Un film. Un fumetto. Un concorso per talenti musicali under 25. Un romanzo. Un progetto transmediale inedito per l'industria italiana. Solo un autore come Gabriele Salvatores era in grado di imbarcarsi in un'impresa così innovativa, lui che ha guardato in direzione del fantasy in tempi non sospetti. E il suo gusto per le sfide lo ha spinto a tuffarsi nel progetto Il ragazzo invisibile, culminato in un film di supereroi made in Italy. Una rarità assoluta. E quale piattaforma di lancio migliore di Lucca Comics & Games, che al regista siciliano e al suo nuovo lavoro ha dedicato un evento di due giorni in cui sono stati presentati i tre albi che vanno a comporre la graphic novel, uscita per Panini, e il film, che arriverà in sala il 18 dicembre con 01 Distribution. Sul palco di Lucca insieme a Salvatores sono saliti anche i tre vincitori del concorso 'Una canzone per il ragazzo invisibile', Luca Benedetto, Marialuna Cipolla e i Carillon, per eseguire i brani risultati vincenti e incorporati nella pellicola.
"Un film nato in simbiosi con un fumetto è un esperimento quasi unico in Italia" ci racconta Gabriele Salvarores. "L'idea è venuta al produttore di Indigo Nicola Giuliano, che voleva unire generazioni diverse in un unico progetto. Voleva fare qualcosa che piacesse ai suoi figli, ma al tempo stesso intrigasse gli adulti. Gli autori italiani sono sempre sospettosi nei confronti del fantastico perché la nostra tradizione culturale è il realismo. Manzoni e Verga. Ma se ci pensate l'Odissea è uno dei primi fantasy, è piena di supereroi. Da lì partono una serie di storie che si sono sviluppate fino ai giorni nostri. Essendo europei e avendo una visione del mondo molto particolare, abbiamo raccontato una storia di supereroi, ma abbiamo scelto un superpotere dell'anima come l'invisibilità. E' un potere che avrei voluto avere molte volte, anzi, da ragazzo ero convinto di essere invisibile perché non mi si filava nessuno".
Un regista col cuore di fanciullo
Vicino come pochi alle problematiche dell'adolescenza, dopo Io non ho paura Gabriele Salvatores torna a raccontare una storia adottando il punto di vista di un ragazzino. "Ludovico Girardello è stato scelto dopo un lungo casting. Abbiamo provinato più di 500 supereroi, ma ho capito che lui aveva una forza speciale. Il mio film è un action vero e proprio e prima delle riprese il cast è stato sottoposto a quattro mesi di preparazione fisica con un capo stuntman che collabora con Ridley Scott. Non ti lascia sbagliare, ha preparato le scene d'azione in modo puntiglioso. Ho visto gli attori appesi a dei cavi con corpetti che gli permettevano di volare; hanno imparato a correre, perché al cinema si corre in modo diverso, e a cadere". Preparazione necessaria per rendere credibile la trasformazione di un ragazzino qualunque in un personaggio dotato di straordinari poteri. "Il protagonista è un fan di Spiderman e proprio dalla sua fascinazione per i supereroi nasce tutta la storia. Il ragazzo invisibile è un film fantastico, ma ma anche un romanzo di formazione. Risente dell'influenza dei film d'avventura anni '80 e in esso risuona un sentimento comune negli adolescenti: la ricerca del proprio posto nel mondo. I supereroi hanno dei superproblemi, come sostiene Stan Lee. La grande invenzione della Marvel è stata la scelta di portare nei supereroi una dimensione umana, un carico di debolezze e responsabilità".
Un'estetica nuova
Proprio in virtù della natura action, ne Il ragazzo invisibile l'aspetto visivo è fondamentale. Senza avere a disposizione il budget di certi prodotti americani, lo sforzo per adeguare l'estetica a un immaginario forte è visibile fin dalle prime clip mostrate in esclusiva al pubblico lucchese. Le clip in questione sono tre: nella prima assistiamo alla scoperta dell'invisibilità da parte di Michele, il protagonista della vicenda che una mattina, mentre si lava i denti, si rende conto che lo specchio non restituisce più la sua immagine. La seconda clip, che ricorda certe atmosfere di X-Men: l'inizio e in particolare del flashback legato all'infanzia di Magneto nel campo di concentramento, ci permette di fare la conoscenza degli Speciali, esseri dotati di poteri generati da mutazioni dovute a fattori esterni che vengono rinchiusi in una prigione e sottoposti a test. Tutti gli speciali sono sterili tranne quelli che scopriremo essere i genitori naturali di Michele. Per salvare il neonato la coppia fugge dalla prigione e la madre, che ha il dono dell'invisibilità, si sacrifica per favorire la fuga del figlio. Nella terza clip vediamo Michele in una specie di piattaforma marina insieme a un vecchio e alla ragazzina di cui è invaghito. Di fronte alle provocazioni del vecchio, che tenta di controllarne la sua mente, scopriamo quali reazioni la rabbia inneschi nel ragazzo invisibile.
