"Francesca, mica ti sarai pentita che ti abbiamo convinto a fare questa cosa?". Così Paolo Virzì, improvvisato moderatore dell'affollata conferenza stampa che ha seguito la presentazione de Il nome del figlio, apostrofa divertito la regista Francesca Archibugi. Romana, classe '61, la Archibugi torna al cinema dopo sette anni dal suo ultimo lavoro Questione di cuore, con il remake del fortunato e divertente film francese Cena tra amici.
"Avevamo chiesto a Francesca - continua Virzì, che con la sua Motorino Amaranto ha co-prodotto il film - di trasformare questa commedia francese che ci piaceva molto, in quello che lei avrebbe voluto e ci tenevamo tanto che lei si potesse divertire". Si percepisce che il coinvolgimento di Virzì va al di là del ruolo di produttore associato: la sensazione è che il progetto sia stato fortemente voluto da tutti quelli che hanno collaborato alla sua realizzazione, da Fabrizio Donvito, Marco Cohen e Benedetto Habib di Indiana Production, fino al fondamentale apporto di Andrea Occhipinti e della Lucky Red. "Sono contentissima di aver fatto questo film - risponde infatti la regista - e sarò grata per sempre a te, a Marco e a Francesco Piccolo (che con Archibugi firma la sceneggiatura) che mi avete spinto a farlo, ad alzarmi da quel divano e a rimettermi al lavoro. La mia vita somiglia molto a questo film in effetti, una vita dove i legami e le amicizie hanno un valore, e per quanto possiamo essere tormentati, questi ci illuminano sempre".
Un film di attori e per gli attori
Un testo teatrale, prima ancora che un film, e proprio la pièce teatrale Le prénom prima ancora che la sua trasposizione cinematografica, è stato il punto di partenza per questa versione nostrana: quella che potrebbe essere la solita cena tra amici che prende invece una piega inaspettata e sconvolgente, una storia che ha stimolato gli autori, primo tra tutti lo sceneggiatore Francesco Piccolo: "Cena tra amici dava ampie possibilità di migrazione e adattamento ad un contesto il più vicino possibile al nostro, e di poter trasformare i singoli personaggi ognuno in una tipologia di italiano, qualcuno che conosciamo o che magari siamo senza rendercene conto, che ci permetteva insomma di poter parlare di noi, con un pizzico di cattiveria ma anche con tanta tenerezza". Un film di attori dunque, e per gli attori: "Cinque personaggi cartacei - dice Archibugi - che ho immerso dentro il cuore e il corpo delle cinque persone che li interpretano".
L'alchimia tra regista e attori e tra gli attori stessi è fondamentale in un classico film corale da interni come questo, e le dichiarazioni d'amore reciproche tra Francesca Archibugi e il suo cast lasciano intendere che l'empatia sul set sia stata totale. "E' stato come un viaggio transoceanico, siamo stati come l'equipaggio di una nave - dice la regista - avevamo poche settimane di riprese, e abbiamo aggiunto settimane di prove ma direttamente sul set come se stessimo già girando. Siamo stati pignoli e meticolosi su ogni cosa, per poi lasciare liberi gli attori di improvvisare". Improvvisazione e istinto dunque, ma solo partendo dal lavoro e dalla tecnica, un film di personaggi prima ancora che di situazioni, dove il concetto di direzione degli attori viene rovesciato con il tentativo della regista di farsi invece dirigere dagli attori. "Ognuno di loro è anche un regista bravissimo di se stesso, tranne forse Micaela che ancora piccola - dice la Archibugi con affetto - ed in questo film si riesce ad uniformare il tono recitativo di tutti gli attori, cosa che non riesce quasi mai nei film corali". Andiamo allora a scoprire questi cinque personaggi, facendoceli direttamente raccontare dagli attori che li hanno interpretati.
