Sono molto sospettoso della gente che fa film solo per i festival. Il film più difficile da fare è un film che abbia integrità creativa e raggiunga un pubblico ampio.
Pochi registi hanno incarnato l'evoluzione e le nuove tendenze del cinema a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta in maniera emblematica quanto l'inglese Alan Parker. E pochi registi, in quello stesso periodo, hanno saputo destreggiarsi con altrettanta dimestichezza fra i generi più diversi, pur senza rinunciare a un'impronta personalissima, rintracciabile in un thriller così come in un musical: quella "integrità creativa" che, secondo il celebre cineasta e sceneggiatore, era tutt'altro che inconciliabile con la possibilità di realizzare un prodotto mainstream. E per quanto non sempre i suoi film abbiano raccolto il successo sperato, al nome di Alan Parker sono legati comunque almeno una mezza dozzina di cult movie.
Un grande regista venuto dalla pubblicità
Da Fuga di mezzanotte a Saranno famosi, da Mississippi Burning a The Commitments, Alan Parker ha scritto più di un capitolo dell'immaginario cinematografico dell'ultimo mezzo secolo; ma pure alcune delle sue pellicole meno fortunate, da Birdy - Le ali della libertà ad Angel Heart - Ascensore per l'inferno, sono state riscoperte nel corso del tempo, contribuendo alla reputazione di un regista coraggioso e straordinariamente versatile. Insignito di sei BAFTA Award (incluso il premio alla carriera all'edizione del 2012) e di due nomination all'Oscar, Parker si è spento a Londra il 31 luglio 2020, a settantasei anni, per quanto si fosse già ritirato dalle scene nel 2003; e la sua scomparsa costituisce un'occasione per ripercorrere una filmografia tra le più affascinanti e composite degli ultimi decenni.
Eppure, Alan Parker al cinema ci sarebbe arrivato quasi per caso, passando per un ingresso 'secondario': la pubblicità. A diciotto anni, subito dopo il diploma, inizia a lavorare in un'agenzia pubblicitaria, dove il suo talento creativo lo porterà ad assumere la funzione di copywriter e, nel 1968, a dirigere i suoi primi spot. Una formazione che lo mette subito a contatto con regole e mezzi della comunicazione televisiva rivolta a un pubblico di massa: un background che non a caso accomuna Parker ad altri futuri registi suoi contemporanei, dai fratelli Ridley e Tony Scott ad Adrian Lyne. Fondamentale è anche l'incontro con il mega-produttore David Puttnam, che lo esorta a scrivere il suo primo copione cinematografico, la commedia del 1971 Come sposare la compagna di banco e farla in barba alla maestra.
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Gli esordi fra TV e cinema: piccoli gangster sul grande schermo
Le ambizioni da regista si concretizzano, nella prima metà degli anni Settanta, con due film di guerra acquistati e trasmessi dalla BBC: No Hard Feelings e The Evacuees. Nel lustro successivo, con i suoi primi due titoli girati per il grande schermo, Alan Parker fornirà un primo assaggio delle due anime complementari del proprio cinema: quella più lieve, giocosa e ironica di Piccoli gangsters, in cui già emerge la sua passione per la musica, e quella più cupa, tesa e drammatica di Fuga di mezzanotte, basato sul memoriale dell'americano Billy Hayes sulla sua reclusione in un carcere turco. Due opere apparentemente agli antipodi, ma che sanciranno la consacrazione di Parker fra i cineasti più promettenti dell'epoca.
L'amore per il cinema classico, declinato mediante due generi canonici dell'età d'oro di Hollywood quali il gangster movie e il musical, viene espresso con l'apprezzatissimo debutto del 1976 Piccoli gangsters (in originale Bugsy Malone), in cui l'era del proibizionismo e l'iconografia legata alla malavita sono oggetto di una deliziosa parodia servendosi di un cast composto interamente da adolescenti (fra cui una Jodie Foster appena tredicenne) e della colonna sonora di Paul Williams. Il musical, un genere che negli anni Settanta, salvo poche eccezioni, sembrava arrivato al tramonto, risulterà una delle forme d'arte più congeniali ad Alan Parker, che tuttavia, dopo Piccoli gangsters, saprà rinnovarlo secondo i nuovi modelli del pop, del rock e della nascente MTV.
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Da Saranno famosi a Evita: il senso di Alan Parker per il musical
In quest'ottica il suo terzo film, Saranno famosi, si pone come un essenziale precursore di un intero filone del cinema degli anni Ottanta. Distribuito con grande successo nel 1980 e all'origine dell'omonima serie televisiva in onda dal 1982 al 1987, Saranno famosi, ritratto di un gruppo di giovani allievi della High School of Performing Arts di New York, unisce gli ingredienti del racconto di formazione e dei teen drama tipici di quel decennio alla vibrante energia di un modernissimo pseudo-musical: le performance canore e le elaborate coreografie fra le strade della Grande Mela, incluso il memorabile numero della title track Fame (brano da Oscar interpretato da Irene Cara), faranno letteralmente scuola per anni a venire, mentre il tono del racconto risulta efficacemente sospeso fra romanticismo, malinconia e tenerezza. E a Saranno famosi è legato a doppio filo un altro cult movie della carriera di Alan Parker, The Commitments, la cui popolarità però si concentrerà maggiormente in Europa e nelle isole britanniche.
