Un film di spionaggio alla Hitchock in piena regola che batte bandiera francese ed è ambientato nel suggestivo mondo della Comédie-Française. Con Il mistero del profumo verde, il regista di Alice e il sindaco Nicolas Parisier si misura con uno dei generi più amati realizzando un divertissement che getta un attore esistenzialista belloccio in un'avventura mozzafiato tra messaggi in codice, misteriose dark lady, complotti internazionali, hacker russi e cinesi e organizzazioni segrete che mirano a sconvolgere l'ordine mondiale. Il più classico degli eroi inconsapevoli alla Cary Grant, spalleggiato stavolta, da una fumettista di origini ebraiche di scarsa fortuna con problemi familiari che sogna un po' d'avventura.
E l'avventura è proprio ciò che non manca ne Il mistero del profumo verde, come vedremo in questa recensione. Tutto nasce da una morte in scena. Vlad, attore della Comédie-Française nonché migliore amico di Martin Rémi, spira sul palco dopo aver confessato a Martin dopo avergli rivelato di essere stato avvelenato dal misterioso "profumo verde". Qualche ora dopo lo stesso Martin viene prelevato dall'hotel in cui si trova insieme al resto della compagnia e condotto in una lussuosa dimora dove incontra il misterioso Hartz, capo dell'organizzazione. Il giorno dopo, dopo essere stato riportato a Parigi, si imbatte per caso nella disegnatrice di fumetti Claire. Da qui prende il via un ingarbugliato intreccio spionistico piuttosto che verrà dipanato nell'arco di un film ricco di personaggi e colpi di scena.
L'amore per il genere passa dalle citazioni
Tra attori, poliziotti, librai, collezioni, spie e chi più ne ha più ne metta, i volti del cinema francese presi in prestito da Nicolas Parisier per arricchire la sua spy-story abbondano, ma la vera forza del film è rappresentata dalla chimica tra la coppia formata da Vincent Lacoste e Sandrine Kiberlain, anche se l'attrice veterana a tratti risulta "eccessiva" nella caratterizzazione del suo personaggio. Tanto Martin è pavido ed emotivo quanto è spavalda e ficcanaso Claire, pronta a cacciarsi nella più pericolosa delle avventure solo perché, quando viene innervosita dai bisticci familiari, "non riesce a stare ferma". Forte del talento dei suoi interpreti, Nicolas Parisier rilegge la spy story in salsa europea preoccupandosi più di omaggiare i maestri del genere che del realismo e della coerenza.
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Basti pensare alla lunga sequenza ambientata sul treno Parigi-Bruxelles in cui il regista attinge a una tradizione che va da Delitto per delitto di Hitchcock ai vari Mission: Impossible (oltre all'onnipresente Tom Cruise, una gustosa modernizzazione del topos la fornisce anche il recente Bullet Train con Brad Pitt). L'azione qui viene riletta in chiave meno spettacolare e più umoristica (humor molto francese, si veda il confronto tra Martin e la madre del piccolo che scarabocchia la foto del suo misterioso rapitore). E non è certo un caso la scelta di affibbiare al figlio di Claude Chabrol (altro frequentatore del genere), Thomas Chabrol, il ruolo di un ombroso poliziotto. Il regista mira a fornire la sua rilettura della tradizione adattandola al presente più che attraverso l'uso della tecnologia (il telefono cellulare si fa notare di più quando è assente) esplorando temi di attualità politica come l'influenza della Russia nella diffusione di fake news e teorie complottiste e il senso di sradicamento degli israeliani. Temi accennati, a dirla tutta, in modo piuttosto superficiale per fornire una collocazione temporale alla vicenda senza un vero approfondimento.
Tanti, troppi ingredienti per una storia intricata
La scelta di Nicolas Parisier di mettere così tanta carne al fuoco paga solo in parte. Il mistero del profumo verde ci lascia con l'impressione di aver assistito a un film ricco, perfino troppo, ma dalla trama spy confusa e dispersiva, soprattutto nel finale in cui il complotto "esplode" nel teatro di Budapest fino a farci sospettare che tutti, o quasi, ne siano coinvolti. L'assenza di compattezza deriva anche dalla scelta del regista di concedersi un po' troppe digressioni (il dialogo tra Martin e Claire su chi sia l'Aschenazista paranoico non ci racconta poi molto né sui personaggi né sulla trama, ma sembra appiccicato per allungare il brodo), mentre alcuni ingredienti potenzialmente intriganti - alla fine dei conti che ruolo ha la dark lady che apre il film? - non vengono sviluppati a dovere.
Centellinate le sequenze action (per motivi stilistici o forse di budget?), Il mistero del profumo verde si rivela una garbata spy story profusa di humor e costellata di riferimenti al cinema classico, ma anche all'attualità. Battute come "Abbiamo ingannato la vostra generazione, vi avevamo promesso un buffet e invece quando siete arrivati era già finito tutto" o "È come se mi stessero portando ad Auschwitz" (detto da Martin a Claire mentre il treno da Parigi li conduce a Est) denunciano la volontà del regista di rivolgersi a un pubblico borghese colto, progressista e sensibile all'attualità. Col suo tocco delicato, Parisier affastella temi su temi proponendo allo spettatore spunti che spesso non trovano adeguato svolgimento e alla fine dei conti la storia ruota attorno a un MacGuffin meno interessante e ispirato dei predecessori hitchcockiani. Qualche elucubrazione in meno e qualche emozione in più non avrebbero certo stonato.
Conclusioni
Una spy story ricca di spunti e citazioni, ma dalla trama confusa e dispersiva. Il film di Nicolas Parisier, come rivela la recensione de Il mistero del profumo verde, è un divertissement che strizza l'occhio a Hitchcock e Chabrol, ma punta tutto sul talento degli interpreti facendo affiorare qualche difetto nella trama.
Perché ci piace
- La coppia Vincent Lacoste - Sandrine Kiberlain funziona nonostante lei talvolta risulti un po' troppo sopra le righe.
- Le citazioni hitchcockiane ci rituffano nell'epoca più bella del cinema.
- Lo humor colto che pervade la pellicola strappa spesso sorrisi.
Cosa non va
- La trama appare un po' troppo confusa anche per una spy story.
- A tratti la storia gira a vuoto e si sente la mancanza di qualche scena d'azione ben congegnata.