Non si vince l'Orso d'Oro a Berlino per caso. E quando al prestigioso riconoscimento internazionale si aggiungono anche cinque David di Donatello, allora vuol dire che si è fatto davvero centro. L'impresa è riuscita a Paolo Taviani e Vittorio Taviani, capaci con Cesare deve morire di creare un docu-fiction in cui riprendono i detenuti del carcere di Rebibbia impegnati nella realizzazione del Giulio Cesare di Shakespeare. I due registi ne seguono le prove, le incertezze, gli entusiasmi, che si intrecciano alle difficoltà di una vita vissuta in cella e con la zavorra delle colpe passate.
Così i primattori diventano i carcerati, da Cosimo Rega a Salvatore Striano, da Giovanni Arcuri a Antonio Frasca, a Juan Dario Bonetti, solo per fare alcuni nomi. Il tutto puntando sui dialetti di ciascun carcerato, scavando nei loro volti durante i provini e girando gran parte del film in un affascinante bianco e nero.
Buono l'audio multicanale: certo il film è basato soprattutto sui dialoghi, peraltro chiari e puliti (a parte le difficoltà di comprendere qualche parola in dialetto stretto) e non comprende scene spettacolari dal punto di vista sonoro. Però bisogna dire che qualche piccolo particolare di ambienza nonché i pochi momenti musicali coinvolgono in modo efficace tutti i diffusori, per cui il reparto fa degnamente la sua parte.
Positivo anche il reparto dei contenuti speciali. Troviamo innanzitutto un contributo di 10 minuti nel quale Paolo e Vittorio Taviani (seduti accanto a Nanni Moretti) raccontano il film, l'idea e la sua realizzazione. Seguono alcune interviste ai protagonisti carcerati (in tutto 12 minuti circa) e una bella featurette con le riprese sul set che dura ben 28 minuti e riesce a introdurre in modo efficace lo spettatore nell'ambiente in cui è stato girato il film. A chiudere i premi, con il filmato sull'Orso d'Oro a Berlino (quasi 3') e quello sui premi David di Donatello (5').