"Volevo farmi una vacanza, almeno quest'anno", ammette il protagonista, giovane e libero, prima di scambiare la bandiera degli Stati Uniti con quella tutta rossa, su cui è impressa una Falce e un Martello. Gesto forte, e oggi visivamente ingombrante, ma che riassume lo spirito libero e genuinamente rivoluzionario di un piccolo film ideato sulla traccia personale del regista, nonché ammiccando a quei coming-of-age che, guarda caso, arrivano dalla cinematografia americana. Perché, in un modo o nell'altro, "è sempre colpa degli americani". Per gioco e per dolcezza, per nostalgia (ma nemmeno poi tanta) e per interessante sintesi filmica, Luca Scivoletto, autore classe 1981, mette in moto una (sua) macchina del tempo per I pionieri, film colorato dall'estro di un'età particolare (la pre-adolescenza, le complicatissime scuole medie), a sua volta nel contesto socio-politico di un'Italia spaccata in più parti: quella religiosa, quella politica, quella tradizionale, quella soffocata dalle regole austere, vogliosa di aprirsi a quella contro-cultura pop che arrivava forte dagli States.
Talmente forte da affossare quei "cantanti pallosi" tipici di una pre-impostata divisa politica e idealista, mettendo di conseguenza in pericolo la stessa identità sociale italiana. Identità comunque sfilacciata, e naturalmente portata all'estremo dalla sceneggiatura de I pionieri, tratto dall'omonimo romanzo del regista, che ben presto assume toni fiabeschi ed estetici (la strizzata d'occhio a Moonrise Kingdom, fin dalla locandina, per colori e immagini, è davvero marcata) nell'ottica di un cinema naturale e delicato, quasi sospeso com'è sospesa l'epoca in cui si svolge: il credo rosso e utopico del PCI si sta affievolendo, in un tramonto che lascerà spazio alla Terza Repubblica. Ma la politica qui è un pretesto, perché Scivoletto, alla sua prima regia, vuole illuminare il cammino dei quattro protagonisti verso l'età della (maggior) consapevolezza, scrollandogli di dosso la pressione del mondo adulto.
I pionieri: summer of 1990
Allora, mentre si rincorrono le vibes alla Stand by Me (l'estate è l'elemento più importante e simbolico del film), e l'occhio del regista tiene traccia del sentimento oltre che delle parole, rieccoci nel 1990, in un'assolata Comiso. Secondo Enrico (Mattia Bonaventura), 12 anni, la Sicilia è l'isola più cattolica d'Europa, anche se lui è cresciuto in un clima di fervente comunismo, con un papà funzionario del PCI (e prossimo ad essere segretario regionale) e una mamma integralista militante che vieta tassativamente qualsiasi cosa provenga dagli Stati Uniti (e non solo).
Enrico, che si chiama come Berlinguer (e lo stesso compare come una sorta di "amico immaginario", interpretato dal bravo Claudio Bigagli), si sente stretto, vorrebbe allontanarsi dalla politica imposta, vorrebbe allontanarsi da quei genitori opprimenti e litigiosi (come ha fatto sua sorella Chiara, in procinto di partire per l'Università). Vorrebbe, insomma, essere un ragazzino normale. Mica come l'amichetto Renato (Francesco Cilia), che invece segue pedissequamente i dogmi del bravo comunista. Dunque, per evitare un'estate di comizi e "compagni", tenta la fuga insieme a Renato, con l'obbiettivo di rifondare i Pionieri, ossia scout comunisti ormai estinti. Durante il cammino, ecco che incontrano Vittorio (Danilo Di Vita), bocciato e manesco (ma con il cuore d'oro), e Margherita (Matilde Sofia Fazio), in fuga da una madre che la tiene chiusa in una base militare americana.
Estetica e dolcezza
Un film di fughe e di identità ribelli, un film di paure (da superare) e di rotture in grado di sconquassare ogni certezza. Ordinato nella sua totalità, disordinato nella sua stravagante e costante aurea citazionista, che sia artistica o personale. Per I pionieri, Luca Scivoletto si rifà direttamente al cinema che ama e ai suoi ricordi (come detto, il film non è mai troppo melenso o nostalgico) delimitando chiaramente un'Italia divisa, capace di acuire e plasmare - come accaduto in parte al regista - la crescita e l'individualità. Perché se il Comunismo vissuto da Scivoletto negli Anni Ottanta stava vivendo un'irreversibile crisi, saranno le sue utopiche regole a mettere in crisi una generazione vogliosa di novità e di scoperte, aprendosi ad un mondo fino ad allora tenuto chiuso. L'aspetto autobiografico è una suggestione iniziale, perché poi la sceneggiatura firmata insieme a Eleonora Cimpanelli e Pierpaolo Pirone svolta e si solidifica in nome dell'amicizia tra i quattro pre-adolescenti riottosi, lasciati quasi liberi di agire nelle scene mai appesantite da una regia comunque presente, nonché ultra-dimostrata con quei voli pindarici tipici di ogni esordio: in questo caso intervallato da parentesi oniriche suggellate dalle ottime musiche originali composte da Alessandro "Asso" Stefana insieme a Luca Scivoletto.
Tuttavia, I pionieri - ed la grande forza - è un film garbato, studiato, pensato, curato. Un piccolo film dedicato a chi cerca una fuga (e non solo cinematografica), un posto nel mondo senza che il mondo sia lì a giudicarlo; un film fiabesco e svagato, romantico e ingenuo nel suo spirito palpitante di affresco generazionale e popolare, in cui un quattro bambini (e che bravi sono stati i giovani attori, affiancati dalla notevole presenza di Lorenza Indovina ed Eleonora Danco) prendono inconsciamente le redini del loro destino, affrontando con coraggio un'estate che li cambierà per sempre. Ma non solo: le references (scusaci, mamma Luisa!) saranno pure palesi e smaccate, ciononostante Savino dimostra che anche noi sappiamo tratteggiare dei romanzi di formazione in linea con la nostra storia e la nostra identità.
Conclusioni
Concludendo la recensione de I pionieri, rimarchiamo quanto il film sia coerente con l'idea di tratteggio dolce e delicato in funzione di una storia influenzata dall'infanzia del regista, a metà tra identità ed opprimenti credi politici. Sfumature oniriche e un ottimo cast di (non solo) giovanissimi, una bella colonna sonora ma pure qualche citazione un po' troppo smaccata. Resta però la sincerità e il trasporto verso una storia pre-adolescenziale in grado di parlare a tutti.
Perché ci piace
- Il giovane cast protagonista.
- Le musiche.
- L'idea di un coming-of-age... politico.
- I passaggi onirici...
Cosa non va
- ... Forse un po' troppo estetizzati.
- Le citazioni ci sono, ma alcune un po' troppo smaccate.