad una dimensione realistica, Cailley ci mette di fronte alla mutazione nella situazione più "normale" che possa esistere in una metropoli: mentre François (Romain Duris) e suo figlio 16enne Emile (Paul Kircher) chiacchierano e discutono bloccati nel traffico di Parigi, assistono alla ribellione di una di questi mutanti con le forze dell'ordine, mentre intorno a loro, la gente non si scompone più di tanto, commentando sull'assurdità dei tempi odierni. Per tenere fede a questo realismo, della sua scelta degli effetti visivi Cailley rivela: "La prima scelta che abbiamo fatto è quella di trattare la mutazione sotto un profilo scientifico e biologico. Se l'avessimo immaginata in uno stile fantastico, la rapidità sarebbe stata la caratteristica, tipo come quando l'uomo si trasforma il lupo mannaro appena guarda la luna piena. Mentre qui volevamo mostrare che la mutazione, la trasformazione del corpo, avviene sull'arco di due anni e quindi abbiamo privilegiato un realismo alla spettacolarità". Approfondisce poi la parte più tecnica: "gli attori sono sempre stati davanti alla macchina da presa, gli effetti sono stati realizzati con trucchi, protesi, effetti sul set e poi in post produzione sempre su sfondo reale. Non è stata usata né motion capture né green screen quindi inevitabilmente la macchina da presa non poteva ruotare a 360° in stile Marvel ma doveva restare molto più attaccata alla realtà".
Un film d'avventura
Gli elementi fantastici del film fanno da semplice base o spunto per poi invece mostrare come The Animal Kingdom giochi con i generi e si concentri in particolare sia sull'analizzare e declinare gioie e dolori del rapporto padre-figlio ma anche le difficoltà del crescere e diventare adulti. L'opera seconda di Thomas Cailley, è infatti, grazie all'arco narrativo che percorre il personaggio di Paul Kircher, anche ed a volte prevalentemente, racconto di formazione. Del mix di generi che è il suo film Cailley dice: "Direi che è un film che attraversa più generi, il coming of age, il dramma familiare, un storia di trasmissione generazionale, un film fantastico ma possiamo riassumere tutti questi aspetti nella definizione di "film d'avventura: abbiamo una società che cambia, dei personaggi che devono superare una serie di ostacoli e che scoprono delle nuove realtà".