Nel 1996 lui e Vince Vaughn se ne andavano in giro per il Lido di Venezia come due turisti qualunque, iniziando a stringere mani e firmare autografi man mano che si sparse la voce che Swingers, di cui erano protagonisti, era una delle migliore commedie degli ultimi anni. Merito soprattutto di Jon Favreau, che di quel film scrisse la sceneggiatura. Dopo tanti ruoli da caratterista, sceneggiature firmate e a un certo punto la regia, un esordio molto indie e poi un successo straordinario in coppia Will Ferrell nell'esilarante favola natalizia Elf.
Quando poi la Marvel bussa alla tua porta proponendoti di portare sullo schermo Iron Man con protagonista Robert Downey Jr., impossibile dire di no. Lui ripaga con quello che è ancora probabilmente uno dei migliori Marvel movie e dopo un sequel ringrazia e cerca altro. Lo trova tornando a dimensioni più piccole, quelle di uno street food per l'esattezza, nel sottovalutato Chef - La ricetta perfetta, e poi abbracciando un classico Disney, riportando sullo schermo la magia de Il libro della giungla senza perdere minimamente il confronto con l'originale. Dovevamo farci una chiacchierata, e allora non abbiamo perso l'occasione di incontrarlo a Londra per l'anteprima europea del film.
Leggi anche: L'invasione dei supereroi, tutti i cinecomics di prossima uscita
Voci dalla giungla
Mr. Favreau, la prima cosa evidente del film è lo straordinario cast che è riuscito a mettere insieme.
Jon Favreau: Sono stato molto fortunato, ci è voluto pochissimo, hanno accettato tutti all'istante. Ho avuto dei problemi solo con Bill Murray.
Davvero? Di che genere?
Bill non ha un agente, né un ufficio stampa, a dire il vero neanche telefono o e-mail.
Quindi che si fa? Gli si scrive una lettera?
Sì, poi la si mette in una bottiglia e la si getta nel mare, sperando che lui in quel momento si stia fecendo una nuotata. È stato un po' come calarsi in Chinatown di Polanski, a un certo punto avevo pensato di assoldare un detective. In realtà grazie a un po' di persone che avevano già lavorato con lui sono riuscito a farmi dare un numero a cui contattarlo e in pochi minuti è andata benissimo anche con lui, era entusiasta dell'idea.
Un gruppo di altissimo livello anche nella squadra tecnica.
Già, credo sia uno delle cose che mi riesce meglio facendo questo lavoro, riuscire a riconoscere un talento e metterlo nella posizione migliore per farlo rendere al massimo. E tutti erano motivati a dare il meglio, visto anche con cosa si dovevano confrontare.
Hanno fatto un lavoro eccezionale, la qualità digitale e creativa del film è sorprendente.
Tutto merito dei miei figli, quando abbiamo visto Gravity. Durante la sequenza iniziale ad un certo punto ho esclamato "Ma come diavolo è possibile?" ed è stata la prima volta che ho detto loro "non lo so" ed è stato abbastanza umiliante, dato che è il mio lavoro. Più di me ne sapeva anche la più piccola, che ha sette anni, che parlava di CGI e green screen come niente fosse. In generale, se sei un po' curioso, su internet trovi tutto quello che ti serve per avere un'infarinatura, ma a me serviva di più.
Quando nulla è impossibile
Esattamente quanto c'è di digitale nel film? Parliamo di un 95%?
Tutto quello che vedi, tranne Neel Sethi, ovvero Mowgli, e quello su cui poggiano i suoi piedi. Il resto è tutto fatto al computer, il set era in realtà piccolissimo, grande quanto una camera d'albergo. L'intenzione era quella di spingerci molto oltre, ai livelli di Avatar, e non solo creando personaggi digitali, ambientazioni, dominando anche il clima, ma soprattutto entrando nell'ordine di idee che tecnicamente le cose sono possibili, mentre il limite da superare è la visione dell'insieme. Se ci riesci, allora entri in un mondo completamente nuovo.
E dire che non è proprio uno sprovveduto in quanto ad effetti speciali.
Sai, quando ho fatto Iron Man era diverso, in quel caso dovevo dimostrare di essere all'altezza, mi stavano dando in mano un film che per loro era una certezza, non era una scommessa come era stato il primo Guerre stellari, quella è la Marvel, sanno di cosa stanno parlando. Ho fatto del mio meglio ed è andata bene. Questo film era pericoloso, e quasi esclusivamente per il confronto con la versione animata del 1967. Potevamo provare a farlo completamente live action inserendo solo i personaggi animali in digitale, ma non sarebbe stata la stessa cosa.