Uscito nel 1991 e ricompensato con i BAFTA Award per miglior film e regia, The Commitments ricostruisce la parabola di un gruppo di ragazzi di Dublino che si esibiscono per gli spettatori locali sulle note dei classici del soul. Si tratta di un'altra celebrazione dell'amicizia e dei "sogni di gloria" della gioventù, contrassegnata da una vivifica leggerezza e da un profondo affetto nei confronti del mondo della working class irlandese. Nel 1996 sarà la volta di un ultimo musical, ma di natura diametralmente opposta: Evita, trasposizione del classico di Broadway del 1978 di Tim Rice ed Andrew Lloyd Webber basato sulla vicenda di Eva Perón. Film più composto e 'solenne', Evita sarà un notevole successo commerciale, pure in virtù della presenza di una superstar quale Madonna nel ruolo del titolo, e farà guadagnare a Parker il Golden Globe per la miglior commedia/musical.
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Il buio della Turchia e i roghi del Mississippi
Film musicali, toni da commedia, coming of age da un lato; dall'altro, la capacità di operare su un materiale narrativo ben più cupo e teso. È il caso di Fuga di mezzanotte, dramma carcerario prodotto da David Puttnam che si rivela uno dei film-evento del 1978 e vale ad Alan Parker il BAFTA Award e la nomination all'Oscar per la miglior regia. Nato dalla collaborazione non sempre facile fra Parker e lo sceneggiatore Oliver Stone, Fuga di mezzanotte offre un ideale punto d'incontro fra il tenebroso realismo e la durezza propri della New Hollywood e un'estetica più moderna, frutto del lavoro del fedelissimo direttore della fotografia di Parker, il neozelandese Michael Seresin; il film contribuisce inoltre a lanciare la carriera del protagonista Brad Davis e quella del compositore Giorgio Moroder, autore delle magistrali musiche eseguite al sintetizzatore.
Ancora più oscuro e inquietante è il progetto di Pink Floyd - The Wall, con cui nel 1982 Alan Parker porta al cinema l'omonima rock opera dei Pink Floyd: una rappresentazione visionaria e angosciante di quegli spettri, individuali e collettivi, messi in musica tre anni prima da Roger Waters, e qui riadattati alla Gran Bretagna del thatcherismo. La denuncia degli orrori della società, fra gli ingredienti al cuore di The Wall, ritorna nel 1988 nel film più esplicitamente politico di Parker: Mississippi Burning, ispirato all'omicidio, nel 1964, di tre giovani attivisti per mano del Ku Klux Klan. Imperniato sulle indagini una coppia di detective dell'FBI, interpretati da Gene Hackman e Willem Dafoe, Mississippi Burning adopera i codici del thriller poliziesco per tracciare un affresco orrorifico della provincia del Sud come una no man's land dominata dal razzismo imperante; e per quanto la sua accoglienza sia divisiva e corredata di polemiche, fra cui l'accusa di aver ricorso al cliché del white savior, il film è comunque un successo e Parker riceve la sua seconda candidatura all'Oscar.
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Sulle ali della libertà e scendendo verso l'inferno
Nel suo versante drammatico, quello di Alan Parker è insomma un cinema che ricerca l'effetto, la "mano pesante", il pugno allo stomaco dello spettatore: un approccio non sempre accolto dal consenso unanime della critica, che infatti stroncherà l'ultimo lavoro del regista, The Life of David Gale del 2003. Laddove Parker adotta invece una formula più sfumata o più originale, darà vita ad alcuni dei suoi film più interessanti e sottovalutati: dall'amara cronaca di una separazione di Spara alla luna, dramma intimista del 1982 che si avvale delle struggenti prove di Diane Keaton e Albert Finney, a Birdy - Le ali della libertà, Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 1985. Ingeneroso fiasco in patria, Birdy è uno dei film più belli del regista: la storia dell'amicizia fra due ragazzi nella Philadelphia degli anni Sessanta (Matthew Modine e Nicolas Cage), in cui il trauma della guerra in Vietnam si intreccia all'idillio dei ricordi dell'adolescenza, rievocati fra le pareti di un istituto psichiatrico.
La commistione fra dramma e nostalgia e la peculiare variazione sul tema del coming of age, condita da canzoni d'epoca e dalle musiche di Peter Gabriel, rendono Birdy una delle perle da riscoprire nella filmografia di Alan Parker, capace di sperimentazioni e "voli arditi" proprio come il Birdy di Matthew Modine. E il più ardito di tutti resta forse Angel Heart, anomalo neo-noir uscito un po' in sordina nel 1987: l'indagine da incubo del detective Mickey Rourke fra una livida New York anni Cinquanta e le suggestioni esoteriche di New Orleans, alle prese con una galleria di misteriosi personaggi (fra cui si staglia un mefistofelico Robert De Niro). Sempre più ambiguo e allucinato, fino a stravolgere i codici del noir sconfinando nei territori dell'horror nell'agghiacciante chiusura, Angel Heart è un'altra testimonianza dell'eclettismo di un regista indefinibile e del suo cinema multiforme, talvolta imperfetto, ma a suo modo unico.
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