Trentaquattro anni e non sentirli. Almeno calcisticamente parlando, chiaro. Ad un passo dai 400 gol in gare ufficiali (nel momento in cui scriviamo siamo a quota 399), oltre venticinque titoli nazionali vinti in giro per i più importanti campionati europei, centosedici presenze con la maglia della sua nazionale. Infiniti colpi di genio in campo (e fuori), innumerevoli battute (e battutacce) da duro e puro. Sempre con una smorfia sul viso a metà tra lo sberleffo e il prepotente. Ma si sa, ogni bullo, di quelli letterari, cinematografici, insomma romanticamente parlando, ha un lato buono e nobile.
Tutto questo e molto di più può essere il fuoriclasse svedese Zlatan Ibrahimovic, tanto forte con i piedi quanto con la lingua e, ancor di più, con la testa. Perché Zlatan, dalla mamma croata e dal papà bosniaco, nella sua lunga carriera, partita dal Malmo, club della sua città natale, e arrivata oggi al Manchester United, è paragonabile ad un film, con personaggi strani, situazioni al limite, colpi di scena e dialoghi taglienti. Con un unico, solo, grande protagonista: lui, Zlatan. E la sua vicenda, per tutti gli appassionati di sport, di calcio e di grandi storie, arriva in un documentario intitolato Zlatan Ibrahimovic - Diventare leggenda, diretto da Fredrik Gertten e Magnus Gertten, entrambi ferventi svedesi e, nemmeno a dirlo, entrambi innamorati persi dell'estro di quel ragazzone alto quasi due metri.
Un documentario "classico"
Prodotto dalla Indyca, Ibrahimovic. Diventare Leggenda, almeno nella messa in scena, è il più classico dei documentari: interviste (molte anche succulente), immagini e riprese inedite, fotografie ad effetto. Tutto, con una storyline cronologica che parte dagli esordi, appunto, nel Malmo FF nel lontano 1999, passa poi attraverso il suo ''difficile'' svezzamento calcistico nell'Ajax nei primi '00, e finisce con la consacrazione, nel 2005, nella Juventus, con cui vincerà due scudetti, condividendo, ancor prima di arrivare nel Barcellona, nel PSG e oggi nello United, lo spogliatoio con alcuni dei più grandi calciatori, nonché venendo allenato da un altro grandissimo: Fabio Capello. Proprio l'allenatore italiano è una delle ''voci'' presenti nel docu-film, insieme a quelle di Hasse Borg, direttore sportivo del Malmo, di Co Adriaanse e Ronald Koeman, entrambi allenatori nei suoi anni all'Ajax, poi le voci dei suoi amici-compagni di squadra, da Mido a Osmanosvki, da Van der Meyde a Val Halst.
Il successo? Sudore e fatica
L'epopea di Zlatan, uomo dal carattere tempestoso che di certo non le manda a dire, ma pure abnegato verso il sacrificio e verso l'amore per i suoi cari, soprattutto negli esordi che possiamo vedere nel documentario, andrebbe quasi obbligatoriamente raccontata ai giovanissimi. Sia agli aspiranti calciatori e, perché no, a chiunque vuol sfruttare le così dette "scorciatoie" per raggiungere il successo. Infatti, ciò che suggerisce Ibra, insieme alla sua carriera, è che non c'è trionfo senza fatica, non c'è gloria senza concezione che il lavoro costante e perpetuo sia alla base delle cose. Dunque, coloro che sognano gli allori sportivi o le vette altissime, dovranno abbassare la testa e sudare per raggiungere i propri obiettivi. Parola di Zlatan, parola di un "tipaccio" che è meglio non contraddire.
Movieplayer.it
3.0/5