Scritta da Andrew Davies e diretta da Mira Nair, Il ragazzo giusto è una miniserie televisiva britannica divisa in sei episodi e basata sul romanzo di Vikram Seth A Suitable Boy. Sbarcato sulla BBC a luglio di quest'anno, l'attesissimo show debutta sulla piattaforma di streaming Netflix il 23 ottobre 2020 per farci fare un tuffo nell'India post-coloniale, un periodo di grande rinnovamento per il Paese. Come vedremo nella nostra recensione de Il ragazzo giusto, infatti, la serie vuole mostrare uno spaccato della realtà indiana del 1951 mentre segue le vicissitudini dei suoi protagonisti, tra drammi familiari, questioni amorose e tensioni sociali.
La trama
Nord dell'India, 1951. Dopo il matrimonio combinato della sorella Savita, Lata Mehra (Tanya Maniktala), una giovane studentessa universitaria di Brahmpur, inizia a subire le pressioni della madre Rupa che vorrebbe vederla sistemata, scegliendo per lei il ragazzo giusto da sposare. La ragazza, però, non ne vuole sapere di sottostare a una tradizione per lei così antiquata e inizia a frequentare Kabir (Danesh Razvi), uno studente di storia conosciuto in ateneo. Tra i due nasce subito una forte intesa, fino a quando Lata non scopre che il ragazzo è mussulmano, appartenenza religiosa considerata inaccettabile per la sua famiglia. Parallelamente vengono mostrate le vicissitudini della famiglia Kapoor: Mahesh Kapoor è il ministro delle finanze nel governo del Purva Pradesh mentre Maan (Ishaan Khattar), suo figlio, instaura una relazione con Saaeda Bai (Tabu), cantante e cortigiana molto più matura di lui.
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L'India post-coloniale e le sue contraddizioni
Quello che ci viene presentato ne Il ragazzo giusto, è un momento estremamente delicato per l'India: nel 1951, infatti, la nazione si prepara alle sue prime elezioni democratiche, pochi anni dopo aver conquistato la sua indipendenza dal dominio britannico. Un periodo che, da un lato, strizza l'occhio al cambiamento e alle riforme, dall'altro rimane fortemente ancorato alle sue usanze. Questo dualismo non fa altro che esasperare il gap generazionale, provocando enormi fratture tra le famiglie tradizionaliste e i giovani come Lata e Maan che vorrebbero poter scegliere liberamente la propria strada. Anche l'ordine sociale risente, però, di questa dicotomia; in una società apparentemente ordinata (la divisione in caste) e tollerante, le forze innovatrici spingono sotto la superficie creando forti tensioni sociali.
Lata Mehra come Elizabeth Bennet
Guardando i sei episodi de Il ragazzo giusto, è impossibile non fare un paragone fra Lata Mehra e l'eroina del romanzo di Jane Austen Orgoglio e Pregiudizio. Proprio come Elizabeth Bennet, anche la protagonista di questa miniserie respinge i continui tentativi della madre di trovarle marito, decisa a ritagliarsi un proprio spazio nel mondo e a compiere le proprie scelte liberamente. Non a caso, l'ideatore della serie Andrew Davies è stato anche sceneggiatore della miniserie del 1995 basata sull'omonimo romanzo della scrittrice britannica. Al contrario dell'eroina letteraria, però, Lata appare meno forte e incisiva, forse a causa di una debole caratterizzazione che, purtroppo, accomuna la maggior parte dei personaggi dello show.
Il ragazzo giusto non esiste
È possibile non riuscire a trovare il ragazzo giusto in un paese abitato da miliardi di persone? Non vogliamo ovviamente svelarvi il finale ma visti i viaggi in lungo e in largo di Rupa e della figlia Lata per trovare il fantomatico marito perfetto, la risposta sembrerebbe proprio sì. Quella della tolleranza, infatti, è esclusivamente una facciata e la madre opera una spietata selezione basata non solo sulla religione e lo status sociale ma anche su canoni frivoli come l'altezza e il colore della pelle. Ad ogni modo, l'attenta cernita dell'instancabile Rupa, unico personaggio veramente ben caratterizzato, rappresenta forse il solo elemento leggero della narrazione, per il resto molto incentrata sulla descrizione delle dinamiche sociali.
Conclusioni
Come avrete potuto capire dalla nostra recensione de Il ragazzo giusto, la miniserie fornisce un ritratto sincero e accurato dell'India del 1951, tra tensioni sociali e processi di cambiamento. La narrazione scorrevole e la fotografia coinvolgente rendono molto piacevole la visione dei sei episodi dello show, nonostante i personaggi non siano caratterizzati sempre al meglio.
Perché ci piace
- Contesto storico-culturale ben approfondito.
- Fotografia coinvolgente.
Cosa non va
- Debole caratterizzazione dei personaggi.