Il Gatto con gli Stivali 2: L'ultimo Desiderio, distribuito nelle sale italiane il 7 dicembre 2022 grazie ad Universal Pictures, è stata una sorpresa per tutti coloro che avevano ben in mente il primo film animato dedicato al combattente felino doppiato da Antonio Banderas. Il precedente titolo, infatti, arrivato ben 11 anni fa, per quanto fosse stato apprezzato da pubblico e critica, rimaneva troppo ancorato alla sua natura di spin-off, proponendo un'avventura simpatica e scanzonata imprigionata, però, in un'ottica limitata, quasi fosse volutamente un ridimensionamento della saga di Shrek. Questo seguito, al contrario, partendo dalla piena consapevolezza di essere parte di un mondo più grande, alza moltissimo la posta in gioco, cambiando totalmente la dimensione estetica e registica, affrontando temi estremamente maturi e riflessivi che apparentemente sembrano lontani dal progetto. Andiamo a scoprire quali sono gli elementi contenutistici e le caratteristiche che rendono Il Gatto con gli Stivali 2: L'ultimo Desiderio un prodotto che segna un profondo spartiacque per la Dreamworks Animation.
L'occhio vuole la sua parte
Cominciamo dall'elemento che, all'interno de Il Gatto con gli Stivali 2, è forse il più lontano dalla precedente pellicola. Se infatti il primo film fa uso della CGI per andare a comporre il quadro estetico, in questo caso c'è stato un lavoro decisamente più complesso e audace. Alla classica computer grafica è stata affiancata un tipo di animazione bidimensionale, in particolare illustrazioni e concept art che prendono vita in modo armonioso: il risultato è simile a quanto abbiamo visto all'interno di Spider-Man: Un Nuovo Universo, dove si è sperimentato particolarmente con gli effetti visivi per riportare su schermo la profondità dei fumetti, caratterizzando ogni personaggio con colorazioni e stili ad hoc aggiungendo il 2D sui fotogrammi renderizzati in CGI. L'effetto, nell'opera Dreamworks, è spiazzante perché le scene dinamiche e di combattimento hanno una marcia in più grazie ai forti contrasti cromatici, mentre l'ambientazione assume ancora di più tratti fiabeschi ed astratti perfettamente coerenti con la storia narrata.
Un'integrazione efficace nell'universo di Molto Molto Lontano
Se già sul piano estetico il lungometraggio dimostra una maturità notevole, anche la natura del progetto cambia profondamente, mettendosi in linea in modo più efficace con la saga di Shrek. Mentre i riferimenti all'orco verde, nel primo film, erano quasi totalmente assenti, stavolta non solo assistiamo a veri e propri flashback che vedono interagire il protagonista con altri personaggi del franchise, ma anche il finale è radicato nell'universo di Molto molto lontano, lasciando un ampio spiraglio per un ulteriore seguito. Da non sottovalutare, inoltre, come abbiamo fatto in sede di recensione, la trama della pellicola che si fa forza di note fiabe della tradizione come Riccioli d'oro e i tre orsi ma anche della filastrocca Little Jack Horner andando a costruire un originale intreccio in cui il folklore, le favole e i racconti popolari si uniscono in modo decisamente più convincente rispetto al precedente titolo dove le citazioni al mondo favolistico erano poco utili alla risoluzione del racconto.
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A duello con la morte
È centrale all'interno del film l'accettazione, da parte del protagonista, della sua mortalità. Dopo aver perso 6 vite, con solo una vita rimanente è assediato dai dubbi e dalla paura, abbandonando tutto. Di pari passo con il suo "pensionamento", il gatto viene frequentemente visitato dalla Morte (Wagner Moura), rappresentata come un lupo incappucciato che, armato di doppia falce, continua a tormentarlo, intento a portarlo via a causa della sua insolenza dimostrata nelle vite precedenti. Dopo continui scontri e un duello finale spettacolare, ad allontanare il tristo mietitore non è solo la tenacia combattiva del gatto con gli stivali, ma la sua consapevolezza di avere solo una vita rimasta che lo spinge ad essere meno vanesio e più riflessivo. Ecco che quindi l'esistenzialismo di Bergman entra prepotentemente nel lungometraggio e, nella riproposizione di un classico del cineasta svedese, Il settimo sigillo, mostra il suo lato più profondo e sorprendente, invitandoci a valorizzare la vita ed apprezzarne ogni singola sfumatura.
