C'è un solo posto dove si può immaginare di fare una vera e propria immersione in un microcosmo, quello di un film nelle sue a volte lunghissime e molteplici esperienze sensoriali ed emotive: i festival di cinema. È ai film festival, molto spesso quelli di Berlino, Cannes e Venezia che si consumano esperimenti cinematografici che durano ore, diventano percorsi, prevedono punti, contrappunti, strade parallele o che si incrociano. Se i film di Lav Diaz della durata che varia spesso dalle 8 alle 4 ore sono da guardare tutto d'un fiato, altri titoli prevedono invece una divisione in capitoli oppure sono essi stessi una domanda a cui fa eco una risposta. Alla 73esima Berlinale, la competizione ufficiale ha ospitato l'appena annunciato Premio della Giuria, Mal Viver di João Canijo, film ambientato in un hotel in decadenza dove la famiglia matriarcale che lo possiede e gestisce, è disfunzionale, piena di risentimento, non detti, colpe e indisponibilità a perdonare. A fargli da contrappunto, nella sezione Encounters, anch'essa competitiva e aperta alle opere, di ogni genere e tipo che abbiano il coraggio di osare, Viver Mal che come il titolo originale suggerisce, è lo specchio di Mal Viver e guarda all'hotel dal punto di vista dei clienti, con le loro storie che quasi mai si incontrano con quelle dei gestori. Una sola location, due modi diversi di viverla e il melodramma a farla da padrone.
Mal Viver: donne che odiano le donne
Inizia con la camera fissa sulla piscina dell'hotel Mal Viver e sulla sua pulizia, varichina e manutenzione sentiamo litigare coloro che scopriremo essere tra le componenti della famiglia matriarcale che gestisce l'albergo. Le vediamo riunite, in una delle pochissime volte che ne scopriamo pienamente i volti, a dare il benvenuto a Salome (Almeida), figlia adolescente e distante di Piedade (Anabela Moreir) che mostra disappunto perché non sapeva dell'arrivo della figlia mentre le altre, nonna in primis, ne erano a conoscenza. Mostra pochissimo i visi Canijo, preferendo osservare queste persone puntando ai loro gesti, a pezzi del loro corpo, come a rappresentare la loro incompletezza. Vediamo mani, vestiti, sentiamo queste donne parlare e litigare ma soprattutto capiamo che il risentimento è di casa e non solo quello più ovvio fin dall'inizio tra Piedade e sua figlia. A Salome è da poco mancato il padre e l'unica apparente preoccupazione di sua madre è l'eredità della figlia, la sua sicurezza economica e non la ripresa emotiva. È un gioco al rinfaccio l'opera di Canijo che dei rapporti familiari, specialmente tra donne dichiara fin dalle note di regia: "tre generazioni di donne che cadono vittime dell'ansia della propria madre: l'ansia della nonna l'ha resa incapace di fare la madre con sua figlia che a sua volta è diventata una cattiva madre per sua nipote. Il mio è un film sull'ansia dell'essere madri e di come questa vada a minare la capacità di amare incondizionatamente". "È una storia senza fine e non ci sono famiglie funzionali ma solo disfunzionali - continua Canijo - è vero quel che dice Tolstoj: Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice, è infelice a modo suo".
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Viver Mal: specchio riflesso
Se le proprietarie dell'hotel-prigione di Mal Viver non se la passano bene e sembrano intenzionate a perpetuare ad libitum la loro miseria e il loro rancore, meglio non stanno gli ospiti del loro albergo in Viver Mal, solo intravisti nel film in concorso alla Berlinale e le cui vicende vengono dominate da quegli stessi sentimenti negativi, disperati, irrisolti che tormentano le donne che gestiscono l'hotel. Pur avendo la possibilità di creare un riflesso a ciò che ha narrato precedentemente, Canijo ci dimostra di non aver tralasciato nessuna interazione degli ospiti con le donne che già abbiamo conosciuto. Sono distanti come in un universo parallelo anche se la loro ansia e malcontento pervade il posto e lo contagia. Anche qui c'è quella che alcuni critici hanno descritto come femminilità tossica: Un uomo è diviso nello spazio e nell'amore tra sua madre e sua moglie. Una madre incoraggia la figlia a sposarsi solo perché è invischiata in una tresca con suo genero. Infine, un'altra madre impone alla propria figlia le scelte che farebbe e avrebbe fatto lei, non lasciandole vivere la vita che vorrebbe. Le donne dunque, viste dallo sguardo melodrammatico e senza indulgenza di João Canijo possono essere fonte di rovina per gli uomini ma soprattutto per le altre donne. Avvilente.
Mal Viver - Viver Mal: ispirazioni Strindberg
Al chiedergli cosa ne pensasse di questa divisione dei suoi film tra Competition ed Encounters, Canijo ha risposto positivamente: "Mi sembra meraviglioso. Sento che Mal Viver è il mio film più personale e autobiografico e l'altro è un esperimento su Strindberg. L'esperimento è dunque al posto giusto in Encounters e il mio film personale in concorso dove dovrebbe essere". Viver Mal ed i suoi personaggi si ispirano infatti a tre opere teatrali del drammaturgo August Strindberg, anche autore di un film per la TV diretto da Ingmar Bergman. Tra le pièces più famose a cui Canijo fa riferimento c'è Il Pellicano mentre Mal Viver ha come genesi ispiratrice un'altra opera che si intitola Creditori.
Non c'è dubbio che delle due opere di Canijo alla Berlinale, Mal Viver sia la più forte e solida sebbene i due film possano essere fruiti anche in maniera indipendente. In Mal Viver c'è l'evidente tocco autobiografico del regista che lo ha ambientato nell'hotel delle sue estati d'infanzia. Per chi ne avrà la possibilità, un esperimento tra autobiografia, teatro e psicoterapia si presenta pienamente in quattro ore di congiunzione tra Mal Viver e Viver Mal, tra orso d'Argento alla Berlinale e cinema sperimentale.