Il grande freddo: l’inno all’amicizia di un cult intramontabile

Il grande freddo, meravigliosa opera seconda di Lawrence Kasdan, debuttava al cinema 35 anni fa: un omaggio al film, ironico e toccante ritratto generazionale.

"Come va la tua vita?" "D'incanto, e la tua?" "Non d'incanto." "Oh, si dice la verità?"

Copains D Abord 1983

I titoli di testa de Il grande freddo costituiscono uno degli incipit più emblematici del cinema americano degli ultimi trent'anni: un'introduzione memorabile per uno dei film più belli degli anni '80. Dopo un brevissimo prologo, che consiste in una telefonata accolta con le lacrime agli occhi, partono infatti le note della canzone più famosa di Marvin Gaye, I Heard It Through the Grapevine: attraverso un montaggio incrociato, l'introduzione ai protagonisti del film si alterna con le immagini di quella che, da lì a qualche istante, realizzeremo essere la vestizione di una salma.

Il cadavere appartiene ad Alex Marshall, e i personaggi presentati nelle prime sequenze sono i suoi amici più cari dei tempi dell'università, accorsi a Richmond, in Virginia, per partecipare al suo funerale. Le esequie di Alex offriranno loro l'occasione di trascorrere insieme il fine settimana, ritrovandosi riuniti sotto lo stesso tetto per la prima dopo diversi anni: un weekend che servirà a rinsaldare vecchi legami che sembravano allentati e a far rivivere, seppure per pochi giorni, il calore di un'amicizia profonda che il tempo, la distanza e l'età adulta avevano 'congelato', ma senza riuscire a spezzarla.

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Il film di Lawrence Kasdan: un tranquillo weekend di nostalgia

Big Chill

Questa, in breve, la trama di uno degli autentici cult movie dell'epoca: un film che si proponeva come un ideale ritratto della generazione dei cosiddetti baby boomers, ma che dopo trentacinque anni conserva una freschezza, un'intelligenza e una sincerità davvero rare, ancora capaci di 'parlare' al pubblico di ogni età. Il grande freddo resta inoltre l'opera più celebre nella carriera di Lawrence Kasdan, vale a dire la firma dietro i due massimi blockbuster dei primi anni Ottanta: L'impero colpisce ancora e I predatori dell'arca perduta. Dopo aver esordito dietro la macchina da presa nel 1981 con il fascinosissimo noir erotico Brivido caldo (altro classico degli Eighties), nel 1983 Kasdan dirige la sua seconda pellicola, Il grande freddo, scritto insieme a Barbara Benedek e di ispirazione parzialmente autobiografica, ingaggiando un cast di attori emergenti sulla trentina.

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Big Chill Kasdan
Glenn Close

Poche settimane dopo aver debuttato al Festival di Toronto, dove si aggiudica il People's Choice Award, il 30 settembre 1983 Il grande freddo approda nei cinema americani, rivelandosi da subito un clamoroso successo: il film esordisce al primo posto nella classifica del box office e gode di un passaparola formidabile, che lo porta ad avere una lunghissima permanenza nelle sale e a diventare uno dei campioni d'incasso dell'annata (diciassette milioni di spettatori nei soli Stati Uniti). L'entusiasmo per Il grande freddo sarà coronato inoltre da tre nomination agli Oscar: miglior film, miglior sceneggiatura originale e miglior attrice supporter per Glenn Close, alla sua seconda candidatura consecutiva per il secondo ruolo cinematografico della sua carriera. E a trentacinque anni esatti di distanza dalla sua uscita, proviamo a ricordare perché la commedia di Lawrence Kasdan è parte integrante dell'immaginario collettivo degli anni Ottanta.

'Io non ho incontrato tanta gente felice in vita mia, come si comportano?'

Il Grande Freddo

Il suicidio di Alex, ruolo affidato in origine a Kevin Costner (la sua scena in flashback sarà però tagliata dal montaggio finale), è l'evento tragico al cuore di un film pervaso di ironia: un'ironia sagace ma perlopiù affettuosa, che i personaggi rivolgono spesso verso se stessi. Con l'eccezione di Chloe (Meg Tilly), la giovane e apparentemente imperturbabile fidanzata di Alex, gli altri sette comprimari sono uomini e donne ultratrentenni che si erano conosciuti frequentando l'Università del Michigan e che, di colpo, si trovano a tracciare un bilancio della propria esistenza, mettendo a confronto le aspirazioni del passato con la realtà del presente. E questo bilancio, in molti casi, è contrassegnato da un intimo senso di amarezza e di sconfitta, espresso però mediante l'umorismo malinconico della sceneggiatura di Kasdan e della Benedek: un fuoco di fila di punchline folgoranti e di dialoghi da antologia.