Ognuno ha la propria strada
Il lungometraggio animato si configura come un lungo viaggio dove ogni personaggio cerca in tutti i modi di esaudire un desiderio grazie ad una stella magica. In maniera similare a Il mago di Oz, nel quale il leone, lo spaventapasseri e l'uomo di latta cercano di porre fine alla loro incompletezza fisica e morale chiedendo un aiuto al potente stregone nascosto nella Città di Smeraldo, così il protagonista cercherà di rimettere in piedi le sue 7 vite, Kitty (Salma Hayek) trascorrere una vita insieme a il gatto, Riccioli d'oro (Florence Pugh) a tornare dalla sua vera famiglia, mentre Big Jack Horner (John Mulaney) impossessarsi di tutta la magia esistente. Il colpo di scena è che nessuno di loro riuscirà ad esaudire quel desiderio: se da un lato c'è il vero cattivo della storia, Horner, che non è degno di tale privilegio, tutti gli altri personaggi non si rendono conto che quello che desiderano non corrisponde per forza a quello che vogliono realmente (Il Gatto, Riccioli d'oro) o che hanno già raggiunto il loro scopo (Kitty).
Il Gatto con gli Stivali 2: L'ultimo desiderio, il trailer del film
La semplicità vince contro l'ambizione
Da questa lunga ricerca, emerge anche un altro aspetto che forse può passare in sordina, ma che invece ha un'importanza cruciale: il cane Perrito (Harvey Guillen) è di fatto l'unico senza avere un desiderio, oltre ad essere il solo che, quando tocca la mappa per arrivare alla stella, ha un percorso morbido e pacato, senza pericoli o fantasmi del passato. Questo perché da un lato il cucciolo ha accettato il modo orribile in cui è cresciuto e, contemporaneamente, ha sempre vissuto un'esistenza placida e serena, dove la semplicità sovrasta la complessità, dove le avventure sono sostituite dalla normalità. Ed è proprio questo che la pellicola, velatamente, trasmette agli spettatori: non è necessario cercare per forza un obiettivo tangibile, ma anche lasciarsi trasportare dagli eventi che la vita ci pone davanti, cercando di apprezzare il valore dell'essenzialità e amando le piccole cose. Una filosofia incredibilmente potente che, con un film del genere, riesce a raggiungere grandi e piccini con la stessa intensità.
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L'essenza della vita
Alla fine della corsa, come in tutte le grandi storie e fiabe, l'eroe del racconto, dopo la sua avventura - si essa interiore o fisica - ne esce cambiato. Con Il Gatto con gli Stivali 2 - L'ultimo Desiderio, il nostro amato felino cresce molto nel suo viaggio alla scoperta di sé stesso: si rende conto di quanto è preziosa la vita che non va assolutamente sprecata a causa della sua fugacità. Contemporaneamente, il gatto scopre anche che un'esistenza degna del suo nome non può essere solitaria: gli affetti e le amicizie sono fondamentali per la nostra crescita, perché ci aiutano a sopportare con meno difficoltà i nostri problemi ed ostacoli. L'arco narrativo del personaggio principale, in questo caso, è studiato alla perfezione perché evolve di pari passo con la trama del lungometraggio e, al tempo stesso, subisce direttamente le influenze dei contenuti e dei temi raccontati nella storia. Una costruzione narrativa che ci auguriamo non perda il suo fascino nel sequel del film.