Paolo, Sandro e Claudio
Quella dei membri della famiglia Pontecorvo e dei loro amici di sempre è un identità che si rivela man mano nell'arco di una cena, costruita tra presente e passato, tra cambiamenti e nostalgia. Ad Alessandro Gassman abbiamo chiesto se ha ritrovato qualcosa di lui nel suo Paolo: "In realtà questo personaggio rappresenta secondo me il prototipo dell'individuo italico di oggi, una fetta molto ampia della gente che c'è in giro appartiene a questa categoria di furbetti un po' smargiassi. Ne vedo tanti per strada, e li riconosco subito, e per me sono uno dei mali primari di questo paese, oltretutto non sai mai chi sono davvero e mi fanno paura". E rispetto alla sua crescita come attore drammatico sulle orme del padre, a cui è impossibile non fare ogni volta riferimento, Alessandro commenta ironico: "Io compio cinquant'anni a febbraio, é semplicemente la mia lordosi che aumenta, e questo aiuta ad esprimere dolori e tormenti interni". Anche per Luigi Lo Cascio, il personaggio di Sandro, amico da sempre di Paolo e marito della sorella Betta, è qualcosa di molto lontano da lui: "Il mio personaggio è molto diverso da me, molto distratto, molto concentrato sulle sue cose, si racchiude in un'attività compulsiva che è quella di twittare in continuazione. Alienato, frustrato dai suoi insuccessi e dal fatto che le cose di cui si occupa non interessano a nessuno. É una forma di vendetta, invece di ammettere la sconfitta, si chiude in se stesso". Anche per lui un'esperienza memorabile quella con i colleghi: "Tra di noi è stato bellissimo stare insieme sin dal primo giorno, ci siamo molto divertiti. Anzi no, non si può dire perché dicono che porta male: quando gli attori dicono che è stato divertente, poi di solito il film non lo é, invece questo si, e molto". Rocco Papaleo interpreta Claudio, l'amico storico e un po' sfigato dei Pontecorvo, e anche lui si dichiara entusiasta del ruolo e dell'esperienza: "Questo film mi ha dimostrato che la precisione e l'intelligenza nel lavoro sono prerogativa di ottimi risultati: quando mi rivedo di solito mi faccio cagare, stavolta invece... sarà la mano della Archibugi. Il mio personaggio è forse il più ambiguo di tutti, nel senso che non è mai quello che sembra fino alla fine".
Betta e Simona
E dopo i ragazzi, veniamo alle due donne del gruppo, due personaggi femminili riuscitissimi, che forse riescono ad emergere anche di più se possibile rispetto agli uomini, grazie alla sensibilità e all'empatia della regista. Il legame particolare della Archibugi con Micaela Ramazzotti è testimoniato anche dalla scena finale che non sveliamo, ma pensando alla domanda che vi farete alla fine del film vi anticipiamo la risposta: sì, sono le immagini vere ed è proprio Francesca Archibugi che le ha girate, prima ancora di decidere di inserirle nel film. "Francesca è la donna più importante della mia vita - dice la Ramazzotti - penso di amarla, se non avessi sposato Virzì, avrei sposato Archibugi. Mi ha scelto a soli 27 anni per Questione di cuore, una grande responsabilità. Qui sono di nuovo una donna incinta, ci sono sempre figli di mezzo, questo non è un caso e rispecchia la grande maternità che esprime di Francesca, che ci ha amato, coccolato, così come fa sempre con i suoi attori e collaboratori. Sono gelosa che lei usi Twitter, vorrei convincerla a non farlo perché scrive cose bellissime e vorrei che le scrivesse solo a me". E sul suo personaggio, Simona, la compagna di Paolo che aspetta il figlio dal fatal nome del titolo, dice: "Simona ha più strati, all'inizio sembra una scemetta, tutta trucco e intervistine, poi quando litiga con Lo Cascio tira fuori le unghie e diventa una tigre di Casalpalocco; e poi scopriamo il terzo strato, la sua sensibilità e il suo grande talento di scrittrice".
Anche per Valeria Golino un ritorno dopo tanti anni con Francesca Archibugi, che le regala il personaggio di Betta con cui Valeria misura l'ennesima straordinaria interpretazione: "Ritrovo Francesca dopo tanti anni e avevo voglia di rigiocare con lei, dirle e farmi dire delle cose. Volevo far ridere insieme a lei per una volta, mi capita poco di leggere sceneggiature che fanno ridere è che mi chiedono di far ridere. Betta è una persona docile, affettuosa, remissiva. Una personalità che si adatta agli altri e alle loro energie, cerca di mettere tutti d'accordo, di fare in modo che tutto vada bene; un pregio ma anche un difetto perché la trattiene dall'essere una persona compiuta anche se tutti le vogliono bene. Anche lei ha più strati, non è solo la moglie remissiva, è complessa, ha i suoi rancori e le sue rabbie. Mi sono molto affezionata a quella Bettina lì... All'inizio mi sembrava che fosse sempre un po' ai margini ma Francesca mi ha aiutato a fare in modo che quel disagio che provavo diventasse proprio una caratteristica del personaggio".
La tecnica abbraccia l'improvvisazione
Già ribattezzato ancora prima della sua uscita come il nostro Carnage all'italiana, se ne discosta a livello di contenuti ma rimane comunque sempre in bilico tra dramma e commedia, e soprattutto ricorda il miglior cinema di interni appunto per l'ottima scrittura: una vera e propria partitura, molto musicale, dove ognuno ha il suo assolo, ognuno ha il suo momento. Un mix dunque riuscito di improvvisazione e tecnica, ma rispetto a quanto ci sia di pensato e a quanto sia venuto fuori sul film grazie all'apporto degli attori-autori, la Archibugi non ha alcun dubbio: " L'abbiamo scritta così, parte da una pièce teatrale che aveva dei puntelli molto ben congegnati, abbiamo trattenuto tutto il fil di ferro che c'era e poi io e Francesco gli abbiamo dato carne e sangue. Tutto è pensato e lavorato, e da lì si lascia spazio all'improvvisazione".