Rivedere una serie come I Tudors - Scandali a corte, oggi, può avere l'effetto di una macchina del tempo; e non solo per la materia narrativa del dramma storico co-prodotto dall'americana Showtime, dalla canadese CBC e dalla Working Title, che trasporta lo spettatore nell'Inghilterra del Cinquecento (o piuttosto, un'Inghilterra rielaborata in base al nostro immaginario legato alla storia di quel periodo). A quasi dieci anni di distanza dalla sua originaria messa in onda, infatti, I Tudors (la terribile S, ricalcata dal plurale inglese, fu un tocco di pacchianeria degli adattatori italiani) costituisce una testimonianza di un certo modello di fiction: un modello che, se da un lato appare ancora legato alle convenzioni del classico feuilleton televisivo, dall'altro ha avuto il merito di contribuire a rilanciare presso il grande pubblico l'interesse per la storia del Rinascimento e le sue più famose - e famigerate - dinastie.
Il successo de I Tudors, che nell'aprile del 2007 fece registrare al suo debutto ascolti eccellenti a Showtime negli USA, per approdare pochi mesi dopo in pompa magna anche sulla britannica BBC, avrebbe infatti spianato la strada, negli anni successivi, ad un'altra co-produzione tra Gran Bretagna e Stati Uniti, I Borgia, realizzata da Neil Jordan sulla stessa falsariga de I Tudors, ma con un livello complessivo di scrittura e messa in scena anche superiore, mentre nei prossimi mesi è in arrivo sulla TV italiana ed europea Medici: Masters Of Florence, stavolta di ambientazione italiana, con Richard Madden e Dustin Hoffman all'interno del cast.
Enrico VIII torna in TV
Nel frattempo, il ritorno estivo de I Tudors sul piccolo schermo - da questo mercoledì in seconda serata su TV8 con gli episodi della prima stagione - ci offre lo spunto per rievocare la serie interpretata da un giovane Jonathan Rhys Meyers e incentrata sulla figura del sovrano che sarebbe stato ricordato essenzialmente per due ragioni: lo scisma della Chiesa Anglicana dalla Chiesa Cattolica, sull'onda della Riforma Protestante che aveva già fatto messo in crisi l'autorità del trono di Pietro su mezzo continente; e la sua inquietante tendenza a ricorrere alla pratica dell'uxoricidio, arrivando a collezionare nel tempo un totale di sei mogli. Di seguito ripercorriamo dunque gli ingredienti principali di una serie che, nell'arco di quattro stagioni, ha collezionato sei Emmy Award in virtù della sua sontuosa ricostruzione tecnica ed ha riportato in voga gli amori e i tradimenti, i crimini e i misfatti di uno dei personaggi più iconici della storia inglese...
Alla corte dei Tudor: la Storia come spettacolo
Al timone de I Tudors, nelle vesti di creatore, sceneggiatore, produttore esecutivo e showrunner, c'è l'inglese Michael Hirst, uno dei nomi di punta della TV britannica nel campo della fiction a sfondo storico. Hirst, del resto, nel 1998 aveva già firmato la sceneggiatura di Elizabeth, l'apprezzatissimo film di Shekhar Kapur sull'ascesa al potere di Elisabetta I, la figlia di Enrico VIII; la pellicola, interpretata dalla star emergente Cate Blanchett, si era rivelata uno dei maggiori successi dell'anno (Kapur e Hirst avrebbero poi ripreso il racconto della vita della Regina Vergine nel 2007 con il meno riuscito Elizabeth: The Golden Age). E Michael Hirst, dopo aver riletto la parabola di Elisabetta I secondo i canoni della Spanish tragedy, ha applicato un approccio molto simile anche per il suo ritratto di Enrico VIII ne I Tudors: ovvero, la Storia (con la S maiuscola) come un grandioso spettacolo a base di passioni e di sangue.
Lontano dunque da un certo accademismo da "vecchia scuola", Hirst preme quanto più possibile sul pedale del sensazionalismo, non lesinando colpi di scena, complotti, duelli, attrazioni, infedeltà e tutti gli elementi tipici del feuilleton. I Tudors guadagna pertanto in ritmo e tensione ciò che perde in accuratezza storica (i 'puristi' non sempre sono stati teneri nei confronti della ricostruzione attuata dalla serie) e profondità psicologica: la sua essenza consiste in un amalgama fra il melodramma e la soap opera, il family drama e la tragedia del potere, in cui l'obiettivo primario è quello di tenere desta con ogni mezzo l'attenzione e la curiosità del pubblico.
