Quelli di Hirokazu Koreeda e Naomi Kawase sono due nomi che a Cannes siamo abituati a sentire negli ultimi anni: il primo torna in concorso con Our Little Sister dopo l'ottima accoglienza ricevuta con il precedente, toccante, delicato Father and Son; alla seconda, e al suo An: Sweet Red Bean Paste, viene affidata la prestigiosa apertura di Un Certain Regard dopo aver accolto in concorso lo scorso anno il suo Still the Water.
Due autori che ci mostrano quell'aspetto più tradizionale del paese del Sol Levante, tenendo fuori dal loro racconto la sfrenata corsa tecnologica e gli eccessi ultramoderni, concentrandosi sui personaggi e le relazioni interpersonali, su contesti sociali che persistono, che devono persistere, e suggerendo l'importanza delle tradizioni di una cultura unica nel suo genere.
La caducità della vita e della bellezza
Il lungo isolamento vissuto nella sua storia, ha fatto sì che il Giappone avesse, più di altre culture mondiali, una identità tutta sua e spesso difficile da afferrare per gli stranieri. Usi, abitudini, presupposti culturali che persistono nonostante la grande apertura verso l'esterno vissuta nell'ultima fase della storia del paese e il boom tecnologico che l'ha reso uno dei luoghi più all'avanguardia del pianeta. Eppure a guardare una certa parte del cinema del Sol Levante, questo non si direbbe. Alcuni autori, come i due citati e visti a Cannes 2015, restano radicati ad un modo di essere vecchio stile, lo sottolineano, quasi lo esaltano. Accade in An della Kawase, che sin dall'insistenza sul parallelo con i fiori di ciliegio, i celebri sakura che per pochi giorni tingono di bianco i paesaggi primaverili giapponesi. Quella dei sakura è una bellezza intensa quanto breve, da sempre amata dal popolo nipponico perché in linea con uno dei canoni della loro estetica, quella passione per quella bellezza ancora più meravigliosa perché fuggevole.
La riscoperta delle tradizioni
Così come il rapporto che si crea tra i due protagonisti del film, Sentaro e l'anziana Tokue: un incontro che cambia il corso della vita di entrambi nonostante la sua esigua durata. Attraverso Tokue, il venditore di dorayaki Sentaro si ritrova faccia a faccia con la tradizione della sua cucina, con una preparazione dell'An del titolo, la crema di fagioli rossi così centrale nella cucina giapponese, fatta con passione e sentita cura del dettaglio. É un altro simbolo del film, quell'An che vediamo nascere sotto i nostri occhi nell'accorata preparazione di Tokue (una emozionante Kirin Kiki), che richiama proprio tutto quel complesso intrico di tradizioni che è il tessuto connettivo del Giappone, in particolare quello rurale che fa da sfondo alla vicenda. Un richiamo che echeggia anche nell'incantevole Kamakura che accompagna la storia raccontata da Hirokazu Koreeda in Our Little Sister, con tutti quei personaggi e luoghi che rappresentano il delicato fondale su cui si adagiano le sue quattro protagoniste.
La famiglia di Koreeda
Affiatate e ben amalgamate, le quattro protagoniste del film mettono in scena la famiglia giapponese, pur in assenza di vere e proprie figure di genitori. Il regista, ispirandosi all'omonimo celebre manga, mette in scena situazioni e rapporti interpersonali delicati e toccanti, raccontando attraverso le sue giovani protagoniste una fetta di Giappone che va preservata e sostenuta, con la sua delicata riservatezza e quella sua immediata semplicità che aiuta ad affrontare e superare, insieme, i problemi. Una famiglia che possiamo considerare nel senso più ampio del termine, allargandolo alla comunità rappresentata dalla cittadina di Kamakura che circonda e arricchisce la storia delle quattro sorelle che poco per volta consolidano i loro rapporti diventando un'unità familiare concreta e unita. Chi segue un minimo il cinema, ma l'arte in generale, del Giappone sa che solo parte della cultura nipponica è ancora legata in modo esplicito a queste basi tradizionali forti e radicate, ma ci sentiamo di leggere nelle ultime opere di questi due autori, entrambe presentate a Cannes 2015, la speranza e la volontà di mantenerle ancora vive e vitali.