Spesso l'animazione è legata nella nostra testa - complici l'associazione mentale automatica inerente quel tipo di linguaggio e i Classici Disney con cui tutti siamo cresciuti - ad un racconto per bambini, spesso sottoforma di fiaba o favola. Ci sono però autori che sono riusciti ad innalzare questo linguaggio ad un target adulto, o ad ampliare il bacino di pubblico mescolando l'elemento maggiormente favolistico a quello che va a ripescare la storia con la S maiuscola e le influenze ed eredità culturali della stessa. Tra questi possiamo sicuramente annoverare Michel Ocelot, cineasta francese dal tratto inconfondibile, minimalista e delicato, di cui torniamo a parlare nella recensione de Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa, dal 14 dicembre nelle sale italiane distribuito da Movies Inspired, cinque anni dopo quel gioiellino animato che fu Dilili a Parigi.
Attraverso la Storia
Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa, datato 2022, ha avuto un percorso periglioso prima di arrivare finalmente al cinema da noi. Prima pellicola d'animazione prodotta anche dal Museo del Louvre, è stato presentato in anteprima al Festival di Annecy, dedicato proprio a questo linguaggio, e in Italia ad Alice nella Città sezione parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma, per approdare in sala solo un anno dopo grazie a Movies Inspired. Come già fatto in alcuni suoi lavori precedenti, la pellicola diviene un collage di storie unite tra loro in questo caso dalla narratrice, che vediamo inizialmente seduta e circondata da un gruppo di bambini stesi a terra, incuriositi e in attesa di una bella favola della buonanotte. Tutto attraverso un'incredibile gioco di luci o ombre, che ce ne fanno scorgere solamente le sagome di nero vestite. È così che il film viaggia attraverso la Storia con la s maiuscola in tre epoche diverse per i tre personaggi titolari: un'epopea ambientata nell'antico Egitto, una leggenda medievale nell'Alvernia, una fantasia romantica orientale del XVIII Secolo.
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Tre storie
Nella prima favola Michel Ocelot ci porta nel regno di Kush dove un giovane re e una principessa sono innamorati ma la loro unione viene osteggiata dalla madre di lei, che non lo ritiene degno. La principessa è destinata al Faraone che però non vuole sposarla, quindi all'innamorato non resta che una cosa da fare: conquistare l'Egitto risalendo il Nilo e diventare così Faraone d'Egitto a sua volta. Sceglierà di farlo chiedendo aiuto agli Dèi e dimostrando saggezza, pazienza e audacia, tutte qualità degne di un buon sovrano: saranno abbastanza?
Nella seconda storia protagonista è il giovane figlio dell'irascibile Signore di un castello che lo sgrida continuamente. Quando il ragazzo fa scappare uno dei prigionieri, il padre ordina ai propri servi di portarlo nella foresta e mettere fine alla sua vita. Anni dopo, un misterioso Selvaggio crea costantemente problemi al Signore rubandogli le tasse e portando i contadini alla rivolta. Dopo una lunga battaglia, il Signore rimarrà solo nel proprio castello e avrà un'amara scoperta sull'identità del Selvaggio.
Nella terza ed ultima favola un giovane Principe è costretto a rifugiarsi nel villaggio vicino al proprio e a vivere sotto mentite spoglie come venditore di ciambelle, modificando la secolare ricetta del mercante per cui lavora. Sarà proprio questa però ad attirare non solamente i cittadini ma a catturare anche l'attenzione della Principessa delle Rose (dalla marmellata di rose che prepara). Il sultano però scopre il loro amore reciproco e li imprigiona: potrebbe essere un mestolo - quindi ancora una volta la cucina - a salvarli e a salvare la loro storia d'amore.
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Caratteristiche ed influenze
L'animazione de Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa non gioca solamente sulla luce e il buio, su un tratto minimalista tipico del cineasta francese e su linee delicate e allo stesso tempo pungenti, ma riempie le tre storie di riferimenti alla tradizione letteraria e cartoonesca, come Aladdin, Robin Hood e così via. Al centro delle tre trame, unite tra loro dalla voce suadente della narratrice e incalzate dalle domande insistenti del giovane pubblico della donna, vi è come si può evincere l'amore nella sua forma più travagliata accanto ad un rapporto padre-figlio particolarmente complesso e tossico. La magia dell'animazione colpisce ancora una volta.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione de Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa sottolineando come si tratti di un film un po' troppo spezzettato ad episodi in cui a vincere ed emergere sono le tematiche universali di fondo delle tre storie, che pescano da vari classici, e la tecnica d’animazione utilizzata, estremamente riconoscibile.
Perché ci piace
- Il tratto inconfondibile di Michel Ocelot.
- Il lavoro sulle luci ed ombre dell’animazione.
- La dolcezza del racconto…
Cosa non va
- …che però trova qualche battuta d’arresto nel ritmo e nella coesione generale.
- Non tutte e tre le storie possono colpire allo stesso modo.