A tre anni da Conversazioni su Tiresia (2018) Roberto Andò torna al cinema con Il bambino nascosto, in sala dal 4 novembre. Tratto dal suo omonimo romanzo, pubblicato lo scorso anno da La nave di Teseo, il film ha chiuso la 78esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Il bambino nascosto è la storia di un professore di pianoforte, Gabriele Santoro, interpretato da Silvio Orlando, che si trova in casa un bambino, Ciro (Giuseppe Pirozzi), minacciato da criminali. Tra questi c'è anche Diego, ex studente di musica che si è fatto cacciare dal conservatorio. A dargli corpo e voce è Lino Musella, tra i può prolifici attori italiani degli ultimi anni.
Lo abbiamo visto in Favolacce dei fratelli D'Innocenzo, Qui rido io di Mario Martone, presto in È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. Le scene tra lui e Silvio Orlando sono tra le migliori del film di Roberto Andò. Ne abbiamo parlato proprio con l'attore e il regista, incontrati al Lido di Venezia.
La video intervista a Lino Musella
Il bambino nascosto, la recensione: Fuga per la libertà
Il bambino nascosto e l'importanza della condivisione
Il bambino nascosto mi ha fatto pensare a una frase di un altro film, Centochiodi di Ermanno Olmi, ovvero: "tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico". Secondo voi il vostro si può leggere in questa chiave?
Lino Musella: Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico... è stupenda! Posso essere d'accordo se si parla di contatto umano, di rapporti, di relazioni, credo sia ciò che ci salva. Forse anche un libro ci può salvare però, non lo so. Però io all'amicizia tengo particolarmente.
Roberto Andò: È molto giusta. Penso che da sola l'arte non redime. Esiste quando mette in moto qualche cosa di diverso. Ovviamente è una grande possibilità l'arte. Questo personaggio dell'allievo, interpretato da Lino, è uno che è stato buttato fuori dal conservatorio e in fondo ha un risentimento nei confronti del professore. Sa benissimo che avrebbe potuto prendere un'altra strada. E in questo modo tortuoso ha questo rapporto di devozione e anche di molestia nei confronti di questo professore. È una figura che in qualche modo è proprio la Napoli sfigurata, violenta, che in fondo aspetta di essere salvata.
Il bambino nascosto e il potere salvifico dell'arte
Collegandoci proprio al tuo personaggio: poteva cambiare vita suonando il pianoforte e invece poi decide di non farlo. L'arte secondo te è sufficiente per salvarci o no?
Lino Musella: Sì, è sufficiente a salvarci. Però chiaramente va a destabilizzare un mondo, anche per una persona normale. L'arte ha un aspetto positivamente pericoloso, perché va a minare le nostre sicurezze. La vita criminale che sceglie di fare questo personaggio e la possibilità invece di redimersi, di vivere nella bellezza della musica e dell'arte sono posizioni piuttosto antipodali. Però convivono queste due possibilità. Credo che molti uomini, soprattutto in questi anni, che vivono quelle realtà possono essere vicini ai conflitti del personaggio che racconto.
Roberto Andò: Sicuramente l'arte può essere un'arca dove accogliere e salvare un bambino come Ciro. Però nello stesso tempo il professore è un personaggio che vive d'arte. È circondato soprattutto di libri, vive la musica come l'unico colloquio importante della sua vita. Ma nonostante questo sembra non aver capito, non aver vissuto. Quindi l'arte da sola non ce la fa. In questo caso c'è qualche cosa in più ed è l'amore. Il mistero di questo incontro è che veramente diventa una famiglia. Nel giro di pochi giorni, in questa prigionia forzata, vivendo insieme un'esperienza così pericolosa e intensa questi due diventano una famiglia.
Il bambino nascosto e i coinquilini segreti
Ciro, il bambino, a un certo punto sembra un fantasma. Non parla, sta nell'ombra. Ha anche un significato in più oltre a quello che vediamo nella storia?
Roberto Andò: È un bambino che all'inizio non parla perché ha difficoltà a parlare di questa vicenda. Se vogliamo leggere questa storia potrebbe anche essere un fantasma: è un fantasma per come lo percepisce questo professore all'inizio. È talmente isolato questo professore, è talmente uno straniero, un clandestino anche lui dentro a questo quartiere, che avere in casa questo bambino lo mette di fronte a qualche cosa che lui non conosce. È l'inaspettato. C'è un romanzo di Conrad bellissimo, si chiama Il coinquilino segreto: ecco, lui è un coinquilino segreto.
Dobbiamo riconoscere e riconciliarci con i nostri coinquilini segreti?
Roberto Andò: È vero che spesso c'è una difficoltà ad aprire la porta. Questo professore fa un gesto che non è scontato. Perché non solo l'ha aperta, ma non l'ha richiusa dopo.
Lino Musella su popolarità e risata
Musella, interpreti anche Benedetto Croce in Qui rido io di Mario Martone. Lì c'è tutto un discorso sulla cultura alta e la cultura bassa, sull'essere popolari o no. Secondo te perché c'è ancora un'idea un po' snob del concetto di "essere popolari"
Lino Musella: Penso che la forza degli attori popolari l'ho sempre difesa. È chiaro che un attore popolare deve incontrare degli autori. Quello che ha fatto il nostro cinema negli anni '50-'60: usare quelli che erano degli animali da palcoscenico, che poi erano animali da cinema, per fargli raccontare delle storie a volte complessissime.
Una delle mie scene preferite dell'anno è quella in cui, in È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, disegni una cosa sullo specchio. Quanto è importante, anche nella tragedia, trovare un momento per ridere?
Lino Musella: Vanno a braccetto. Anzi, i meccanismi migliori sul tragico avvengono proprio grazie alla risata. La risata alle volte è strumentale perché grazie al riso gli spettatori abbassano la guardia e allora puoi affondare ed emozionare anche.