Passioni e tradimenti
E fra i mezzi adoperati dalla serie al fine di offrire una narrazione quanto più possibile tesa ed intrigante, la componente amorosa - ed erotica - detiene ovviamente un posto di primo piano. Se in questi anni Il trono di spade non ha mai mancato di far parlare di sé anche grazie al suo ardito amalgama fra cupezza, violenza ed erotismo, nel 2007 I Tudors già proponeva agli spettatori una quantità di scene 'spinte' di gran lunga superiore alla media dei prodotti seriali televisivi. In fondo, nell'ottica di una descrizione delle corti nobiliari del Cinquecento come luoghi di dissolutezze e di sfrenato libertinaggio, difficile farsi sfuggire l'opportunità di rappresentare le passioni sfibranti di Enrico VIII e dei suoi cortigiani, a partire dai ripetuti tradimenti del sovrano, soggiogato dal fascino di Anna Bolena, a scapito della moglie Caterina d'Aragona. Già allora, I Tudors suscitò un certo scalpore per le numerose scene di sesso fra i vari personaggi e per i frequenti nudi dei suoi interpreti; benché, a distanza di qualche anno, l'erotismo patinato della serie di Hirst già appare datato se posto a confronto con i disinibiti full frontal di cui abbonda Il trono di spade.
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L'Enrico VIII di Jonathan Rhys Meyers
Per una serie interamente basata sulla vita di Enrico VIII, quella per il ruolo del Re d'Inghilterra era la scelta di casting fondamentale, da cui sarebbe dipesa la riuscita stessa della serie; e in tal senso i produttori dimostrarono un notevole acume, ingaggiando uno dei divi emergenti del cinema di inizio millennio, l'irlandese Jonathan Rhys Meyers. Ventinovenne al tempo delle riprese della prima stagione, Jonathan Rhys Meyers aveva visto la propria popolarità esplodere un paio d'anni prima grazie al successo di uno dei film più acclamati della recente produzione di Woody Allen, Match Point, dramma morale con risvolti da thriller in cui Rhys Meyers vestiva i panni di un ambiguo e seducente arrampicatore sociale. Prima di allora, l'attore irlandese aveva già regalato una performance stupefacente nel 1998, a soli vent'anni, nella parte di una star del glam rock in Velvet Goldmine di Todd Haynes, per poi recitare in pellicole come Sognando Beckham e Alexander.
Reduce da Match Point e dalla partecipazione al blockbuster Mission: Impossible III, grazie a I Tudors Rhys Meyers avrebbe raccolto una grande visibilità anche presso il pubblico televisivo. La sua interpretazione di Enrico VIII come un giovane sovrano impulsivo, arrogante e determinato, oltre che come un irrefrenabile donnaiolo, è stata la carta vincente della serie: non tanto perché si tratti di una sopraffina prova d'attore, ma perché Rhys Meyers sfodera il carisma e il magnetismo adatti al 'suo' indomabile Enrico. Da allora la carriera dell'attore, minata da costanti problemi di alcolismo, ha conosciuto più bassi che alti, incluso nel 2013 il ruolo eponimo nella mediocre serie TV Dracula (troncata dopo appena una stagione); e chissà se sarà la parte del mitico Joe Strummer nel film di prossima uscita London Town a riportare sulla cresta dell'onda l'ex sex symbol dagli occhi verdi.
Un cast di veterani e di futuri volti noti
Accanto a Jonathan Rhys Meyers, mattatore assoluto della serie, I Tudors ha schierato un cast molto variegato, in cui si distinguevano alcuni attori dalla solida reputazione accanto a un manipolo di giovani interpreti, alcuni dei quali, di lì a pochi anni, sarebbero diventati famosi per altri ruoli. Innanzitutto Jeremy Northam, che per le prime due stagioni ha prestato il volto a un'altra figura di massimo rilievo della storia britannica, Sir Thomas More, Lord Cancelliere del Regno, il quale si sarebbe scontrato con Enrico VIII in merito alla rottura con la Chiesa Cattolica. Fra gli attori che, per una stagione, sono comparsi nella serie troviamo poi Sam Neill nei panni del Cardinale Thomas Wosley, eminenza grigia del sovrano, il leggendario Peter O'Toole in quelli di Papa Paolo III Farnese, Max von Sydow nel ruolo del Cardinale tedesco Ottone di Waldburg e Joely Richardson in quello di Catherine Parr, sesta ed ultima moglie di Enrico.
L'interprete di Anna Bolena, amante e seconda consorte del Re, è stato affidato invece alla giovanissima Natalie Dormer, che in seguito si sarebbe fatta notare nella saga di Hunger Games e, più di recente, nella parte di Margaery Tyrell ne Il trono di spade. La popstar inglese Joss Stone ha interpretato la Regina Anna di Clèves, ma tra le "nuove leve" quella che, da allora, ha visto la sua carriera spiccare il volo - letteralmente, visto che parliamo del novello Superman - è Henry Cavill, il quale ha recitato ne I Tudors dall'inizio della serie (quando aveva solo ventitré anni) fino alla fine nel ruolo di Charles Brandon, l'aitante e orgoglioso cognato di Enrico VIII, nonché l'altro aspirante "maschio alfa" alla corte d'Inghilterra.