Dopo Razzabastarda, ispirato al suo spettacolo teatrale Roman e il suo cucciolo, e il documentario Torn - Strappati, realizzato in collaborazione con l'UNHCR, Alessandro Gassmann torna alla regia con Il premio. Nel film, che ha più volte definito un tributo al padre, il grande Vittorio Gassman, l'attore romano interpreta Oreste, il figlio del celebre scrittore Giovanni Passamonte (Gigi Proietti) che insieme all'allegra compagnia del fedelissimo assistente Rinaldo (Rocco Papaleo) e alla sorella Lucrezia (Anna Foglietta) accompagnerà a ritirare il premio Nobel per la letteratura. Se Oreste è un personaggio un po' scanzonato, sotto lo schiaffo di una moglie autoritaria e incapace di comunicare il proprio affetto al figlio Andrea (Marco Zitelli), Lucrezia è una donna estremamente estroversa con la fissa per i blog, i social e i suoi followers mentre Rinaldo subisce il fascino del leggendario scrittore per il quale ha rinunciato perfino ad avere una propria vita sentimentale. Quanto a lui, Passamonte, è un uomo di poche ma irrinunciabili parole, rispettato e amato di tutti, di grande talento e magnanimità.
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Promesse disattese
Era un film molto atteso Il premio e non perché Gassmann abbia finora dimostrato grandi doti alla regia ma perché per la prima volta si inoltrava in un campo privato. Contrariamente alle aspettative, il risultato è un film piuttosto mediocre a causa di una sceneggiatura alla base di una trama inconcludente e di personaggi mai all'altezza dell'ambizione con la quale sono stati creati. Si prenda ad esempio Passamonte, scrittore amato a furor di popolo che dovrebbe richiamare la figura del grande Vittorio Gassmann. Sebbene Gigi Proietti non deluda, il personaggio non risulta in fin dei conti così autorevole o fascinoso come il tono reverenziale che il resto della ciurma gli riserva vorrebbe suggerire. Anche quando si esprime sul "successo come una droga", scherza su "un disoccupato in meno che si improvvisa scrittore" o medita una sorprendente uscita di scena si scontra con i limiti di un copione incapace di restituire quella saggezza che regista e sceneggiatori vorrebbero forzatamente ascrivergli. Anche a livello recitativo non sempre le performance sono convincenti, Gassmann ha certamente offerto prove migliori di questa, Papaleo ricalca personaggi già interpretati in precedenza e la Foglietta risente del tono troppo caricaturale della sua Lucrezia.
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Il finale moralizzatore
Pur cogliendo le intenzioni che erano alla base di questo progetto non possiamo fare a meno di notare come esse non siano state tramutate in un progetto che possa minimamente giustificare l'investimento dei Lucisano e di Vision Distribution. Il film è infatti girato tra il Nord Italia, la Danimarca, l'Austria e la Svezia, spostamenti che avranno certamente richiesto una bella somma. L'errore rimane quello di continuare a puntare sui personaggi e mai sulla sceneggiatura. Quella de Il premio, a detta di Proietti, avrebbe avuto più versioni. Quella definitiva non convince. Discutibile, in particolare, l'apporto di Massimiliano Bruno, che compie la stessa operazione che ripete da anni nei suoi film: prima li condisce di volgarità e poi sfocia in un finale prevedibile e fintamente buonista. Il discorso finale di Passamonte durante la cerimonia di assegnazione del Premio Nobel è parente stretto di quello dell'ex ministro interpretato da Michele Placido in Viva l'Italia. Una comicità prevedibile e dalle poche pretese al servizio di un film mai esaltante o sinceramente commovente e ben poco ispirato.
Movieplayer.it
2.0/5