Quando uscì in sala era già scoppiato il finimondo. Il centro-destra chiedeva in massa la posticipazione per non turbare l'imminente voto elettorale, la dirigenza Rai ne bloccò la trasmissione dopo aver pagato ben un milione e mezzo di euro per averlo. Il Caimano di Nanni Moretti non è stato un film come gli altri che sono stati realizzati su Silvio Berlusconi o sul Berlusconismo, quell'era che fu creata, plasmata ed infine mandata in soffitta proprio da lui, dal Cavaliere di Arcore. Sorrentino ne raccontò l'agonia con La Grande Bellezza, cercò la via del biopic di maniera con i due Loro, 1992 ci parlò dell'alba di quell'era, ma nessun film come quello di Moretti è stato altrettanto coerente, visionario e soprattutto ha saputo cogliere la matrice eversiva e populista che di lì a poco dall'Italia avrebbe travolto anche le altre democrazie, solo con una decina di anni di ritardo.
Un paese di maschere e marionette
Parlare de Il caimano, vuol dire fare i conti con un'opera cinematografica nata nel pieno del secondo regno del suo protagonista: Silvio Berlusconi, che di lì a poco sarebbe tornato per la quarta ed ultima volta, a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Nanni Moretti creò un film che sostanzialmente rifiutava sia una struttura diegetica canonica, sia di collocarsi in modo preciso e netto all'interno di un determinato periodo storico, usava il passato ed il presente del Cavaliere di Arcore, per parlare più che di lui, di noi, dell'Italia. La vicenda dello squattrinato produttore Bruno Bonomo (un grandissimo Silvio Orlando) che si imbatte nello script della giovane e un po' strana sceneggiatrice Teresa (Jasmine Trinca) riguardante un possibile biopic su Silvio Berlusconi, diventa in poco tempo, una sorta di viaggio grottesco, assurdo e inquietante dentro l'Italia plasmata a sua immagine e somiglianza. Le difficoltà incontrate dal protagonista nel trovare il giusto interprete, i finanziatori e nel tracollo della sua vita familiare, con il divorzio dalla moglie Paola (Margherita Buy) vanno di pari passo con la messa in scena dell'ascesa di Berlusconi, con il porre le stesse domande che si ponevano politici, cittadini, giornalisti, per quel ventennio nel quale egli parve sempre rinascere da ogni sconfitta e ogni processo. Lungi dall'essere un film politico o da essere solo un film politico, Il Caimano è soprattutto un film di maschere, di apparenze, l'autopsia compiuta sul corpo ancora palpitante di sogno catodico dell'Italia che gridava "meno male che Silvio c'è", che credeva alle toghe rosse, ai complotti, al milione di posti di lavoro, alla favola pubblicitaria del grande pifferaio.
Berlusconi è uno e trino
Pare passato un secolo da quei tempi, da quel 24 marzo 2006, in cui finalmente il film uscì in sala dopo tante polemiche e censure. Di lì a poco l'Italia avrebbe vinto il suo Mondiale di calcio. Ah si il calcio, c'è anche quello nel Caimano, e viene descritto per ciò che fu nella dimensione politica arcoriana: uno strumento di propaganda, come in effetti fu. Le televisioni, l'oratoria affabulatrice, il fare da simpatico venditore di sogni, tutto questo è presente nel film, così come il punto di vista avverso. Si perché un altro grande elemento di originalità del film, è come eviti il facile moralismo, come mostri anche le deficienze di quello che fu l'antiberlusconismo, di cui non si è mai parlato abbastanza, e che proprio Moretti ha rappresentato anche politicamente, con il suo celebre "con questi dirigenti non vinceremo mai". Berlusconi è odiato ma è temuto da molti, che digrignando i denti rifiutano i finanziamenti al film, cercano di scoraggiare il protagonista, si trincerano dietro la sopportazione, così come fece una buona fetta d'Italia in quegli anni, rassegnandosi e senza reagire ad un'opposizione che non aveva capito che per battere un pubblicitario, il modo migliore è solo uno: ignorarlo.
