Iddu, la recensione: l'idea dell'invisibilità dietro all'inafferrabile film di Piazza e Grassadonia

Fantasmi, giullari e regni di nessuno: il profilo di Matteo (Messina Denaro) in un'opera che sceglie la fantasia per raccontare una realtà irrisolta e sfuggente. Protagonisti Elio Germano e Toni Servillo. Al cinema dal 10 ottobre.

Toni Servillo ed Elio Germano in Iddu

Azzardiamo l'idea, sostenendo che Iddu - L'ultimo padrino - a discapito del sotto titolo decisamente facilone - non è un film direttamente incentrato su Matteo Messina Denaro. Piuttosto, quello di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, è un film sull'idea attorno a Matteo Messina Denaro. Sembra una differenza veniale, ma risulta sostanziale nello scopo cercato dai registi, che da subito mettono in chiaro le cose, sottoscrivendolo: la realtà è solo una partenza, non la destinazione. Nulla di più vero per descrivere i 122 minuti di un'opera composta da giullari, briganti e fantasmi (quei fantasmi che tornano nella poetica di Grassadonia e Piazza, dopo l'ottimo Sicilian Ghost Story), tutti in fila in un regno che è di tutti ed è di nessuno.

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Elio Germano è Matteo (Messina Denaro)

Presentato in concorso a Venezia 81, Iddu è, quindi, solo il profilo di un uomo che vive come "nu sorcio", allargandosi verso il concetto di invisibilità, di cui Denaro era il massimo esponente. Scelta senza dubbio originale, e intelligente: alcune volte, certe storie, risultano cinematograficamente più potenti se vengono asciugate dalla cronaca, ponendosi su un piano narrativo di finzione (per così dire), certamente più malleabile e incisiva rispetto ad una precisione storiografica limitatamente cercata dai registi.

Iddu, da qualche parte giù in Sicilia

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Barbora Bobulova ed Elio Germano in Iddu

Iddu è ambientato nel 2000, "da qualche parte in Sicilia". Sui muri scrostati e abusivi, mentre scorre il feretro di un boss, si legge che "u' pupu c'è". Anche se nessuno sa dove sia. Matteo (Elio Germano), mai chiamato per cognome, parla per pizzini, scritti di getto, rispondendo solo a chi merita risposta, con l'aiuto di una donna (Barbora Bobulova) che lo ospita a casa sua. Intanto, dopo aver scontato diversi anni di prigione per mafia, torna libero Catello (Toni Servillo), omuncolo conosciuto in paese come "il preside". Sopratutto, lo conoscono bene i servizi segreti, che provano a sfruttarlo, essendo Catello una sorta di padre putativo per il latitante. Catello accetta di collaborare (o meglio, è costretto) ed inizia a scambiare con Matteo i famosi pizzini. Ciononostante, l'azzardo diventa sempre più rischioso.

Inafferrabilità, invisibilità, originalità

Ed è stato un rischio, almeno teorico, quello di ritrarre un frammento ideale di ciò che è (ed è stato) il ricercato numero uno in Italia. Rischio, questo, in qualche modo compensato e veicolato in quello che sarà poi un lungometraggio asciutto, quasi asettico, ma spezzato da un umorismo mai invadente e anzi coerente con lo spirito di un manipolo di personaggi che, ripetiamo, devono essere necessariamente separati dalla realtà (nonostante sia presente, e fondamentale nel tratteggio psicologico: il rapporto tra Matteo e suo padre, per esempio). Certo, ciò che vediamo in Iddu, e ciò che porta in scena la mimica e la dialettica di Elio Germano (e non possono mancare gli iconici occhiali), è indubbiamente continua allo spettro del boss, ma per comprendere (e forse quindi apprezzare meglio) Iddu bisogna compiere un ulteriore sforzo immaginifico, legato indissolubilmente al mezzo cinematografico mosso dai registi, che si affidano alla fotografia di Luca Bigazzi e all'ottima colonna sonora composta da Colapasce.

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Toni Servillo, alle spalle un ecomostro siciliano

I suoni sincopati, rimbombanti, elettronici accompagnano l'andirivieni di un montaggio (Paola Freddi) che alterna Matteo e Catello, piazzandoli sul doppio e parallelo binario che, a volte, sfrigola nell'irrisoluto, nell'inafferrabile (tanto per restare in tema) e nell'accennato (potremmo citare l'ammiccamento a quello Stato che "arrestata tutti, tranne che Lui": una traccia narrativa troppo potente per lasciarla interdetta). Ciononostante, per alludere gli stessi dialoghi (la sceneggiatura è firmata dai registi), "qualcosa dal cielo arriva sempre". Niente di più vero. E dunque la compensazione risulta in un certo senso logica nella sua declinazione rispetto allo spunto scenico dell'invisibilità che, in un'elegante misura filmica, riesce a far rima con originalità. Non era facile.

Conclusioni

Non era facile, perché raccontare Matteo (Messina Denaro) senza mai inquadrare totalmente il suo profilo è una sfida che richiede talento narrativo e fermezza registica. Piazza e Grassadonia, quindi, mantenendo coerente la loro poetica, scelgono la strada della fermezza e dell'austerità, andando al cuore del reale tramite un film che punta tutto sull'irrealtà. Tra spettri e uomini invisibili, ecco che Iddu diventa l'alternativa alla cronaca, puntando ad un'originalità che compensa la sfuggente sensazione che pervade l'opera.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Elio Germano e Toni Servillo.
  • Un certo umorismo.
  • L'idea di puntare sull'irreale piuttosto che sulla cronaca.
  • La colonna sonora.

Cosa non va

  • A volte decisamente poco centrato.
  • E a volte anche molto sfuggente.