"Il cinema è visione, immagine" spiega Salvatores. "Non potevamo non curare questo aspetto al meglio delle nostre possibilità. Ho potuto lavorare come un direttore della fotografia di talento quale è Italo Petriccione e ho cercato di creare un'estetica nuova, visto che il genere del film di supereroi in Italia è qualcosa di inedito. L'invisibilità ci sembrava un potere più facile da rendere a livello visivo. Pensavamo di risparmiare, poi abbiamo scoperto che non è così. Gli effetti speciali migliori sono quelli che non si vedono. E' più facile mostrare un'astronave in 3D che esplode, tanto nessuno l'ha mai vista dal vivo, che far vedere una penna che scrive da sola. Abbiamo usato tutto ciò che avevamo a disposizione, da semplici trucchi alla Melies a scene ricostruite completamente in CGI. L'importante, però, era il contenuto Qualsiasi effetto speciale se non ha un cuore rimane un involucro".
Dal fumetto al film, dal film al fumetto
Con un'esperimento inedito nell'industria culturale italiana, la genesi de Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores è andata di pari passo con lo sviluppo del fumetto a cui hanno collaborato i tre sceneggiatori del film Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo e Alessandro Fabbri. Con loro sono stati coinvolti nel progetto tre disegnatori: Giuseppe Camuncoli, Werther Dell'Edera e Alessandro Vitti. Tre stili diversi, per raccontare una storia che si svolge su tre piani temporali. "Alcuni passaggi sono molto difficili. La speranza è che la storia venga capita" spiega Stefano Sardo "La linea temporale del presente - quella del film e del primo albo - è più leggera, meno cupa. Gli altri due albi hanno una marcata impronta noir, sia a livello tematico che visivo. Si pensi all'apertura in campo a lungo a Hong Kong. La dimensione supereroistica, nella graphic novel, è vissuta in modo molto drammatico e umano, mostrata ad altezza d'uomo per far percepire le scene al lettore in maniera molto più diretta". A giudicare dall'impostazione accennata, i disegnatori sono stati chiamati a fare un lavoro di tipo cinematografico. Anche le suggestioni alla base del look visivo vanno in questa direzione, a partire dal lavoro fotografico sulle tre copertine del fumetto, di cui esiste una doppia versione, una legata al film e l'altra ispirata a un'estetica anni '70, che richiama la composizione delle locandine di Star Wars. "Film e fumetto sono nati contemporaneamente. Mentre lavoravamo confrontavamo le inquadrature con gli sceneggiatori. Per questa ragione le due opere sono davvero vicine" racconta Salvatores. "La costruzione del fumetto è stata cinema puro e talvolta ne sono stato influenzato. Il fumetto non spoilera niente del film, perciò il mio consiglio è di leggerlo subito prima della visione, così da entrare nel mondo del ragazzo invisibile. Inoltre il 20 novembre arriverà un romanzo scritto a sei mani dai tre sceneggiatori che amplia ulteriormente l'universo narrato nel film".
I giovani cantano il ragazzo invisibile
Come accennato, la quarta componente presente nel progetto è la musica che, già a giudicare dalle prime immagini mostrate, acquista un'importanza fondamentale nel progetto. Come spiega Salvatores "il concorso lanciato per trovare una canzone da inserire nella colonna sonora ha dato risultati insperati. Ci sono arrivate 450 canzoni. Di queste ne abbiamo scelte tre, ma è stata una scelta difficile perché il livello medio era molto alto. Dovremmo avere un po' più fiducia nei nostri giovani. Tante canzoni non aveva niente da invidiare alle produzioni inglesi, ma noi abbiamo scelto le tre che si adattavano meglio alle mie immagini. Le musiche sono composte da Ezio Bosso, con cui ho già lavorato per Io non ho paura, e dal lucchese Federico De Robertis, autore anche di Invisible Boy, che accompagna i titoli di coda. Abbiamo registrato con due orchestre importanti, a Budapest con l'Orchestra Nazionale Ungherese e a Londra con la London Symphony Orchestra. Abbiamo registrato a Abbey Road e ho potuto mettere le mani sul piano di Let It Be. Per me è stato meglio che vincere l'Oscar". Parlando di location, il regista spiega che l'atmosfera suggestiva presente nelle immagini del film è dovuta alla scelta di girare a Trieste, "città surreale di cui abbiamo sfruttato il mare e alcuni scorci caratteristici. Ad esempio la base degli Speciali l'abbiamo posta in una strana chiatta su cui si trova la Torre Ursus. La città è stata presente in ogni frammento di ripresa, anche la sua bora, che a volte ci ha costretto a fare attenzione per evitare incidenti. In Italia non si fanno fantasy e non si fanno film per ragazzi. Noi vogliamo provare a cambiare le cose. Il mio film dovrebbe unire le generazioni e, se andrà bene, abbiamo già pronto il secondo capitolo. Però, dopo Educazione siberiana e Trieste, stavolta il sequel lo girerò in Marocco perché del freddo non ne posso più".