Un film "piccolo", almeno se confrontato con i titoli che vanno per la maggiore al boxoffice, ma una grande storia. Una storia vera che affonda le radici nel passato ma riesce a parlare anche di presente, per ammonire contro determinate derive che sta prendendo la nostra società occidentale negli ultimi anni. Ne abbiamo parlato con Patricia Font, regista de Il maestro che promise il mare, il film ora in sala grazie a Officine UBU che racconta la storia di Antoni Benaiges, maestro elementare che viene trasferito nel piccolo e isolato villaggio di Burgos per insegnare ai bambini del posto, di età tra i 6 e i 12 anni, con i quali riesce a instaurare un intenso legame.
Legame che non piace alle autorità nel tempo. Siamo infatti nel 1935 e le idee innovative e moderne di Benaiges non piacciono al regima franchista che si sta imponendo e che osteggia i metodi d'insegnamento del maestro. Rendendo vana la sua promessa, semplice quanto preziosa, di portare i suoi alunni a vedere il mare, di cui hanno solo letto sui libri e non hanno mai avuto modo di ammirare dal vivo.
Una storia vera e preziosa
"Non conoscevo la storia del maestro Benaiges quando ho avuto per la prima volta lo script" ci ha detto la regista Patricia Font, "ma quando l'ho letta ho pensato che fosse una grande storia e che sarebbe potuto essere un magnifico film". Per questo l'ha scelta e non possiamo che confermare che la resa su schermo sia di valore, anche per la sua capacità di raccontarla e metterla in scena con delicatezza e gusto, come abbiamo evidenziato nella nostra recensione de Il maestro che promise il mare.
Una storia che si muove sullo sfondo del periodo della repubblica, che si protrae "fino al 1936, quando la guerra civile è iniziata. In quel periodo c'erano molti modelli moderni di educazione che si stavano diffondendo in tutta Europa e uno di questi è quello usato dal maestro Benaiges." Un punto di partenza sul quale Patricia Font ha ricamato il suo messaggio: "uno degli aspetti più importanti del film è spiegare al mondo di questo modello educativo che si sarebbe potuto usare per gli ultimi 100 anni, se le cose fossero andate diversamente. È molto importante capire che la storia potrebbe essere molto diversa se non ci fosse stata la guerra civile e la fine di tutti questi modelli educativi."
Incarnare il maestro Benaiges
Patricia Font ha scelto Enric Auquer per il ruolo del protagonista. "Avevo già lavorato con lui alcuni anni fa in una serie e lo conoscevo" ci ha spiegato, "sapevo che fosse uno splendido attore e l'avevo visto in molti film dopo aver lavorato insieme. In Catalogna è molto famoso, quindi è stato uno dei primi nomi che è emerso quando ho iniziato a pensare al casting." Accanto a lui tanti attori giovanissimi, che rappresentano una sfida così come una gioia: "lavorare con attori così giovani è, come sempre, un'esperienza speciale, perché è una splendida avventura per loro e questo è contagioso."
Sul set hanno fatto gruppo, diventando di fatto una classe come quella reale e si nota guardando Il maestro che promise il mare: "erano un gruppo molto unito i dieci ragazzi che componevano la classe, sono stati molto felici di partecipare al film ed è stato tutto molto facile, anche se non si trattava di professionisti e non avevano tanta esperienza: hanno dato il massimo in ogni scena, cercando di fare sempre meglio."
Il maestro che promise il mare e una storia da non ripetere
Storie come quelle de Il maestro che promise il mare vanno raccontate, vanno fatte conoscere, perché guardare al passato e ai drammi che l'hanno segnato è l'unico modo per evitare che accada ancora. Conoscere il passato è la via per preservare il futuro. "Di base è molto importante ricordare che può accadere ancora ovunque nel mondo" ha ammonito Patricia Font, "inoltre è una storia molto recente, parliamo del tempo dei nonni, se non addirittura dei genitori. Ancora adesso ci sono migliaia di persone sepolte in fosse comuni in tutta la Spagna." Ed è importante ricordarlo attraverso queste storie, perché "è una ferita aperta che non è ancora guarita" e mostrarla è l'unico modo perché possa guarire. E possa difenderci da ulteriori ferite che possano arrivare nel nostro presente e futuro.