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Big Chill Cast

Durante il weekend trascorso nella casa di Harold e Sarah Cooper (Kevin Kline e Glenn Close), i più 'equilibrati' del gruppo, ciascuno avrà dunque modo di esprimere più o meno seriamente le proprie frustrazioni. A partire da Michael Gold (Jeff Goldblum), giornalista disilluso che spiega: "Dove lavoro abbiamo una sola norma editoriale: non scrivere niente di più lungo che l'uomo medio non legga durante una cacata media". C'è chi invece, come Karen Bowens (JoBeth Williams), ha trovato nella dimensione familiare una serenità solo di facciata: "Io ho la sicurezza che Richard non mi tradirà mai"; "È bella la fiducia!"; "No, è la paura dell'herpes". Sam Weber (Tom Berenger) ha raccolto una vasta notorietà come protagonista di un'improbabile serie poliziesca, verso la quale prova un evidente imbarazzo, mentre l'avvocatessa Meg Jones (Mary Kay Place]) è insoddisfatta della propria vita sentimentale e desidera avere un figlio.

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'Siamo tutti soli là fuori, e domani ci ritroveremo là fuori di nuovo'

Tbc

Proprio Meg, donna tenera e autoironica, pronuncia una delle frasi più significative del film: "Il mondo è gelido, là fuori... a volte credo di essere diventata anch'io un ghiacciolo". È il tema a cui rimanda il titolo stesso: la freddezza a cui si va incontro, inesorabilmente, con l'avanzare dell'età adulta e il venir meno degli ideali della giovinezza. Un malessere che ha già stroncato la vita di Alex, e che viene percepito in maniera particolarmente acuta da Nick Carlton (fra l'altro, c'è una fugace allusione al suo servizio militare in Vietnam), il membro più fragile del gruppo, interpretato da William Hurt. Ed è forse Nick, più di tutti, a far emergere questo collettivo disagio, durante le serate trascorse dai protagonisti nel salotto di Harold e Sarah, ascoltando vecchi dischi, sorseggiando vino, fumando qualche spinello e parlando finalmente senza freni.

Kevin Kline Glenn Close

"Nel tempo lontano ci conoscemmo per un breve periodo", dichiara Nick, nel momento in cui è la loro amicizia ad essere messa alla prova; "Non sapete assolutamente niente di me. Era facile allora: nessuno stava nella bambagia più di noi. Non stupisce che la nostra amicizia sopravvisse: è qua fuori, nel mondo, che è difficile!". Ma contro ogni ipotesi di cinismo, contro tutto il peso dei sogni abbandonati o frantumati nell'America dello yuppismo imperante, ci sono persone disposte a credere nella purezza di quel sentimento e, soprattutto, a tendere una mano a un amico in difficoltà. È il messaggio, carico di umanesimo e di speranza, ribadito nel dolcissimo epilogo del film e sottolineato anche da una colonna sonora indimenticabile, composta da oltre una ventina di classici degli anni Sessanta e dintorni.

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Il Grande Freddo Cast

Proprio la selezione musicale, con il suo immediato effetto-nostalgia, è una delle componenti essenziali alla fortuna de Il grande freddo: da You Can't Always Get What You Want dei Rolling Stones, che accompagna il funerale di Alex, ad altre storiche hit come The Tracks of My Tears e I Second That Emotion di Smokey Robinson, Wouldn't It Be Nice dei Beach Boys, My Girl dei Temptations, The Weight di The Band, Bad Moon Rising dei Creedence Clearwater Revival, When a Man Loves a Woman di Percy Sledge, (You Make Me Feel Like) A Natural Woman di Aretha Franklin, A Whiter Shade of Pale dei Procul Harum e Joy to the World dei Three Dog Night. Oltre ovviamente ad Ain't Too Proud to Beg dei Temptations, strepitoso sottofondo della scena-simbolo del film: una scatenata danza di gruppo in cucina, da annoverare fra le sequenze più belle di tutto il cinema degli anni Ottanta.