Sentivamo tanto il bisogno di pillole di saggezza satirica infuse da Antonio Albanese sotto forma di episodi di sitcom e lo dimostreremo in questa recensione di I Topi 2, in onda dal 18 aprile su Rai3 e disponibile su RaiPlay dal 3 aprile. A distanza di un anno e mezzo dalla prima stagione della sitcom ambientata nei cunicoli dove un mafioso latitante, Sebastiano (Albanese) si nasconde insieme a zio (Tony Sperandeo) e sottoposti, arriva la seconda che, a quegli ambienti da imposta reclusione, alterna la luce degli altri componenti lo show, moglie, zia e figlia in primis che a loro modo, cercano di affrancarsi da questa figura imponente e fin troppo presente.
Sempre latitante e sempre relegato a passaggi sotterranei che sono delle vere e proprie sotto-città alternative con i loro indirizzi e indicazioni, Sebastiano continuerà a cercare di essere una presenza totalizzante nella vita di sua moglie, dei suoi figli Carmen e Benni, mantenendo anche l'autorevolezza da capo dei capi. Questa volta, sul suo cammino, si troverà a dover fare i conti con la vita là fuori che continua, per sua moglie, vedova per copertura, che potrebbe essere in menopausa o in cerca di nuovi stimoli o per sua figlia Carmen, incinta e forse prossima alle nozze. Antonio Albanese riesce ancora una volta a costruire un format perfetto per dare libero sfogo alla sua capacità comico-satirica, 6 episodi dagli snelli 30' che però riescono a declinare abilmente tutte le sfumature del suo personaggio, l'accentratore melodrammatico Sebastiano, ed a dare altrettanto spazio ad altri personaggi, le cui microstorie toccano tematiche interessanti da affrontare se passate sotto i filtri della sitcom e della commedia che si congiunge con il dramma.
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Se ci sono problemi non ci sono problemi
L'attitudine con cui Sebastiano si approccia alla vita e la vita gli risponde è: "Se ci sono problemi non ci son problemi". Per vita ovviamente si intendono i suoi "collaboratori", familiari e affiliati, le persone che compongono quella macchina ben rodata di relazioni e dinamiche che mandano avanti l'impero di sopra e quello di sotto. Quale momento migliore, "il solito momento" per citare la brillante maschera di Albanese, se non questo per imparare come si possano gestire le cose pur dentro poche opprimenti mura? Se nella prima stagione i problemi da affrontare per Sebastiano erano la gestione dei figli adolescenti e i soliti due poliziotti (a cui Albanese regala anche questa volta, brevi ma esilaranti sketch), ora è l'energia delle donne di casa il punto focale: Carmen aspetta una figlia (o un figlio?) da un ricco giovane, all'oscuro dell'esistenza di Sebastiano e udite udite, per l'orrore del mafioso e della famiglia tutta, apparentemente ateo e contrario al matrimonio; la zia è incontenibile nella sua irrimediabile fedeltà alle tradizioni di casa; sua moglie Betta (Lorenza Indovina) è corteggiata insistentemente da un igienista dentale ed è forse, in menopausa. Il formato della sitcom si rivela nuovamente brillante per gestire il controsenso della normalità della mafia, delle sue leggi incasellate però in dinamiche da sketch alla Casa Vianello. Nella prime stagione Albanese era più presente nella sua casa, qui invece si ritrae nei cunicoli "vicino alla salita in fondo alla discesa" e così facendo crea diversivi e occasioni nuove lasciandole spesso anche in mano a U stuorto (Nicola Rignanese), Zia Vincenza ( Clelia Piscitello) e la già citata Lorenza Indovina.
Pillole di satira
Era stato già sottolineato nella recensione della prima stagione come questa nuova maschera creata da Antonio Albanese potesse generare una serie longeva e l'efficacia di questa tornata di episodi non può che confermare questa teoria. I 30 minuti di ogni avventura vissuta da Sebastiano, ogni sua nefandezza, attacco di prepotenza, dall'imporre il matrimonio al futuro genero allo scoraggiare, per usare un eufemismo, il corteggiatore di sua moglie, sono vere e proprie pillole effervescenti di satira sociale e perché no, anche politica, poiché puntano a estrarre le criticità del sistema famiglia e sistema stato, esagerandone gli aspetti e difetti fondamentali. Antonio Albanese indossa con cura e maestria i suoi tre cappelli, quello di protagonista, di autore e di regista e dimostra di saper gestire tempi, modi e contenuti con una chiara idea di come indirizzarli agli spettatori che vogliano sorridere beffardamente a certe verità insite nella nostra italianità.
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Mammoni, tradizioni e neo-tolleranze
Lo avevamo già anticipato poche righe fa, lo spazio che Albanese da agli altri personaggi permette a I Topi 2 di aprirsi a nuove tematiche su cui riflettere con ironia. Sebastiano rappresenta un vecchio, vecchissimo modo di concepire la famiglia. Da mammone cronico quale è, confessa tutto e dialoga costantemente con la madre Gaetana, morta da tempo e quando non lo fa, la invoca, la onora, promette di dare il suo nome a centri commerciali, opere, persino un nipote. La mamma è sempre la mamma e questa è una regola che vuole imporre anche ai figli nei confronti di sua moglie Betta, anche se lui spesso la "ama vertiginosamente" ma con ardente maschilismo. E con quello stesso atteggiamento che inorridisce alla notizia del diverso orientamento sessuale di un suo scagnozzo. Il confronto tra Sebastiano, la sua famiglia, i suoi seguaci sul mondo LGBT e persino sul coming out è uno dei punti più divertenti ma alti e pungenti di I topi 2.
Conclusioni
Chiudiamo questa recensione di I topi 2, confermando il valore di Antonio Albanese non solo come attore ma come regista e autore. La serie si conferma snella e dialetticamente efficace anche nella sua seconda stagione e se è possibile si supera anche. Quei quattro cunicoli che rappresentano l’intero mondo del protagonista sono un ambiente sufficientemente florido per lo sviluppo di dinamiche e riflessioni importanti insieme ad una bella risata o sorriso amaro a fare da contrappunto. Speriamo in una terza stagione a completare il tutto.
Perché ci piace
- Il Sebastiano di Albanese è un personaggio tanto fastidioso quanto irresistibile.
- Grazie al format sitcom, diverte e intrattiene pur affrontando con la saggezza della satira, tematiche sociali importanti.
- Gli episodi sono brevi ma concentratissimi e ricchi di sfumature.
Cosa non va
- Fondandosi principalmente su Antonio albanese, potrebbe perdere appeal su chi non ama l’attore-autore .
- A tratti spinge un po’ troppo sul macchiettistico.