Bordertown di Gregory Nava è il primo film in competizione alla 57. edizione della Berlinale ad essere apertamente fischiato, cosa inusuale per una platea normalmente abbastanza educata come quella della stampa berlinese. Allo screening segue una conferenza stampa affollatissima grazie all'attrattiva rappresentata da Jennifer Lopez, che sfoggia un ricciuto carrè e un bell'abito da cocktail; con lei c'è il regista, la produttrice Barbara Martinez Jitner e la co-star Antonio Banderas - dopo la ricezione tiepida del suo El camino de los ingleses, presentato due giorni fa, un po' meno entusiasta, ma comunque in grado di fare impazzire i fotografi. Per nulla frivolo è il film, in cui la Lopez interpreta una reporter di orgine messicana che indaga sull'infinita serie di omicidi con vittime giovani donne della cittadina al confine di Juarez, aggredite al ritorno dal lavoro nelle grandi aziende della zona, finanziate da cororations statunitensi.
Visto l'impegno di questo film, pensate di destinare parte degli incassi alle famiglie delle donen assassinate di cui si parla?
Gregory Nava: Questo è un film indipendente, con ogni probabilità andrà bene se ci rifaremo del budget. E' possibile comunque fare donazioni ad un'associazione che si occupa delle famiglie colpite da questa tragedia sul sito di Amnesty International. Il nostro scopo, comunque quello di creare consapevolezza nella gente in modo da creare pressioni sui governi messicano e americano perché risolvano questo problema.
Jennifer Lopez, cosa ha significato per lei incontrare le persone colpite?
Jennifer Lopez: E' una cosa che mi ha sconvolto. Io abito così vicino al confine con il Messico, eppure non sapevo nulla di questa tragedia, almeno fino a quando non mi fu proposto questo progetto. Non riuscivo a crederci.
Come si è preparata al ruolo?
Jennifer Lopez: Ho lavorato con la sceneggiatura, per conoscerla a fondo, e poi ho avuto l'aiuto di Barbara Martinez Jitner, che ha vissuto qualcosa di molto simile al mio personaggio.
Le autorità hanno cercato di boicottare le riprese come accade con le indagini narrate nel film?
Gregory Nava: Abbiamo avuto difficoltà a trovare finanziamenti. Abbiamo avuto minacce di morte. Con Jennifer, Antonio e gli altri non abbiamo girato veramente a Juarez, sarebbe stato troppo pericoloso. Ma Barbara era sul posto con una piccola troupe.
Barbara Martinez Jitner: Siamo stati costantemente ostacolati dalla polizia e minacciati anche violentemente. Ci hanno rubato l'attrezzatura. Alla fine, per poter lavorare, siamo stati costretti ad ingaggiare una guardia del corpo armata.
Adesso che il film è finito, continuerete a lavorare per fermare questa brutta storia?
Jennifer Lopez: Certo, continueremo con al promozione del film e anche con altri progetti. La sensibilizzazione è lo scopo di tutto questo.
Gregory Nava: Io sono nato al confine, ho molti parenti a Tijuana, so bene che cos'è la situazione lì. E' l'unico posto al mondo in cui il primo e il terzo mondo sono attigui, e il contrasto è pericoloso, è radiattivo. Conosco bene anche quanto è narrato nel film, da essere umano non potevo non fare qualcosa, e continuare a fare il possibile.