Se alle origini del cinema mettere in scena capolavori della letteratura del passato sembrava una necessità, il cui obiettivo era dare dignità al mezzo cinematografico, oggi al contrario questa operazione viene vista con sospetto, spesso tacciata di passatismo. Eppure c'è ancora qualcuno che riesce a compiere un miracolo, a declinare in nuove forme un caposaldo della cultura come I fratelli Karamazov, l'ultimo grande romanzo di Fëdor Dostoevskij. L'autore capace di vincere questa sfida viene dalla Repubblica Ceca, si chiama Petr Zelenka ed è prima di tutto un drammaturgo e un regista teatrale e, solo in seconda istanza, un regista cinematografico. Così, la sua versione de I fratelli Karamazov è innanzitutto una messa in scena teatrale del testo del romanziere russo, messa poi al servizio di uno straordinario gioco di attori e ambientata al giorno d'oggi enfatizzando l'idea del palcoscenico. In modo simile a quanto faceva infatti Louis Malle con Vanya sulla 42esima strada, Zelenka fa provare ai suoi attori il testo e quel testo è già film. Molto simbolica è poi la scelta della location, Nowa Huta, gigantesca acciaieria di Cracovia in Polonia, simbolo un tempo del socialismo reale e oggi rovina di un passato industriale che ha generato mostri e disillusioni. Abbiamo incontrato Petr Zelenka alla Casa del Cinema a Roma, venuto a presentare il film - realizzato nel 2008 - che uscirà nelle sale italiane il 27 marzo grazie alla lungimiranza di Distribuzione Indipendente.
L'adattamento teatrale de I fratelli KaramazovLa prima grande impresa alle spalle del film di Zelenka è l'adattamento teatrale del romanzo di Dostoevskij. "La storia dell'origine del testo - ci racconta il regista - è una storia a sé. Per quel che ne so ci sono ben sei adattamenti teatrali che sono stati fatti nella Repubblica Ceca de I fratelli Karamazov. Quello che ho scelto io risale agli anni '70. All'epoca veniva messo in scena in un piccolo teatro di Praga. L'autore di questo adattamento è Evald Schorm (uno degli esponenti negli anni Sessanta, al fianco di Milos Forman e di altri, della Nová vlna, la nuova onda cecoslovacca. N.d.r.), cui ad un certo punto il regime aveva cominciato a proibire di fare film. Gli permetteva però almeno di fare teatro, ritenendo che il teatro fosse meno "pericoloso" per le masse. In questo adattamento, Schorm ha messo qualcosa di se stesso e cioè la difficoltà di poter creare liberamente. Il suo testo è stato poi ripreso venti anni dopo da un altro gruppo teatrale e ha subito qualche cambiamento. Poi l'ho preso anch'io e anch'io l'ho cambiato ancora un po'. La lunga storia di questo adattamento è anche la storia del rapporto di noi cechi con I fratelli Karamazov. Per questo credo sia giusto rispettare e mantenere tutte le modifiche che sono state fatte negli anni. Certo, poi se vai in Russia, loro strabuzzano gli occhi perché manca la parte relativa al Grande Inquisitore. Noi però abbiamo preferito concentrarci proprio sulla famiglia Karamazov e ci sono diversi motivi per spiegare questa scelta, legati anche all'identità ceca. In generale, infatti, nella Repubblica Ceca non si crede in Dio. Parlare di Dio da noi è sempre molto pericoloso, rischioso. Perciò si è costretti a farlo in modo ironico. Mettere dunque la leggenda del Grande Inquisitore avrebbe portato il discorso su un piano filosofico e religioso che sarebbe probabilmente stato visto con sospetto dal pubblico". Il gioco degli attori
Ma I fratelli Karamazov è soprattutto un film di attori, straordinari interpreti che sono praticamente sconosciuti da noi e che rispondono ai nomi di: Ivan Trojan, Igor Chmela, Martin Mysicka, David Novotny, ecc. Zelenka lavora con loro da dodici anni, sempre sul testo di I fratelli Karamazov che mettono in scena in un teatro di Praga da 120 posti. "Sì, loro lo recitano da dodici anni - ci dice Zelenka - e per il film ho rispettato quasi tutti i ruoli. Qualcosa ho cambiato per la versione cinematografica, ma non molto. Penso che meritino una grandissima ammirazione per il lavoro che fanno, un lavoro eccezionale. È un paradosso, del resto, che il film abbia vinto moltissimi premi ma agli attori invece non è mai andato nessun riconoscimento". Nel film, a tratti, si ironizza anche in modo affettuoso sul ruolo dell'attore, sul fatto che non sappia le lingue o sulla constatazione che l'attore in genere suda molto di più rispetto agli altri esseri umani. "Ho un rapporto di amore-odio verso gli attori. Di ammirazione e di disprezzo insieme. Sono un po' come dei bambini, quindi sono inaffidabili, sfuggono. È difficile mettersi d'accordo su qualcosa con loro, ma ovviamente i grandi attori sono baciati da Dio e riescono a fare delle cose incredibili. Ad esempio, è possibile che un attore non molto intelligente riesca a interpretare benissimo un personaggio più intelligente di lui. È una cosa incredibile, però succede. Bisogna incominciare a credere in Dio per questo perché altrimenti non si riesce a credere che una cosa del genere possa essere possibile". È forse questa la magia della recitazione che si sprigiona soprattutto in teatro più che al cinema. Ed è forse per questo che Zelenka dopo I fratelli Karamazov non ha ancora diretto un nuovo film? "In realtà no. Non saprei dire se preferisco il teatro al cinema. Negli ultimi cinque anni ho fatto solo teatro perché il processo complessivo è più semplice. Quando scrivo un testo teatrale è più facile tradurlo, ma le riprese cinematografiche ti danno un'adrenalina che non si può cambiare con nient'altro". La visibilità internazionale di I fratelli Karamazov
È un peccato però che I fratelli Karamazov arrivi soltanto ora in Italia, dopo così tanti anni dalla sua realizzazione. Il film, che è stato premiato al Karlovy Vary ed è stato candidato dalla Repubblica Ceca agli Oscar del 2008, non ha avuto praticamente diffusione tra il pubblico internazionale. "L'Italia in effetti è un'anomalia, nel senso che il film è uscito in pochissimi paesi, tra cui la Polonia, dove è ambientato. Questo perché il nostro produttore ha delle strane idee in tal senso. Ritiene in fatti che un film debba essere proiettato solo nel paese in cui è stato realizzato. Io per esempio, all'epoca, avevo già stretto accordi con vari distributori, tra cui giapponesi e ungheresi, ma lui non ha voluto firmare nessuno di questi accordi. Quando però si è trattato dell'Italia, alla fine si è convinto con l'assicurazione che il contratto fosse di una sola pagina. E così è stato".