Il giovane Wallander, recensione: il celebre poliziotto svedese torna grazie a Netflix

Recensione de Il giovane Wallander, serie Netflix basata sul personaggio ideato dal romanziere Henning Mankell.

Il Giovane Wallander 4
Il giovane Wallander: Adam Pålsson nella serie Netflix

Con la recensione de Il giovane Wallander, nuova serie poliziesca di Netflix, ci addentriamo in un territorio ricco di potenziale, data la matrice letteraria dei sei episodi prodotti in collaborazione con la Yellow Bird, specializzata in adattamenti di genere provenienti dalla Svezia. Abbiamo infatti a che fare con nientemeno che Kurt Wallander, il celebre poliziotto ideato dal compianto Henning Mankell (1948-2015), uno dei più grandi autori scandinavi di libri crime. Tormentato e brillante, Wallander è stato protagonista di dodici romanzi e una raccolta di racconti tra il 1991 e il 2009, nonché comprimario in Prima del gelo, che doveva essere il primo capitolo di una trilogia incentrata sulla figlia Linda, anch'ella poliziotta. Un successo fenomenale, anche in Italia (i libri sono editi da Marsilio e Mondadori), che ha portato a molteplici incarnazioni sullo schermo: nove film interpretati da Rolf Lassgård tra il 1994 e il 2007, la serie svedese con Krister Henriksson tra il 2005 e il 2013 (in Italia è andata in onda su Rete 4) e l'adattamento della BBC con Kenneth Branagh, tra il 2008 e il 2016. La nuova serie è quasi un prequel spirituale di quest'ultimo, poiché anche in questo caso si è scelto di girare in lingua inglese, per raggiungere un pubblico più vasto.

Kurt alle prime armi

Il Giovane Wallander 1
Il giovane Wallander: un'immagine della serie Netflix

Non è il solito personaggio quello che incontriamo ne Il giovane Wallander, con le fattezze dell'attore svedese Adam Pålsson. Tanto per cominciare, non siamo a Ystad, storica sede delle indagini di Kurt e dei suoi colleghi, ma a Malmö, la città più importante della Scania, nota al cinema per la sua presenza nei film di Bo Widerberg (ritenuto dai critici una sorta di "rivale" di Ingmar Bergman, il suocero di Henning Mankell) e in televisione per l'uso che se n'è fatto in The Bridge, dove il luogo del delitto è il ponte di Öresund che lega la città a Copenaghen. È qui che il giovane Wallander sta muovendo i primi passi, in un presente non precisato ma accostabile al nostro, a differenza degli altri adattamenti che, fedeli ai testi di Mankell, presentano un protagonista coetaneo del suo autore (la prima indagine letteraria, nell'ordine cronologico degli eventi dei libri, si situa nel 1969, quando Kurt aveva 21 anni). Ansioso di dimostrare il proprio valore come poliziotto, sarà messo a dura prova da un delitto che mette a nudo il lato oscuro della città e il divario sociale tra il ceto benestante e coloro che sono ritenuti sacrificabili.

La Svezia oggi

Il Giovane Wallander 3
Il giovane Wallander: un momento della serie Netflix

L'approccio della serie può risultare straniante per i conoscitori dell'opera letteraria, per la collocazione temporale e per l'assenza di gran parte dei comprimari storici (la presenza più importante in tal senso è Mona, paradossalmente destinata a diventare una figura minore nel canone mankelliano). Eppure è l'elemento più interessante di questa nuova trasposizione, che mette a nudo le ipocrisie e i difetti della società svedese odierna come lo facevano un tempo i romanzi, portando avanti un vero e proprio filone di impegno sociale nella letteratura di genere in Svezia (basti pensare a Stieg Larsson, che trasformò in trilogia thriller le proprie esperienze come giornalista investigativo alle prese con l'estrema destra nel proprio paese). O almeno, lo fa sulla carta, perché a livello di scrittura ed estetica lo stile è un po' troppo pulito e britannico, laddove la versione con Kenneth Branagh catturava perfettamente il grigiore scandinavo, al punto che gli stessi svedesi, inizialmente scettici, dichiararono tale serie il migliore adattamento dell'opera di Mankell, al netto della pronuncia dei nomi (gli anglosassoni dicono "Uóllander" anziché "Vallànder").

La top 20 delle serie tv procedurali: Law & Order, CSI, Bones e le altre

Il Giovane Wallander 2
Il giovane Wallander: Adam Pålsson in una scena della serie Netflix

Qui, forse anche per la scelta della grande città, con spazi alquanto anonimi, e la decisione di girare soprattutto in interni, l'aspetto squisitamente nordico viene meno, ed è preservato solo nella performance di Pålsson, la cui dizione inglese perfetta cela comunque quell'anima scandinava, presente anche nei tratti essenziali della personalità di Wallander, ancora giovane ma già indirizzato su una certa via, fatta di dubbi e interrogativi costanti. Un connubio di carisma e vulnerabilità da cui partire per un'eventuale prosecuzione di questa rilettura del personaggio, situandolo ancora più apertamente in una realtà nazionale che per ora rimane sullo sfondo (il paragone evidente è con il più riuscito Il giovane Montalbano), lasciandoci con un'indagine interessante ma fin troppo convenzionale, perfetta per chi cerca un bingewatching senza troppe pretese ma anche una piccola occasione sprecata dato il materiale a disposizione.

Conclusioni

Eccoci alla fine della recensione de Il giovane Wallander, serie Netflix che vuole rilanciare in chiave più moderna il personaggio creato da Henning Mankell, riuscendoci a metà: se da un lato è encomiabile la componente tematica unita al lavoro su Wallander stesso, dall'altro viene a mancare l'elemento veramente nordico che contraddistingue le indagini del poliziotto. Si spera in un miglioramento qualora ci fossero ulteriori episodi.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Adam Pålsson incarna bene il carisma e i dubbi di Kurt Wallander.
  • La componente socio-politica è interessante.
  • Il ritmo serrato favorisce il bingewatching.

Cosa non va

  • La scrittura a tratti è troppo convenzionale.
  • Non si sente particolarmente l'aria scandinava.