Ecco, parliamo dell'illustre precedente. Come ci si è rapportato?
Non ricordo quando l'ho visto in sala, anche se so che è successo. Quando uscì avevo un anno, quindi non credo accadde all'epoca, probabilmente in una delle release successive, negli anni Settanta la Disney aveva questa politica di far riuscire i suoi film ciclicamente. La cosa certa è che ricordavo moltissime parti del film come se le avessi viste il giorno prima, allora ho deciso di non rivederlo fino a quando non eravamo già molto in là nella lavorazione, una specie di esperimento per capire quanto il mio subconscio avesse preso il sopravvento. E guardando il risultato finale, è stato abbastanza sorprendente.
La cosa che ho amato di più del film è il tono, c'è un grande pathos, è un'opera molto più shakesperiana rispetto alla precedente.
Assolutamente, la tridimensionalità non doveva essere solo tecnica, volevo profondità anche nei personaggi. La versione animata è un film che ha una forza emotiva speciale, era l'ultimo film a cui partecipava Walt Disney personalmente e tutto il team di animatori e disegnatori, che erano quanto di meglio ci fosse in quegli anni, diede tutto per fare qualcosa di indimenticabile, e ci riuscì. Ci sono dei momenti che ti restano nella memoria per tutta la vita, come il bagno nel fiume con Baloo, il rapimento di Mowgli da parte delle scimmie e molti altri. Se guardi la storia dello studio, molto del successo de Il re leone è dovuto a quanto ci sia ispirati a Il libro della giungla. Eppure, a quel film mancava una profondità dei personaggi, un'epica e un misticismo che invece è sempre costante nel romanzo di Kipling. Per questo ho voluto che gli elefanti venissero considerati come dei custodi, quasi delle divinità, piuttosto che una compagine militare come accade nell'originale. Capisco che negli anni Sessanta ci poteva stare, ma oggi non ne vedevo il bisogno.
Il futuro di Mowgli e l'eredità di Kipling
Neel Sethi è fantastico. Ma è vero che è stato l'ultimo di duemila audizioni?
Sì, e ti confesso che a un certo punto ho pensato che l'avevamo scelto per disperazione, perché non volevamo farne più. Abbiamo provinato ovunque, in India, Australia, Nuova Zelanda, Los Angeles. Quando incarichi un casting manager, sai che ha connessioni in tutto il mondo e lavorerà per trovare la persona che stai cercando. Neel ha saputo dell'audizione grazie a un volantino che era stato portato alla scuola di danze indiane dove fa lezione. Gliel'ha dato la sua maestra. Lui l'ha fatto vedere al padre che ha fatto il video per cui poi lo abbiamo chiamato. È semplicemente perfetto, identico al Mowgli originale, si muove come lui, è molto spigliato, pieno d'energia. Quando si prende un bambino per un film bisogna assicurarsi di molte cose, per non rendere l'esperienza orribile a lui e alla sua famiglia e anche alla troupe e alla produzione. Neel è stato perfetto e noi eravamo tranquilli perché lavorava in totale sicurezza, al massimo a un metro e mezzo dal suolo, dove erano posizionati dei materassi da palestra. Gli abbiamo giusto fatto fare qualche lezione di parkour, si è divertito molto.
Si sta già parlando di un sequel...
Noi ne stiamo parlando da molto tempo, ma in questi casi, lo sai, bisogna vedere come sarà la performance al botteghino, a quel punto la produzione deciderà se ha un senso. Per me lo ha, ci sono ancora molte storie da raccontare che lo stesso Kipling ci ha lasciato, e sarei assolutamente entusiasta di buttarmi in un nuovo franchise di questo tipo.
Un'ultima domanda. La prima volta ci siamo incontrati a Venezia nel 1996 per Swingers. Mai considerata l'ipotesi di un sequel anche per quello?
Sì, ma credo sarebbe qualcosa che farei più sul genere I ragazzi irresistibili o La strana coppia, quando i ragazzi hanno ormai percorso tutta la loro vita e si guardano indietro. Mi piacerebbe, ma i produttori non sono mai molto propensi a investire su film geriatrici.