Tra Vigàta e Montelusa, c'è Livorno. È di Livorno l'uomo che, da vent'anni, trasforma le pagine di Camilleri nelle sceneggiature de Il Commissario Montalbano. La prosa, già viva, di Andrea Camilleri si trasforma in dialoghi, azioni, gesti, spostamenti. È lui che - insieme a Salvatore De Mola e Leonardo Marini - taglia le pagine dei romanzi, o lega due racconti in una sola storia. Se da vent'anni Montalbano è la Sanremo della fiction, è anche merito di Francesco Bruni.
Bruni, cinquantotto anni, è lo sceneggiatore de L'altro capo del filo, prima delle due nuove avventure di Montalbano in onda su Rai1 e di tanti film di Paolo Virzì, da Ovosodo a La prima cosa bella, e il regista di Scialla! (Stai sereno), esordio premiato alla Mostra del cinema di Venezia, e di Tutto quello che vuoi, premiato in decine di festival internazionali. Lo raggiungiamo al telefono: è allo stadio, il suo Livorno ha appena vinto, gol all'ultimo minuto di Aniello Salzano.
Ricomincia un avventura che va avanti da più di vent'anni
Bruni, ma in questi vent'anni come è cambiato Montalbano?
Per fortuna, non è cambiato per niente. E forse proprio questo ne ha decretato il successo. Nello scriverlo, siamo aiutati dal fatto che Luca Zingaretti, in questi vent'anni, è rimasto fisicamente uguale.
Cambiano, invece, i temi. Nella puntata in onda stasera Vigata è alle prese con gli sbarchi dei migranti.
Sì: un tema non nuovo, nelle storie di Montalbano, ma mai così centrale. In L'altro capo del filo si tratta di una nave di migranti che viene dall'Africa; nella puntata di lunedì prossimo, Un diario del '43, si parla di una migrazione di ritorno: un italiano emigrato negli Stati Uniti torna a ricercare il suo passato.
Ci sono state già polemiche. Come se fosse una provocazione verso le posizioni dell'attuale governo.
È assurdo pensarlo; abbiamo consegnato l'episodio nel marzo 2018, e Andrea Camilleri aveva scritto il libro addirittura l'anno prima.
A proposito di Camilleri. Quali sono i suoi rapporti con lo scrittore?
Camilleri è sempre stata molto generoso, e molto gentile. Da alcuni anni non vede quasi più: e allora andiamo a casa sua e gli 'recitiamo' i copioni. Suggerisce qua e là tagli o modifiche, ma è sempre molto incoraggiante e affettuoso.
Ricorda gli inizi della serie, vent'anni fa?
Era considerato un prodotto di nicchia, andava su Raidue, e ancora il fenomeno Camilleri non era così travolgente. Ci è letteralmente esploso fra le mani.
Il commissario Montalbano, dal thriller alla commedia
Oggi, nel mondo dei social, di Twitter, di Instagram, come vive Montalbano tutto questo?
Semplice: Montalbano non sa neanche usare lo smartphone! Viene introdotto alla tecnologia da Catarella, pensa te....
Catarella porta nelle inchieste toni da commedia. Ma in generale, la commedia all'italiana sembra molto presente...
Esatto. C'è una parte di noir, di thriller, ma una parte di commedia nelle storie di Montalbano. Per esempio nel rapporto di Montalbano con Mimì Augello, o nelle apparizioni dei testimoni, sempre coloriti. Due registri che sono già nei romanzi.
L'aspetto più affascinante di Montalbano, per lei?
Il suo sguardo molto umano sul crimine. Lo vede come qualcosa che fa parte dell'animo umano; lo guarda con amarezza, ma non giudica. Proprio come uno dei grandi maestri a cui Camilleri si ispira, Georges Simenon e il suo commissario Maigret.