Il morso del coniglio, la recensione: un thriller psicologico che resta in superficie

La recensione de Il morso del coniglio: in streaming su Netflix trovate il film diretto da Daina Reid, un thriller psicologico che cerca le sue suggestioni in una regia elegante ma forse troppo superficiale. Protagonista, la Sarah Snook di Succession.

Il morso del coniglio, la recensione: un thriller psicologico che resta in superficie

Anche quando non sono pensati direttamente per lo streaming, diversi (numerosi) film odierni sembrano progettati per avere un approccio polivalente: si adattano tanto al grande schermo, quanto alla distribuzione digitale. Come nel caso - l'ennesimo - de Il morso del coniglio, thriller psicologico diretto da Daina Reid e disponibile nel catalogo Netflix, dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival. Lo diciamo in apertura di recensione: nulla di nuovo all'orizzonte, tuttavia il tag thriller, unito al fattore psicologico, continua a suscitare un certo fascino, tenendo per quanto possibile alto il volume dell'attenzione. Anche perché la costruzione generale, pur profondamente debitrice alle certezze quali Babadook o Hereditary, nonché compassata e dilatata, è il punto focale del film, portandoci in una Melbourne oscura e, poco alla volta, selvaggia.

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Il morso del coniglio: SarahSnook e Lily LaTorre in una scena del film

Film di dettagli, di parole, e di sguardi, di personaggi molto poco affabili e di atmosfera nerissima, che finisce per esplodere in una sorta di favola dark che, scena dopo scena, mette insieme i pezzi di un puzzle all'apparenza incongruente, finendo per essere risolutivo nell'ultima (movimentata) parte. Certo, bisogna avere una certa pazienza, perché Il morso del coniglio (titolo italiano particolarmente azzeccato, scoprirete poi il motivo) ci impiega del tempo per carburare, intanto che l'apparato cinematografico della regista si sofferma e allude a quegli elementi tipici dell'horror celebrale, scegliendo appunto l'estetica, la forma, il simbolismo come i punti di riferimento su cui battere, cercando nello spettatore uno scambio che, però, arriva solo a fasi alterne, risultando complessivamente meno profondo di come vorrebbe sembrare.

Il morso del coniglio e una trama da thriller psicologico

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Il morso del coniglio: Lily LaTorre in una foto

La trama de Il morso del coniglio sarebbe riassumibile in una riga, anche perché raccontare troppo rovinerebbe le diverse sorprese che si susseguono nel finale. Sorprese, c'è da dire, abbastanza intuibili, almeno per chi ha uno sguardo attento. Non ve le riveliamo, ci mancherebbe, e dunque partiamo dai punti focali della sceneggiatura firmata da Hannah Kent: una madre, una figlia e un coniglio bianco. Sarah (Sarah Snook, ossia la Shiv Roy di Succession), che fa la dottoressa, sconta il recente lutto del padre, ma intanto è alle prese con il compleanno di sua figlia Mia (Lily LaTorre), che compie sette anni.

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Il morso del coniglio: Sarah Snook durante una scena del film

La donna si è separata da tempo dal marito Pete (Damon Herriman), ed evita le chiamate dalla casa di cura dove è ricoverata l'anziana madre, Joan (Greta Scacchi), afflitta da demenza senile. Ad un certo punto, e dopo che un trovatello coniglio bianco morde la mano di Sarah (diremmo giustamente: lo stava gettando fuori dal cancello!), le cose iniziano a prendere una strana piega. Mia comincia a cambiare atteggiamento, vuole andare a trovare la nonna che non ha mai visto, e dice a sua madre di non chiamarsi Mia, bensì Alice. Un nome tutt'altro che causale, in quanto Alice era la sorella di Sarah, scomparsa proprio quando aveva sette anni...

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Il morso del coniglio: Sarah Snook in una scena del film

Se lo spoiler è dietro l'angolo, non c'è dubbio che Il morso del coniglio (titolo originale, Run Rabbit Run) sia un film di ferite, di tagli, di rivelazioni. Le suggestioni principali arrivano dall'atmosfera (un esempio è la fotografia di Bonnie Elliott), che altera l'umore e le relazioni delle protagoniste. La classica storia madre-e-figlia contestualizzata in un universo inquieto, sfumato con il thriller e con l'horror, per una vicenda che tiene in equilibrio il sovrannaturale con la verità delle cose. Un equilibrio che, però, scricchiola. Scricchiola perché la regia, pur elegante, indugia troppo, resta in superficie, non affonda il colpo, né stupisce nel suo irraggiungibile plot twist.

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Il morso del coniglio: Lily LaTorre in una scena del film

L'idea ci sarebbe, e le madri controverse funzionano sempre molto bene (e Sarah è molto controversa), ciononostante pare che la scrittura dietro Il morso del coniglio non osi più di tanto, sopperendo alle mancanze con la buona estetica scelta da Daina Reid. Più nello specifico, il film resta costantemente fermo sullo stesso giro, approcciandosi ad un linguaggio che fatica a costruire efficacemente il terrore e il tormento, e di conseguenza risultando indeciso nella sua evoluzione. La fragilità generale (che minaccia la nostra attenzione) risiede nel fatto che il film non riesce a scegliere davvero da che parte stare: restare piantati per terra, o seguire il bianconiglio in fondo ad un tunnel senza via d'uscita?

Conclusioni

Un'ambientazione suggestiva, la bravura inquietante di Sarah Snook e una regia elegante. Tuttavia, come scritto nella recensione de Il morso del coniglio, il thriller psicologico distribuito da Netflix risulta poco coinvolgente nella sua superficialità, restando incastrato in una sceneggiatura forse ripetitiva che punta dritta al colpo di scena finale.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • La bravura di Sarah Snook.
  • L'ambientazione.
  • La regia elegante...

Cosa non va

  • ... ma forse un po' troppo superficiale.
  • La scrittura del film, abbastanza ripetitiva.
  • Il colpo di scena finale è di facile intuizione.