Rai 1 torna a fare servizio pubblico mettendo in scena un pezzo importante e doloroso della storia italiana. Il nostro generale racconta infatti quella porzione di vita di Carlo Alberto dalla Chiesa che va dal 1973 al 1982, anno della strage di via Carini in cui il generale rimane ucciso in un attentato di mafia. Quello che rende però la serie diversa dalle altre è il modo in cui i fatti e il protagonista vengono raccontati, ovvero ad opera dei suoi collaboratori più stretti, affidando alla voce narrante di un suo uomo fidato il compito di introdurre lo spettatore alle vicende, fornendo anche importanti informazioni sul contento socio politico di un'Italia degli anni settanta flagellata da gruppi criminali organizzati come le Brigate Rosse e le associazioni mafiose.
Le ultime due puntate saranno in onda il 16 e il 17 gennaio 2023, sempre in prima serata e per l'occasione vi raccontiamo questa serie con le parole di chi l'ha realizzata. Il regista Lucio Pellegrini, Sergio Castellitto, Teresa Saponangelo e Rita dalla Chiesa durante una conferenza hanno portato alla luce il motivo per il quale è importante realizzare serie come queste, produzioni che permettono a tutti di non dimenticare delle pagine di storia importanti per il nostro paese.
Gli intenti della regia
Lucio Pellegrini, regista di una parte degli episodi, ha raccontato così la sua scelta di dirigere una serie tanto importante: "La cosa che più mi ha colpito è che qui c'era l'opportunità di raccontare 10 anni di questa storia incredibile, di questa guerra civile e volevo restituire quella sensazione di tensione e paura che provavamo, io vivevo nel triangolo industriale che abbiamo raccontato. Poi nel mio lavoro di messa in scena ho provato a dare calore alle scene familiari, volevo ricreare la normalità in una situazione di tensione ma, anche nel rappresentare i ragazzi del nucleo, volevo sottolineare l'umanità. Il mio obiettivo era anche conferire un senso di realtà molto forte: abbiamo girato nei luoghi reali e questo ci ha permesso una forma di approccio emozionale molto intenso che spero possa essere condiviso col pubblico."
Interpretare Carlo Alberto dalla Chiesa
Per Sergio Castellitto ricoprire il ruolo del generale dalla Chiesa è stata di sicuro una sfida, la sua interpretazione accorta e misurata è in grado di restituire al pubblico una figura vera, mai artificiosa: "È molto difficile parlare del proprio lavoro facendone esegesi, specialmente davanti alla storia di quest'uomo e soprattutto in presenza dei figli. Tutta questa storia, le vicende e il processo di storicizzazione è impossibile, perché l'inchiesta è ancora aperta. Noi non riusciamo ad archiviare questi fatti con un'analisi fredda perché il dolore è ancora vivo, i fatti sono ancora vivi. Dalla Chiesa è un uomo che ha vissuto tutta la vita con un'uniforma addosso ma è un uomo di pace, lui dice di aver vissuto sempre in guerra, dalla resistenza fino alla lotta alle brigate rosse. Un uomo di pace che ha fatto ciò che ha fatto perché legato a dei sentimenti." L'attore ha poi aggiunto: "Questo lo chiamo film perché io faccio solo film (dice sorridendo), le parole serie e episodi non mi piacciono."
Il ricordo di Rita e Nando dalla Chiesa
Ad essere presenti alla conferenza anche Rita e Nando dalla Chiesa, figli del generale, che hanno raccontato cosa per loro ha significato questa serie. Rita dalla Chiesa, in una lunga dichiarazione al limite della commozione ha parlato di suo padre, della figura di sua madre e di quegli uomini che costituivano la squadra antiterrorismo: "Noi tre fratelli abbiamo avuto un padre presente e mia madre ha avuto vicino un marito che, anche se per motivi di lavoro non poteva esserci fisicamente, era sempre lì per lei ed era di lei innamoratissimo. Teresa Saponangelo l'ha egregiamente interpretata, lei compare poco nella narrazione ma è stata il fulcro della sua vita, era la sua cassaforte, a lei raccontava ogni suo dubbio e perplessità. Mia madre incamerava tutto ma con noi non faceva parola, aveva costruito intorno a se questo mondo di affetti che erano suo marito e i tre figli. Mi riesce difficile parlare di papà così, ricordo la sua lealtà e il suo affetto, la sua trasparenza e lil suo modo di agire, l'amore infinito che aveva per i ragazzi del suo nucleo che per lui erano come dei figli. Patrizio Peci, brigatista, voleva parlare solo con mio padre, anche con lui aveva un rapporto di padre e figlio. Primo o poi nella mia vita lui lo vorrei incontrare per capire anche io e ringraziare un ragazzo che comunque si è fidato di mio padre. Loro erano ragazzi proprio come i carabinieri del nucleo operativo che li combattevano, avevano solo scelto il modo sbagliato di agire affossando la democrazia."
Anche Nando dalla Chiesa ha speso qualche parola per far capire al pubblico chi fosse suo padre: "Mio padre è stato un uomo delle istituzioni, lui non mi ha mai insegnato la costituzione, non mi ha mai letto un articolo, ma me l'ha insegnata con i fatti."