Un po' Il ragazzo invisibile, un po' Lo chiamavano Jeeg Robot, con un pizzico di X-Men e I Goonies a condire il tutto, l'esordio alla regia di Violetta Rocks si inserisce nella scia del cinecomic all'italiana, ma spingendo sul pedale dell'ecologia e dei temi sociali. La critica youtuber Violetta Rocks, che qui si firma con l'altro nome d'arte di Violetta Rovetto, passa dall'altro lato della barricata firmando Il migliore dei mali, opera prima che adatta la sua graphic novel in due parti, co-firmata con Marco Tarquini. L'amicizia, l'adolescenza e l'isolamento causato dalla diversità sono i temi attorno a cui ruota quest'avventura all'ombra della fabbrica.

A dare il là alla vicenda è l'arrivo di Ettore e della madre in un paesino del Sud. Siamo negli anni '90 e i due traslocano perché la donna è stata assunta come magazziniera nella fabbrica che dà lavoro agli abitanti dell'area. Termaranto, questo è il nome del complesso industriale, è un chiaro riferimento all'Ilva di Taranto e proprio come nella realtà mentre da una parte dà da mangiare ai cittadini dall'altra li avvelena. Ettore fa così la conoscenza di Milo, alla ricerca del suo cane Icaro, e dei suoi tre amici Neri, Michelangelo e Dante. Mentre indagano sulla scomparsa di Icaro, i ragazzini si imbattono in una serie di misteri che coinvolgono Termaranto e scoprono di avere un segreto che li accomuna.
Sotto l'ombra delle ciminiere

Prodotto da Solaria Film e Minerva Pictures in collaborazione con Rai Cinema, Il migliore dei mali rappresenta una nuova declinazione del sottogenere 'ragazzi speciali', costruendo una storia intrigante che svela a poco a poco i suoi nella manica. Fin dal primo incontro di Ettore con Milo e i suoi amici, il non detto aleggia nell'aria. Un senso di inquietudine e mistero viene trasmesso allo spettatori attraverso i dialoghi, ma l'abilità dello script sta nel non scoprire le carte troppo presto. La trama si svela a poco a poco grazie a un'attenta gestione della suspence e a qualche colpo di scena piazzato al momento opportuno.

Questa solidità narrativa compensa gli effetti speciali minimi in un genere in cui solitamente abbondano. Il budget ridotto ha imposto all'autrice della graphic novel di riadattare alcuni dettagli della storia visto che sulla carta, si sa, si può fare tutto mentre sullo schermo è un altro paio di maniche. A fronte di cattivi dalle abilità spettacolari a cui ci hanno abituati i cinecomic tradizionali, il villain de Il migliore dei mali è la fabbrica stessa con il suo carico di veleni che, direttamente o indirettamente, ha sconvolto la vita degli abitanti. Come anticipato dalle suggestive riprese aeree che ci introducono nel film, l'ombra delle ciminiere, coi suoi fumi tentacolari, si allunga su tutto e tutti e anche chi la osteggia antepone il problema del lavoro all'idea di chiuderla semplicemente, mossa che toglierebbe il sostentamento a decine di famiglie.
Location inedite per un film che parla ai giovani del presente

Il migliore dei mali si avvale di location poco inflazionate come quelle calabresi valorizzandole attraverso una regia precisa ed efficace, a cui dà manforte la fotografia nitida di Marina Kissopoulos. In un'epoca in cui abbiamo visto tutto o quasi, la regista scommette su luoghi cinematograficamente poco riconoscibili trasformandoli in teatro di scene archetipiche come la gita in spiaggia degli amici o l'incontro con la bella di turno. La neoregista non stravolge il genere, ma lo sfrutta per i suoi scopi riadattandolo alla realtà italiana con pochi tocchi che danno un senso di novità all'insieme. Questo è uno dei tanti pregi di un film che compensa qualche ingenuità e incertezza interpretativa con una costruzione solida e attenta, scommettendo su un manipolo di giovani attori, protagonisti assoluti della storia dato che sono presenti nella quasi totalità delle scene.

Nei panni di Ettore, Giuseppe Pallone guida il gruppo di adolescenti con spigliatezza, ma si fanno notare anche Riccardo Antonaci e Giorgia Piancatelli nei panni dei "fratelli" Michelangelo e Angelica, mentre Andrea Arru dona intensità al tormentato Neri, aggiungendo un altro importante tassello a una carriera in ascesa. Tra gli adulti, Massimo Wertmüller compare nei panni di un nonno complice e affettuoso, mentre Pietro Ragusa è il vicino di casa con tanti segreti da nascondere. Al di là del messaggio ecologista scandito con vigore e della denuncia dell'industrializzazione selvaggia, Il migliore dei mali affronta con delicatezza temi come identità di genere, scoperta della propria sessualità e violenza sulle donne trovando modi originali e sottili per evitare di cadere negli stereotipi. Vivace e coinvolgente, quella di Violetto Rovetto è un'opera prima promettente che, seppur ambientata nel passato, parla della contemporaneità con linguaggio chiaro ed efficace, rivelandosi una piacevole sorpresa.
Conclusioni
Si rivela una piacevole sorpresa l’opera prima di Violetta Rovetto, come rivela la nostra recensione de Il migliore dei mali. La neoregista adatta la sua graphic novel a sfondo ecologista riadattando la classica avventura per adolescenti in un film vivace e coraggioso, che sfrutta il genere per raccontare il presente lanciando un messaggio potente contro l’industrializzazione estrema e al tempo stesso affrontando temi come diversità di genere e violenza sulle donne.
Perché ci piace
- Appassionante e vivace, il film tocca temi importanti con leggerezza senza mai essere superficiale.
- L'avventura di un gruppo di adolescenti attinge a piene mani a modelli come I Goonies e Stranger Things.
- La regia, solida e precisa e l'uso delle location calabresi, poco sfruttare dal nostro cinema.
Cosa non va
- Non tutti gli attori giovani sono allo stesso livello.
- Qualche ingenuità nel contenuto.