Berlusconi è il ragno tessitore canagliesco e narciso di Elio De Capitani, è il divo sorridente di Michele Placido, è il gelido e mefistofelico Moretti stesso. Sono tre volti, eppure sono tutti e tre reali, storicamente, culturalmente. Perché egli fu tutti e tre. Jasmine Trinca, rappresenta l'opposizione, quella feroce e poco lucida, arrogante ed insicura, che non riuscì a fare la sola cosa che sarebbe servita in quegli anni: proporre una valida alternativa ad un paese disperato e vulnerabile.
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Un film profetico ed inquietante
Il Caimano visto oggi fa veramente impressione. Paiono passati mille anni da quando si era divisi tra chi gli credeva, chi era cresciuto con le sue televisioni, con quell'eterna promessa di felicità mediatica, bei fondoschiena, quiz e successo facile, e chi invece lo odiava aggrappandosi ai principi della nazione, ad ideali sovente già superati dal tempo. Invece era solo ieri, è oggi, con i suoi eredi che hanno governato o governeranno questo paese. E non solo. Moretti fu assolutamente profetico nel mostrarci le istituzioni attaccate e distrutte dai pasdaran della narrazione tossica, dai supporters di un'illusione, il berlusconismo, che altro non era che il "permesso" di fare ciò che si voleva, di liberare l'animo anarchico e indocile alle regole, la volontà consumistica e arraffona dell'italiano medio. Quell'illusione era esclusiva nostra, era il motivo per cui gli stranieri ci hanno sfottuto per tanti anni. Peccato che sia arrivata anche da loro. Pensavamo di essere un'aberrazione, siamo stati precursori del populismo eversivo. Riguardare il finale, Berlusconi/Moretti che se ne va sicuro della rivolta dei suoi ultras è come vedere con quindici anni di anticipo l'assalto al Congresso della più grande Democrazia del mondo. Trump non usò poi parole tanto diverse pochi mesi fa, da quelle che Moretti rivolgeva ai suoi fedeli, secondo il principio per cui una menzogna ripetuta mille volte alla fine diventa verità. A guardare oggi Il Caimano, ci si rende quindi conto che Moretti predisse la nascita del populismo imperante, di leader mediatici che si aggrappano agli istinti più caotici, alle fasce più deboli ed ignoranti, alla paura e allo storytelling più tossico. Non eravamo i più arretrati, siamo stati solo i primi ad essere contagiati da questo male, che poi si è sparso in tutte le democrazie.
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Vi è un legame profondo tra Il Caimano e Loro 1, Loro 2 e La grande bellezza di Paolo Sorrentino, così come grandi differenze. Eppure, a dispetto di Oscar e premi, i due film di Sorrentino, pur nella loro incredibile potenza espressiva, nella loro eleganza e creatività, non sono stati altrettanto efficaci nel parlarci di quell'Italia. Jep Gambardella in fondo, si aggirava tra le macerie di quel mondo, il Berlusconi creato dal regista di The Young Pope, era fin troppo simile nell'aspetto ma privato della sua dimensione politica e storica. Moretti invece fece l'unica cosa vera che si potesse fare: prese delle maschere per parlarci del grande attore, del grande commediante, del bugiardo seriale circondato dalla sua corte dei miracoli. Lo divise in tre perché in tre egli si era mostrato a noi. Berlusconi era placido, vizioso, narcisista e fissato con il sesso più malato, era il canagliesco e compiaciuto De Capitani, che naviga nei soldi creati con soldi non suoi, che corrompe e irretisce le sue vittime. Ma per noi, storicamente, politicamente, è stato proprio come lo stesso Moretti (così diverso fisicamente e come comunicatività) lo ha rappresentato nel finale profetico: un gelido, vendicativo e astuto eversore, capace di rovesciare la realtà anche dopo una condanna durissima e definitiva, di vendere bugie come narrazione per il popolo bue, innescando un crollo vertiginoso di valori, di ideali e di rispetto verso noi stessi. A quindici anni di distanza dall'uscita, bisogna ammettere che Il Caimano è ancora attuale, perché il male fatto dal Cavaliere a questo paese, è vissuto oltre il suo regno, si è attaccato al nostro futuro in modo a dir poco terrificante.
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