I pirati colpiscono ancora
William Turner e Elizabeth Swann, due giovani belli, coraggiosi e innamorati, per di più in procinto di sposarsi. Cosa li rende speciali? Una conoscenza in comune, una conoscenza poco raccomandabile a voler essere precisi: il famigerato Capitano Jack Sparrow, pirata temuto da pochi ma amato da tanti, almeno a giudicare dagli incassi record di questo Pirati dei Caraibi: la maledizione del forziere fantasma, seguito del grande successo di tre anni or sono, La maledizione della prima luna, ad opera dell'inusuale team Gore Verbinski, Jerry Bruckheimer e Walt Disney Pictures.
Ma tutti sanno che il vero artefice di quel successo fu Johnny Depp, attore da sempre poliedrico e versatile, ma che con il ruolo di questo pirata a tratti goffo a tratti geniale conquistò una volta per tutte le platee internazionali ascendendo ad uno stato di culto come mai prima gli era accaduto. Ed è per questo che la storia di questo secondo capitolo (e del terzo episodio Pirates of the Caribbean: At Worlds End attualmente in post-produzione e nelle sale già il prossimo maggio), più che sui due bellissimi di cui sopra, ruota intorno al suo Jack Sparrow e alla maledizione inflittagli dal temibile pirata Davy Jones, capitano non-morto (mezzo uomo, mezzo pesce) dell'Olandese Volante e a capo di una ciurma maledetta e di letali mostri marini. La maledizione lo indurrà alla ricerca di una chiave in grado di aprire il forziere (niente affatto fantasma) del titolo, unica possibile salvezza. Naturalmente finirà per coinvolgere gli altri due protagonisti Orlando Bloom e Keira Knightley, pronti per le nozze ma arrestati, insieme al di lei padre Governatore Weatherby Swann/Jonathan Pryce, perché rei di aver reso possibile la fuga del pirata: l'unica via d'uscita sarà rintracciare Jack e il misterioso forziere.
Colpisce in questo sequel, il tentativo, apprezzabile, di non realizzare un semplice clone del film precedente, ma di cercare nuove strade che fossero comunque coerenti con il mondo avventuroso e fantastico creato da Ted Elliott e Terry Rossio. In questo senso, il lavoro in fase di scrittura più che sulla trama, è stato sviluppato sui personaggi: tutti i protagonisti hanno infatti subito un'evoluzione, a partire da Jack che alterna momenti di comicità quasi slapstick a sequenze in cui emerge il lato più dark della sua anima, ma anche quello più eroico; così come Will a cui si è cercato di dare un maggiore spazio in solitario, affinché non fosse offuscato, come accadeva ne La maledizione della prima luna, dall'ombra di Depp.
Ci sono poi dei nuovi ruoli per il personaggio della Knightley, non più semplicemente una fanciulla in pericolo, ma più forte ed indipendente e anche maggiormente sensibile al fascino di Sparrow, e per l'(ex) Ammiraglio Norrington interpretato da Jack Davenport, ora in disgrazia e per questo pronto ad un'improbabile alleanza piratesca.
Dalla parte dei villains, il ruolo d'onore spetta a Davey Jones, pirata che di umano ha ormai ben poco ma che anzi ricorda nelle fattezze un mostro di lovecraftiana natura, e che, insieme alla sua ciurma composta da pirati senz'anima e dalle sembianze altrettanto mostruose (tra cui il padre di Will, interpretato da un irriconoscibile Stellan Skarsgård) e al temibile e leggendario Kraken, rappresenta un pericolo per tutti i nostri protagonisti. Lo straordinario utilizzo della computer grafica rende possibile tutto ciò, donando grande credibilità sia allo spettrale capitano che al mostro marino e conferendo al film un alto tasso di spettacolarità.
E' evidente, quindi, che il risultato, seppure ben lontano dall'essere perfetto, si può dire comunque riuscito, soprattutto considerato che nonostante la considerevole durata di due ore e mezza, il film raramente mostra delle fasi di stanca, anzi, intrattiene e fa sorridere grazie al tocco leggero di un regista che sembra aver trovato in questa produzione la sua dimensione ideale, ma soprattutto per il lavoro di scrittura (poi ben finalizzato dagli interpreti tutti all'altezza) che si allontana sempre di più dal mondo piratesco descritto da Robert Louis Stevenson, ma si avvicina maggiormente ad una visione più moderna dello stesso: quello in cui è ambientata questa trilogia è un mondo quasi pop, un mondo che deve moltissimo ad una cultura non del passato, ma figlia esclusivamente del nostro tempo.
Se è certamente vero che Depp si sia ispirato a Keith Richards per le movenze e il look ambiguo e smargiasso e che l'idea dell'intero progetto viene da una attrazione di un parco della Disney, sono comunque evidenti, soprattutto per questo sequel, le influenze dal mondo dei videogiochi (tutta la saga dei Monkey Island, farsa piratesca di culto negli anni '90, e non è certo un caso che il film di Verbinski sia già pronto anche nella sua versione videoludica) ma anche di quello del cinema di Star Wars, in particolare nel suo primo seguito L'impero colpisce ancora.
E mentre questo La maledizione del forziere fantasma rincorre il traguardo, ormai vicinissimo, del miliardo di dollari d'incasso in tutto il mondo ed è pronto per l'arrembaggio anche delle sale italiane, a noi non resta che registrare il successo travolgente di questo film sicuramente furbo, ma che ha il merito di aver portato questo franchise a divenire non soltanto il nuovo prodotto hollywoodiano di riferimento, ma anche l'unico reale erede delle grandi trilogie epico-avventurose, da Matrix a Il signore dgli anelli, che hanno appassionato milioni di spettatori e colpito l'immaginario collettivo in questo inizio di millennio.
Movieplayer.it
3.0/5